Caro diario,
caro diario…come posso chiamarti così? Il mio diario, quello vero, l’ho perduto esattamente un anno fa; a causa del terremoto che ha raso al suolo questa perla del Tirreno. Un anno, ho deciso di cominciare a scrivere un nuovo diario esattamente un anno dopo che il terremoto ha dato una scossa anche alla mia vita. Ti ho trovato oggi, per caso. Un vecchio quaderno azzurro con le pagine ingiallite dal tempo. Non potevo non notarti, oltre al fatto che nessuna pagina fosse né scritta né strappata, l’azzurro e il giallo erano i suoi colori preferiti…Mi presento: mi chiamo Mario ed ho 17 anni. La mia vita, da un anno a questa parte, è totalmente cambiata. Mi svegliavo ogni mattina con il canto degli uccellini ed un unico pensiero nella mente; lei, la mia Beatrice…Mi preparavo per la scuola, avevo la fortuna di andarci, salutavo la mia mamma e uscivo. Mio padre possedeva un panificio in centro, si svegliava molto presto e la mattina non era mai in casa. Passavo dal panificio ogni giorno e prendevo due panini appena sfornati; mio padre si arrabbiava molto perché quel pane era il frutto del suo sudore e doveva essere ripagato. Gli ripetevo ogni giorno che il suo, era il lavoro migliore del mondo perché forniva cibo alle persone e l’unica paga che doveva ricevere era la gratitudine dei suoi clienti e i loro sorrisi. Prendevo quei due panini che ancora scottavano e correndo a più non posso per le vie di Messina, mi dirigevo verso il mare. Correvo, correvo il più velocemente possibile anche quando pioveva a dirotto e faceva così freddo da avere perennemente il naso freddo. Il mare non era molto distante da dove abitavo io, ma anche se fossi stato a Reggio, avrei attraversato tutto lo Stretto pur di raggiungere la costa e vedere lei. Lo sciabordio del mare, l’odore di salsedine, i gabbiani e i marinai che si apprestavano ad uscire in mare,che poesia che erano! Lì, ogni mattina si radunavano un gruppo di donne per poi andare a lavorare nei campi. Fra quelle donne , c’era anche la mia bella Beatrice. 15 anni di pura bellezza, grazie ed eleganza. Lei non aveva la mia stessa fortuna; i suoi genitori non potevano permettersi di mandarla a scuola. Aveva altre due sorelle; più grandi di lei, e solo la maggiore frequentava la scuola. Era lì, ogni mattina. Aveva un lungo grembiule a quadrettini azzurri che le arrivava fino al ginocchio. Il colletto era ricamato a mano, le maniche erano a palloncino, le sue scarpe erano logorate dal tempo, ma i suoi piedi erano fini e aggraziati; non adatti per una contadina. Quando faceva molto freddo indossava un lungo mantello di iuta con un cappuccio; quando invece il sole era così caldo da poter cuocere un uovo sull’asfalto, teneva coperto il capo con una cuffietta bianca. Ogni volta che la vedevo avevo paura di morire; il cuore mi esplodeva nel petto e un sorriso involontario mi compariva sulle labbra. Chiacchierava con le sue amiche, ah! Il suo sorriso…Appena mi vedeva salutava le sue amiche e mi veniva incontro con un meraviglioso sorriso. I suoi denti erano dritti, le sue labbra carnose, color delle ciliegie mature e quando sorrideva, la sua bocca formava un perfetto arco di Cupido. I capelli ondeggiavano al vento; lisci capelli castani lunghi fino alle spalle, mi chiedo perché l’ oro non abbia quel colore…La sua carnagione era olivastra, d’estate si faceva fatica a non scambiarla per una straniera. I suoi occhi, grandi occhi nocciola che ti penetravano fin l’anima dove a ogni sguardo io mi perdevo. Le sue ciglia lunghe, nere e folte. Era snella, non uno snello di denutrizione, uno snello sano e bello. Incarnava alla perfezione la bellezza mediterranea, era una perla di un’ostrica. Facevamo colazione mangiando i panini portati da me. Quando mangiava, lei chiudeva gli occhi e masticava piano – Così lo assaporo meglio – diceva. Non volevo essere pagato, ma lei ogni volta mi portava qualcosa dal raccolto o una conserva di frutta che preparava sua nonna, un’anziana vecchina rugosa come una tartaruga. Volevo essere lì anch’io, quella notte. A Messina si festeggiava la festa di Santa Barbara e al teatro si dava la prima dell’Aida. Anche se non andava a scuola, si interessava di cultura, dall’arte alla musica alla letteratura. Quando aveva tempo, sua sorella maggiore, le insegnava qualcosa. Il giorno prima passeggiavamo lungo la via Garibaldi mano nella mano. – La tua mano è morbida e calda. – Mi diceva con quella sua voce calma e pacata. Non vedeva l’ora di assistere finalmente all’Aida; mi aveva raccontato la trama per filo e per segno, anche se andavo a scuola, non sapevo di cosa si trattasse. Purtroppo, io non potevo assistervi perché mio padre aveva insistito affinché lo accompagnassi a Rometta per prendere un nuovo carico di farina e saremo partiti il giorno prima. – Ci sarai per l’arrivo del nuovo anno, vero? – Mi aveva chiesto. – Certo! – Le avevo risposto io. La notte di Natale eravamo insieme al Duomo con le nostre rispettive famiglie e per l’arrivo dell’anno nuovo avevamo pensato di organizzare una grande cena a base di pane e focaccia a casa mia. Non lo dimenticherò mai, quello stesso giorno, arrivammo fino alla Chiesa dei Catalani, in via Cesare Battisti, e lì ci fermammo ad ammirarla. – Mi piacerebbe sposarmi qui, un giorno. – Aveva detto con lo sguardo sognante. – Allora ci sposeremo qui, un giorno. – Le avevo detto io. Lei si girò verso di me e mi abbracciò con affetto. Ormai eravamo diventati un “noi”. Aprì la sua borsa a tracolla e prese un foglio e una penna. Scrisse: noi c’eravamo. Messina 27/12/1908 e poi firmammo tutti e due. Come se sentivamo già la fine sulla nostra pelle, lasciammo fluttuare il foglio che si dirigeva verso la Chiesa. Venne a salutarmi prima della mia partenza, non so perché, ma avevo una terribile sensazione. Lei era sorridente e tutta contenta per la sua uscita serale. – Promettimi che ritornerai. – Mi disse. – Te lo prometto. – Le risposi. Era come se sapessimo già che la fine era ormai prossima. Partimmo con un carro, la seguii con lo sguardo finché non voltammo l’angolo. Rometta era 600 metri sopra il livello del mare, dato fondamentale che mi salvò la vita. Un nodo in gola mi impediva di mangiare la minestra di ortaggi preparata dalla moglie dell’amico di mio padre. La terribile sensazione persisteva ancora, ma cosa poteva mai accadere in una serata così tranquilla? Andai a dormire con il pensiero che presto avrei rivisto la mia Beatrice e mi addormentai. Non lo scorderò mai, quella notte mi comparve in sogno come una fresca brezza d’estate; sorrideva e mi mandava baci. Poi, mi svegliai di soprassalto; non lo sapevo ancora, ma quello era l’inizio della fine. Una scossa mi fece sobbalzare dal letto, capii che si trattava di un terremoto. Sentivo delle urla provenire dalla stanza accanto alla mia. Mio padre accese una candela e mi urlò di uscire immediatamente fuori; la casupola dove alloggiavamo era in campagna, e stando in uno spazio aperto non correvamo il rischio di rimanere sotto le macerie. Uscimmo tutti quanti impauriti e aspettammo la fine di quel terribile terremoto. Ne uscimmo tutti indenni e fortunatamente la casa era ancora in piedi. L’intero paesino di Rometta era sconvolto dalla paura; erano tutti usciti dalle loro case e girovagavano senza meta per la strada. Le donne tranquillizzavano i bambini in lacrime, gli uomini controllavano i danni subiti alle loro case. Una fitta mi strinse il cuore. Ecco cos’era quella terribile sensazione che provavo! Volevo ritornare a Messina, lì c’erano la mia mamma e Beatrice! Nessuno ebbe il coraggio di rientrare in casa, aspettammo l’alba seduti sul prato. Una fresca brezza mi sfiorò il viso; immediatamente pensai a Beatrice; e se era lei che veniva a salutarmi per l’ultima volta? Dovevo tornare, l’avevo promesso. Più tardi scoprimmo che le città a essere maggiormente colpite furono Messina e Reggio, e come se non bastasse erano state anche interessante da un’onda anomala immensa. Dei terribili pensieri cominciarono ad attanagliarmi la mente; e se la mamma e Beatrice fossero morte? Il solo pensiero mi fece scendere delle lacrime giù dal viso. Dopo due lunghissimi giorni, tornammo finalmente a Messina. Lo spettacolo che ci si presentò davanti era raccapricciante; macerie a destra e a sinistra, case crollate, donne che piangevano, bambini che urlavano cercando le loro madri, sciacalli nei negozi dove là, un giorno c’erano negozi di alimentari. Messina era una polveriera, uno spettro, una città fantasma. Non sapevo più orientarmi, dove era finita casa mia? E il panificio di papà? Poi, inevitabilmente mi saltò agli occhi un particolare che prima non avevo notato, non so, forse perché me l’ero imposto; c’erano cadaveri dappertutto. Trasalii per paura di vedere fra quei cadaveri qualcuno che conoscevo. Camminammo per un po’, increduli, e poi, finalmente, sentimmo chiamare i nostri nomi da qualcuno; era la mamma. Ci stringemmo tutti e tre in un abbraccio che parve infinito. Ci spiegò tutto ciò che era avvenuto, e poi ci abbracciammo nuovamente. Ora che sapevo che la mamma era viva, dovevo a tutti i costi trovare Beatrice, e dovevo trovarla viva. Mi misi a correre a più non posso, come facevo ogni mattina, ma mi sentivo vuoto, mi mancava qualcosa che mi sarebbe mancata per sempre. Non sapevo dove andare, ma poi, apparve davanti a me una Chiesa. La riconobbi subito, anche se era un po’ distrutta, era la Chiesa dei Catalani, la “nostra” Chiesa. Mi avvicinai, notai una ragazza piangere su un cadavere. Era Angelica, la sorella maggiore di Beatrice, e il cadavere sul quale piangeva, era quello di Beatrice. Caddi in ginocchio accanto a lei. Io, ero morto con lei. – Le era caduto un pezzo di muro sulla testa . – Mi disse fra i singhiozzi. Io non riuscivo a proferire verbo, restavo con gli occhi sbarrati ad osservare la mia “vita”. – Sono riuscita a portarla fuori dal teatro. Mi ha detto di portarla qui, perché era la vostra Chiesa e sapeva che tu l’avresti cercata e trovata nel luogo dove avreste, un giorno, suggellato il vostro amore. Poi c’è stata l’onda anomala, e lei continuava a perdere sangue e quando l’ho portata qui era ormai tardi. Ma lei non piangeva, lei sorrideva, sapeva che tu saresti tornato, il suo ultimo pensiero l’ha rivolto a te: digli che l’amerò per sempre e che un giorno ci rincontreremo perché noi c’eravamo, ci siamo e ci saremo. Poi il suo cuore ha cessato di battere ed ha chiuso gli occhi come se si stesse addormentando. – La osservai; aveva una una camicetta rosa con una gonna bianca; chissà dove le erano finite le scarpe. Era bella come sempre; anche se era morta, la sua pelle era ancora luminosa, i suoi capelli belli. Del sangue le scendeva dal lato sinistro della nuca e le macchiava il viso. Il suo volto era rilassato, quasi felice. – Sei buono come il pane con la marmellata. – Mi diceva. – Vedo la tua anima che brilla. – Mi diceva. – Non avrei mai più sentito la sua dolce voce, non avrei mai più rivisto il suo bel sorriso, non avrei mai più ricevuto i suoi dolci baci, non l’avrei mai più vista mangiare i panini caldi al mattino insieme a me. Ero morto anch’io con lei, o meglio, una parte di me se n’era andata per sempre; perché lei faceva parte di me, era la mia anima gemella, mi completava, ci completavamo. Ed ora, caro diario, ad un anno preciso dalla fine della mia “vita”, mi ritrovo qui a cercare di ricominciare. La Chiesa dei Catalani ha resistito al terremoto e al conseguente maremoto, segno che il nostro amore durerà per sempre e un giorno ci rincontreremo, perché noi ci siamo, c’eravamo e ci saremo. Lei sapeva già che sarebbe morta, io, non sapevo ancora di morire con lei; mai lei, non sapeva che ogni volta che era accanto a me, ero io, a morire.


 

Il Bosco delle Mele

Tanto tempo fa, nel grande Bosco delle Mele, vivevano tantissimi animaletti tutti allegri e simpatici. Il bosco veniva chiamato così per via della grande abbondanza di alberi di mele; queste ultime non mancavano mai e ce n’erano a bizzeffe. In questo bosco non mancava proprio niente; c’erano strade, negozi, scuole, di tutto! Gli abitanti erano sempre di buon umore e il loro passatempo preferito erano le gare di velocità. Da anni si sfidavano fra di loro api, farfalle, formiche, libellule e coccinelle; e questa passione sfrenata veniva tramandata anche ai figli. Insomma, oltre ad essere il bosco dove non mancavano mai le mele, era anche il bosco della velocità!
Non tutti gli abitanti, però, erano velocissimi…Lulu, era una dolcissima lumachina con un grande guscio giallo che però, essendo una lumaca, non andava per niente d’accordo con la velocità. I suoi compagnetti d’asilo la prendevano continuamente in giro dicendole che era lenta e goffa. Fortunatamente la dolce Lulu non era la sola che non andava d’accordo con la velocità; insieme a lei c’era anche la sua migliore amica Rughetta la tartarughina. Lule era proprio stufa di essere quotidianamente schernita, specialmente da Lalla a Faffa, due farfalline piuttosto vanitose che si divertivano a fare gare di velocità svolazzando di qua e di là. Lina e Mina, le due formichine gemelle, erano inseparabili da Lulu e Rughetta; erano loro le più veloci dell’Asilo delle Mele che a differenza degli altri non schernivano affatto Lulu e Rughetta, anzi le erano amiche inseparabili! Rughetta non veniva presa di mira pesantemente come Lulu, il che era dovuto al fatto che suo padre era il preside dell’asilo. Lulu invece si svegliava la mattina con l’incubo di essere presa di mira da tutti…Si era proprio stufata di tutta la situazione e voleva poter essere veloce per dimostrare a tutti che anche lei avrebbe potuto vincere le gare; doveva solo trovare una soluzione…
Il gallo cantava e significava una cosa sola: è tempo di alzarsi! Tutto il Bosco delle Mele apriva gli occhi e pian piano tutti cominciavano ad uscire per le strade. Anche la famiglia di Lulu, al canto del gallo apriva gli occhi e cominciava la giornata. – Lulu, perché hai quel faccino così triste? – Le chiesero i genitori. – Perché anche oggi verrò presa in giro dai miei compagnetti. – Rispose Lulu tristemente. – Vedrai che impareranno ad accettarti così come sei e sarete tutti amici. – La tranquillizzarono. – Speriamo. – Commentò. L’Asilo delle Mele era a pochi passi dalla casa della famiglia di Lulu così che lei poteva arrivare in tempo. Per chiunque altro, eccetto Rughetta, sarebbero bastati pochissimi secondi se avessero abitato lì. Lulu riuscì ad arrivare puntuale e ad aspettarla c’erano le sue inseparabili amiche Rughetta, Lina e Mina. – Guarda chi è arrivata! Lulu, la lumaca grossa e goffa che non sa né correre né volare. – Disse Lalla a Faffa. – Smettetela! Non dovreste prendere in giro gli altri. A voi piacerebbe se io vi dicessi che siete incapaci di strisciare come lei? – Le rimproverò Lina. – Guarda Faffa, non sa nemmeno difendersi da sola, ha bisogno di qualcuno che le faccia da balia, che pena mi fa! – Disse Lalla con una smorfia. – Già, è vero. – Commentò l’altra amica. Le due farfalline svolazzarono verso l’entrata dell’asilo. – Sono stufa… Vi ringrazio, amichette mie, siete sempre pronte a prendere le mie difese, ma è giunto il momento di cavarmela da sola. Devo trovare un modo per far capire a tutti che anche io posso vincere delle gare di velocità. – Potremmo organizzare una gara di lentezza, che ne pensate? – Propose quell’astuta tartarughina di Rughetta. – Ottima idea! – Commentarono felici Lina e Mina. – E chi dovrebbe partecipare a questa gara, io e te soltanto? – Domandò Lulu. – No, certo che no. Potremmo invitare anche gli altri. – Ma Rughetta, noi siamo le uniche ad essere lente qui, non a caso questo luogo oltre ad essere il Bosco delle Mele è anche chiamato il Bosco della Velocità. Siamo le uniche due famiglie di tartarughe e lumache… – Disse Lulu, il faccino triste. – L’idea è buona, ma adesso dobbiamo entrare, la campanella è già suonata, e se la maestra non ci trova in classe al suo arrivo poi ci sgrida. Bisogna sempre rispettare le regole! – Disse Mina, sempre attenta ai regolamenti. Le tre amichette entrarono all’ Asilo delle Mele per trascorrere le prime ore della giornata e imparare tantissime cose nuove!
Nel Bosco delle Mele tutti erano amici di tutti. Le api fabbricavano il miele e lo distribuivano a chiunque, i ragni costruivano ragnatele fittissime per riparare dalla forte pioggia gli abitanti e tutti gli uccellini cinguettavano alla sera per allietare l’intero Bosco delle Mele. Anche all’Asilo delle Mele tutti erano amici di tutti, tranne qualche eccezione… Lalla e Faffa erano le farfalline più vanitose e presuntuose; una rosa e l’altra arancio, che prendevano di mira la povera Lulu, vittima dei loro insulti. Bibi l’apetta era amica delle due farfalline; e tutte e tre si coalizzavano contro la povera e dolce Lulu. Fortunatamente Lulu non era sola; Rughetta era una tartarughina di terra color marroncino che conosceva Lulu da quando era nata; Lina e Mina, due formichine gemelle che se non fosse stato per il fiocco di colore diverso che portavano sulla testa si sarebbero potute benissimo confondere, prendevano sempre le difese di Lulu.
La campanella che scandiva la fine della scuola suonò; e tutti uscirono dall’ Asilo delle Mele. – Ci vediamo nel pomeriggio al parco per fare merenda tutte insieme? – Propose Rughetta. – Certo! – Risposero in coro Lulu, Lina e Mina. Nel pomeriggio, accompagnate dalle loro mamme, le amichette si incontrarono nel parco per la merenda. – Allora, organizziamo questa gara di lentezza? – Ripropose Rughetta. – E’ inutile amica mia, le uniche che parteciperebbero saremo soltanto io e te… – Le quattro amiche pensarono per qualche secondo. – E se facessimo partecipare tutti quelli che frequentano l’Asilo delle Mele? – Propose Lina la formichina. – Ma Lina, siete tutti velocissimi! – E tu e Mina siete le più veloci… – Proprio per questo motivo, sciocchina! Per tutti noi che non facciamo altro che correre dalla mattina alla sera, camminare lentamente è una vera faticaccia! Così se tu e Rughetta vincerete non verrete più prese in giro per la vostra lentezza. – Disse Lina. Lulu ci pensò per qualche secondo. – Mi sembra una fantastica idea! Siccome Rughetta è la figlia del preside nessuno la prende in giro come me, ma io mi sono proprio stufata, dimostrerò anch’io che posso vincere una gara! – Disse la dolce lumachina. – Allora è deciso, cominciamo ad organizzare questa gara! – Dissero in coro Lina e Mina. Dopo aver detto la notizia ai genitori, cominciarono a preparare i volantini per distribuirli a tutti i compagnetti d’asilo. Su dei cartoncini verdi scrissero, con l’aiuto dei loro genitori, il luogo e l’ora esatta della prima gara di lentezza del Bosco delle Mele. La gara si sarebbe tenuta fra due giorni, dopo la fine dell’asilo, al solito posto dove si disputavano le gare di velocità; alla Collinetta delle Mele. L’indomani distribuirono i volantini a tutti i compagnetti dell’asilo che accettarono, con somma sorpresa di Lulu, entusiasti, non vedendo l’ora di sperimentare questa nuova sfida.
Il giorno dopo, all’ora x l’intero Asilo delle Mele, al suonare della campanella si recò alla Collinetta delle Mele. Tutti erano dietro la linea d’inizio; chi per terra e chi in aria, e tutti i genitori facevano il tifo. Lulu era molto nervosa; non era sicura che avrebbe vinto…Vedeva tutti gli altri sicuri di loro stessi; se potevano vincere una gara di velocità figuriamoci una gara di lentezza! Nella, la maestra coccinella diede il via e a gran lentezza partirono tutti. Lalla e Faffa facevano una gran fatica a volare pian pianino; così come Bibi e tutti gli altri che correvano. Lina e Mina erano in difficoltà; proprio loro che erano le più veloci dell’asilo! Le uniche che non facevano fatica erano proprio Lulu e Rughetta che si stavano divertendo un mondo. I genitori continuavano a tifare incessantemente a gran voce, e la maestra Nella li incitava con canzoncine sull’alfabeto e sui numeri. Ormai la gare si era ridotta ad un testa a testa fra Lulu e Rughetta. Lulu era poco più indietro di Rughetta, e ormai l’arrivo era vicinissimo! Se voleva guadagnarsi il rispetto di tutti doveva impegnarsi di più. – Più veloce, più veloce! – Pensò. Spinta dal desiderio di non essere più presa in giro dai compagnetti, Lulu accelerò e superò Rughetta arrivando prima e vincendo così la gara di lentezza! Appena tagliato il traguardo non riuscì a trattenere le lacrime per la gran gioia e un intero boato di allegria si sollevò dalla Collinetta delle Mele. Tutti andarono a congratularsi con Lulu e a scusarsi per averla sempre presa in giro. – Lulu, come a te viene difficile correre, a noi viene difficile camminare e volare lentamente. Non ci avevo mai pensato. Anch’io ci rimarrei male se venissi presa in giro perché non so volare lentamente. Puoi scusarmi? – Chiese Lalla pentendosi dei suoi errori. – Ma certo che ti perdono Lalla! – Puoi perdonare anche me? – Chiese triste Faffa. – Anche a me. – Anche a me. – Pure a me! – Pian piano tutti chiedevano scusa alla dolce Lulu che perdonò tutti e li invitò a festeggiare a casa sua.
Da quel giorno, nessuno prese più in giro Lulu; tutti i compagnetti dell’Asilo capirono di aver sbagliato prendendola in giro perché non poteva essere veloce e la rispettarono. Finalmente, anche all’Asilo delle Mele tutti divennero amici di tutti e si organizzavano non solo gare di velocità, ma anche gare di lentezza. Lulu ce l’aveva fatta.


 

Pif e il segreto dell’uccellina scomparsa

Tanto tempo fa, in un’isola lontanissima, c’era un enorme albero con moltissimi rami chiamato Birdie Tree. Sopra tutti i rami vivevano uccelli di ogni tipo e di ogni colore; dal collo lungo con piume rosa e gialle, piccoli con i colori dell’arcobaleno, insomma, uccelli bellissimi. Fra questi rami, più precisamente nel 723esimo ramo in alto a destra, viveva una allegra famigliola di uccelli-palla. Questi uccellini, sono così chiamati per la loro forma sferica, simili a delle piccole palle; soffici e paffuti. Proprio in questo ramo viveva Pif e la sua famigliola. Pif era un piccolo uccellino azzurro, color del cielo; Puf, suo padre, era di colore verde smeraldo, la madre Pef, invece, era di colore giallo limone. Infine c’era la sua dolce sorellina Paf, la più piccola della famiglia, di colore rosa pastello e con due grandi occhioni capaci di intenerire chiunque.

1

Il sole splendeva alto nel cielo. – Pif, piccolino mio, svegliati, devi andare a scuola. – Gli disse la madre in tono melodioso. Il piccolo aprì gli occhietti e sbadigliò. – Buongiorno mia dolce mammina! – Disse sbattendo forte le piccole alucce. Nel frattempo si svegliò anche la dolce Paf. – Venite piccini, fate colazione e vi accompagno a scuola, papà è già uscito per lavorare. – Dopo essersi lavati i becchi cominciarono a volare verso la scuola. Alle prime ore della mattina, l’intero albero era frenetico; si svegliava piano piano e poi sbocciava all’improvviso come un fiore in primavera. Che confusione che c’era! Qualcuno andava a lavorare come il postino Becco Blu, altri, come la signora Collo Lungo, uscivano già per fare la spesa. Arrivarono a scuola, 843esimo ramo in alto a sinistra. Pif scorse tra la folla i fidati amici Lia e Bonki e li raggiunse immediatamente. Lia era una graziosa pappagallina rossa e gialla, Bonki, un picchio marroncino e bianco. I tre aspettarono che le porte della scuola si aprissero e una volta salutati i genitori entrarono allegramente.

2

La classe era pieni di uccellini schiamazzanti. – Ben trovati uccellini miei! – Disse a pieni polmoni l’insegnante di Pif, una volta che tutti avevano preso posto. – Buongiorno a lei signorina Allegria. – La signorina Allegria era una cinciallegra verde e gialla, sempre gentile ed educata con tutti. – Oggi faremo un tema! Prendete un foglio, intingete le piume delle vostre alucce e scrivete. – Gli uccellini, entusiasti, presero immediatamente il foglio. – Cosa c’è dentro al Secondo Cielo? Al di là di quella immensa pozza d’acqua, oggetto di grande attrazione e mistero per noi uccelli? Prova tu, ad immaginare cosa ci sia e come potrebbe essere. – Gli uccellini cominciarono ad agitarsi e chiacchierare tra di loro. Il mare, il Secondo Cielo, come lo chiamavano loro per via del suo colore azzurro, era per gli uccelli qualcosa di inavvicinabile, che da sempre era al centro delle loro storie e leggende, ma che soprattutto celava un segreto che nessuno dei più piccoli uccellini era a conoscenza. – Silenzio, silenzio, uccellini miei. Capisco che la cosa sia allettante, ma suvvia, fate i bravi e scrivete! – Tutti gli uccellini calarono la testolina sui propri fogli e cominciarono a scrivere. Il mare era per tutti gli uccelli di Birdie Tree un mistero, nessuno aveva mai osato entrarvi per paura e per la mancanza di mezzi necessari, ma un uccello, in realtà, ci era riuscito, e non era mai più tornato indietro. Si trattava di un’uccellina di nome Tina.

3

Le ore passarono in fretta, e suonata la campanella tutti gli uccellini uscirono schiamazzando. Ad attendere Pif c’era il suo papà con la piccola Paf. – Papà! – Gli andò incontro volando. Per tutto il tragitto da scuola a casa Pif non fece altro che raccontargli della bellissima mattinata che aveva trascorso e di ciò che aveva scritto nel suo tema. Arrivati a casa trovarono Pef in preda all’agitazione. – Che bello che siete tornati! Io devo proprio scappare, le uova di mia sorella si stanno schiudendo! Vi ho lasciato il mangiare pronto, presto avrete dei cuginetti cinguettanti! – Pif e Paf saltarono di gioia. Finito il pranzo, Pif non riusciva a smettere di pensare al Secondo Cielo. – Papà, posso andare a casa di Bonki? – Chiese. – Certo, ma mi raccomando, presta molta attenzione e non dare confidenza agli sconosciuti. – Lo esortò. Pif annuì e in men che non si dica arrivò al nido di Bonki. – Ciao Pif – lo salutò la madre di Bonki. – Pif! Amico mio, ti serve qualcosa? – Pif gli fece cenno con l’aluccia e l’amicò gli si avvicinò. – Devo parlarti di una cosa importante e tua madre non deve assolutamente sentirci. – Certamente, dimmi pure. – L’amico prese un bel respiro e cominciò a parlare. – Voglio andare nel Secondo Cielo per vedere cosa c’è e scoprire se il segreto che nasconde Birdie Tree ha a che fare con quello. – Bonki guardò esterrefatto l’amico. – E’ un’idea folle, ma ci sto! – Disse frizzante. – Perfetto, non ci resta che dirlo a Lia ed il gioco è fatto! – Avvisata la madre di Bonki, i due partirono in direzione del nido di Lia.

4

Lia stava leggendo un libro quando si accorse dell’arrivo dei due amici. – Pif, Bonki, che ci fate qui? – I due corsero verso di lei. – Lia, prima di dirti la fantastica idea che mi è venuta in mente devo farti una domanda. Sono quasi certo che tu saprai la risposta. Sai per caso se il segreto di Birdie Tree ha a che fare col Secondo Cielo? – Chiese Pif tutto d’un fiato. Lia sospirò. – Va bene, vi racconto tutto quello che so. Credo che io sia l’unica uccellina a sapere realmente la verità. Ebbene si, il segreto che nasconde Birdie Tree ha a che fare col Secondo Cielo. Poco tempo fa, prima della nostra nascita, un’uccellina dall’ala sognatrice e avventurosa voleva a tutti i costi andare nel Secondo Cielo. Dopo lunghe ricerche aveva trovato il modo per recarsi dalla Civetta Dalle Bianche Piume per farsi dire l’incantesimo che l’avrebbe portata nell’El Dorado di tutti gli uccelli. Purtroppo però, la Civetta Dalle Piume Nere si accorse che si stava recando dalla sua arci nemica, così con l’inganno riuscì a far arrivare Tina nel suo nido e le assicurò che lei l’avrebbe fatta arrivare ugualmente nel Secondo Cielo. Tina era restia alla sua proposta, ma dopo un po’ si convinse, dopotutto le due civette erano sorelle, non poteva immaginarsi di quanto fosse cattiva la Civetta Dalle Piume Nere… Così da quel giorno nessuno la vide più e la storia di Tina viene nascosta da tutti gli uccelli di Birdie Tree… – Pif e Bonki rimasero a becchi aperti. – Aspetta Lia, fammi capire bene. Io sapevo che anni fa qualcuno aveva provato ad andare nel Secondo Cielo, però non sapevo che le cose fossero andate così… – Disse. – Certo, questo è quello che tutti i genitori raccontano a noi piccoli uccelli in modo tale che non seguiamo le ombre di Tina! E’ questo il segreto! I nostri genitori hanno paura che possiamo recarci dalla Civetta Dalle Piume Nere e sparire per sempre anche noi. Il segreto viene svelato quando raggiungiamo l’età adulta o quando diventiamo genitori anche noi, quando cioè, non ci passano più idee sconsiderate per la testa. – E tu come fai a conoscere il segreto se sei ancora un’uccellina come noi? – Chiese Bonki. – Perché io non mi sono mai bevuta questa storia! Così mi sono recata in biblioteca e lì ho trovato i libri con questa storia, sono nell’ultimo scaffale nascosti in alto, una volta accertata che nessuno mi vedesse ho cominciato a leggere e a conoscere. – Disse compiaciuta. – Già, tu e la tua sete di conoscenza! – Constatò Pif. – Così sappiamo che Tina è scomparsa, che esistono due civette in grado di saper praticare la magia e che sono per di più sorelle… Bene allora, adesso abbiamo tutti i pezzi del puzzle. – Per fare cosa? – Chiese Lia. Pif e Bonki si guardarono ridacchiando. – Ecco il piano: noi tre andremo nel Secondo Cielo per vedere cosa c’è e per riportare a casa l’avventurosa Tina! – Disse con gioia Pif. – Che cosa?! Noi tre non andremo da nessuna parte piccolo uccello-palla! Prima di tutto non sappiamo se l’avventurosa Tina si trova nel Secondo Cielo e poi i nostri genitori non ce lo permetteranno mai! – Sbottò Lia. – Non fare la guastafeste Lia! – Le disse Bonki. – Tranquilla Lia, noi non diremo nulla ai nostri genitori. Tu conosci ogni cosa di Birdie Tree e ci farai da guida fino al nido della Civetta Dalle Bianche Piume; arrivati lì lei ci dirà l’incantesimo per andare nel secondo cielo, troviamo Tina, la riportiamo a casa e passeremo alla storia come i tre uccellini che riportarono a casa Tina, l’uccellina dall’ala sognatrice e avventurosa! – Tina era sconvolta. – Ma così daremo adito alla paura più grande dei nostri genitori, hai pensato se anche noi sparissimo? Il dolore che provocheremmo loro sarebbe immenso… E se sbagliassimo e finiremo nelle grinfie della Civetta Dalle Piume Nere? – Pif e Bonki si guardarono un po’ tristi. – Io correrò il rischio. Voglio riportare a casa Tina, costi quel che costi! Chi è con me? – Disse Pif stendendo l’ala. – Io non ti abbandono amico! – Disse Bonki mettendo l’ala sopra quella di Pif. I due guardarono Lia, ancora titubante. – Io non lascio i miei fidati amici da soli! – E così mise anche lei l’ala sopra quella dei due amici.

5

Pif e Bonki fecero ritornarono ai loro nidi; si erano messi d’accordo in modo tale da partire la mattina seguente all’alba. Era perfetto; l’indomani non avrebbero avuto scuola così non avrebbero fatto nemmeno un’assenza. Decisero di scrivere una lettera e lasciarla ognuno sul proprio letto nella quale spiegavano ai genitori che partivano per riportare a casa l’avventurosa Tina. Si sarebbero visti alle cinque della mattina successiva nella piazza di Birdie Tree; 951esimo ramo in alto al centro. Alle cinque era un orario perfetto; la signora Colibrì si alzava sempre canticchiando per fare le pulizie e veniva udita da buona parte degli uccelli. Una volta accertati che tutti e tre i fidati amici la sentivano cantare, decisero che quella sarebbe stata la loro sveglia. Così, puntuale come sempre, alle cinque la signora Colibrì cominciò a cantare e Pif si svegliò. Fece attenzione a non svegliare né i genitori né Paf, posizionò la lettera sul lettino e una volta preso qualcosa per la colazione partì in direzione del 951esimo ramo in alto al centro. Lia e Bonki arrivarono subito dopo e una volta mangiata la colazione che Pif aveva portato loro decisero che era giunto il momento per partire all’avventura.

6

Dalla piazza cominciarono a volare verso l’alto; sapevano che le due civette abitavano fra i rami più alti di Birdie Tree. – Wow, che l’avrebbe mai detto che qui a Birdie Tree potessero vivere delle streghe! – Disse Bonki. – Per la verità non sono tutte e due delle streghe. La Civetta Dalle Bianche Piume è una maga e pratica la magia buona, la Civetta Dalle Piume Nere invece è una strega e pratica la magia malvagia… – Lo corresse Lia. – Fermi! – Strillò poco dopo Lia arrivati all’altezza del 1740esimo ramo in alto a sinistra. Pif e Bonki si fermarono di scatto. – Cosa c’è? – Chiesero. – Guardate lì, cos’è quella strana nebbiolina viola? – I tre uccellini guardavano la nebbiolina con stupore. – Avanzo un’ipotesi. – Disse Lia. – Secondo me è la Civetta Dalle Bianche Piume che ci sta attirando al suo nido, deve essere per forza così, il viola è il mio colore preferito, non può essere qualcosa di cattivo. – Disse convinta. – Abbiamo deciso di vivere un’avventura, coraggio, seguiamo la nebbiolina e vediamo dove ci porterà! – Esortò Pif. Così i tre uccellini si addentrarono lungo il ramo. Questo ramo era lugubre e man mano che gli uccellini avanzavano la nebbiolina viola diventava sempre più densa. Guardandosi attorno con molta attenzione, finalmente i tre amici di piuma arrivarono alla fine del ramo, dove c’era un gigantesco nido spettrale. – Cos’è questo strano rumore? – Chiese Lia con la paura negli occhi. Né Pif né Bonki la degnarono di una risposta. Al contrario di lei, loro due erano contentissimi di essere giunti in quel luogo stranissimo e non vedevano l’ora di esplorarlo in lungo e in largo. – Qualcuno vuole rispondermi per piacere? Mi sa che questo non è il nido che stavamo cercando, mi sono lasciata ingannare dal colore viola della nebbiolina, stiamo facendo lo stesso errore dell’avventurosa Tina, torniamo indietro finché siamo in tempo, ammetto di aver sbagliato in quanto vostra guida. – Disse, la voce tremante. – E’ come…è come se… – Cercava di spiegare Bonki. – Comi se si sentisse un bollore… – Concluse l’amico Pif. – Per favore torniamo indietro! – Supplicò Lia. – No, non adesso Lia, non arrivati fino a questo punto! Abbiamo deciso di vivere un’avventura e anche se questo non è il nido della Civetta Dalla Bianche Piume io non me ne vado! – Qualsiasi tentativo di dissuadere Pif ad andarsene il più in fretta possibile da quel nido sarebbe risultata vana. Ad un tratto si sentì un’agghiacciante risata. I tre amici si strinsero. La strana nebbiolina viola cominciava a diventare meno densa e cominciavano ad intravedersi delle zampe. – Ma quanto tempo che è passato! – Disse una voce stridula e fredda. Lia tremava di paura e Pif e Bonki cercavano di rassicurarla sussurrandole l’obiettivo della loro avventura.

7

Dalla nebbiolina viola emerse finalmente una imponente figura. Si trattava di una grossa civetta nera, con il becco giallo, gli occhi rossi e le zampe grigie. I tre amici di piuma deglutirono. – Oh! Ma quanto siete carini! Tre piccoli uccellini che sono venuti a farmi visita dopo anni e anni che ormai più nessuno veniva! – Diceva la grossa civetta. Le sue piume erano secche e ispide, i suoi artigli erano di un inquietante color giallo e i suoi occhi erano cattivi e perforanti. – Allora? Avete intenzione di ammirarmi a becchi aperti ancora per molto? Toglietevi quell’espressione di paura dai vostri amorevoli visini. – Io non ho affatto paura! – Disse Pif deciso. – Oh! Finalmente qualcuno di voi si è deciso a parlare! Non so per quale motivo tu e i tuoi amichetti vi siete presi la briga di venire fin qui a trovarmi, ma lasciate che mi presenti: io sono la Civetta Dalle Piume Nere! – Disse spalancando in modo a dir poco pauroso le sue spaventose ali. I tre trasalirono. Ormai non c’era più alcun dubbio; avevano sbagliato nido. Che cosa ne sarebbe stato adesso dei tre fidati amici? – Andiamo piccoli uccellini, non siate timidi, non vi mangio! Perché restate lì tutti attaccati? Venite, sedetevi qui, vi offro qualcosa mentre facciamo due chiacchiere. – Li invitò. – Amici, ormai è troppo tardi per tornare indietro, l’unica cosa che possiamo fare è sperare che vada tutto bene. – Disse Pif guardando i compagni. Lia e Bonki gli sorrisero. – Insieme ce la faremo! – Disse Bonki. – Insieme siamo fortissimi! – Continuò Lia. Pif era riuscito ad infondere speranza e coraggio nei cuori dei suoi amici; così i tre amici si fecero coraggio e seguirono la Civetta Dalla Piume Nere.

8

Dopo che la strega aveva offerto loro qualcosa da mangiare e questi avevano rifiutato, cominciò a domandare loro il motivo della loro visita. – Bene cari, ditemi, perché siete qui? – I tre si guardarono, la paura nei loro occhi. – Vogliamo sapere il modo per entrare nel Secondo Cielo. – Disse Pif senza esitazioni. – Che fissazione! Tutti con questo Secondo Cielo! L’ultima volta che ho ricevuto una visita, un’uccellina allegra e sicura di sé, mi aveva chiesto la stessa cosa…ora che ci penso non la vedo più da allora… – Tina? – Azzardò Lia. – Si! Tina! Ecco come si chiamava! Voleva a tutti i costi andare nel Secondo Cielo per trovare un modo affinché tutti gli uccelli potevano entrarvi, ma a quanto pare a quest’ora sarà diventata mangime per pesci… – Pesci? – Chiesero in coro i tre – Non sapete cosa sono? – Gli uccellini fecero cenno di no con la testa. La strega scoppiò in una fragorosa risata. – Sono le creature che abitano il Secondo Cielo, io li ho visti. – E come? – Chiese Bonki. La civetta scoppiò nuovamente a ridere. – Uccellini, se non ve ne siete accorti io sono una strega, so fare moltissimi incantesimi! Sono andata personalmente nel Secondo Cielo quando ero piccola, con mia sorella, la Civetta Dalle Bianche Piume. – Fece una pausa. – Ditemi, volete andare anche voi? – Chiese fissandoli con i suoi penetranti occhi. – Si! – Risposero Lia e Bonki. – No amici! Potrebbe trarci in inganno come ha fatto con l’avventurosa Tina! – Intervenne Pif. – Andiamo, non fare il guastafeste, l’hai detto pure tu, no? Ormai dobbiamo arrivare fino in fondo. – Gli ricordò Lia. – Già, ha ragione lei. – Disse Bonki. – Io non mi fido… – Allora, volete andare si o no? – Richiese la civetta. – Si! – Risposero nuovamente Lia e Bonki. – Bene allora. Pim, piripipim, pampum pampam, nel Secondo Cielo voi andrete e mai più tornerete! – Disse emettendo una risata perfida. Nessuno eccetto Pif sembrava aver sentito l’ultima agghiacciante parte del sortilegio. Dalle ali della civetta uscì una polverina che per prima toccò Bonki e scomparve, poi fu il turno di Lia e scomparve anche lei. – Non può finire così. – Pensò Pif. Prima che la polverina lo toccasse spiccò in volo da dove era venuto, volando il più velocemente possibile, sperando che la Civetta Dalle Piume Nere non lo inseguisse. – Torna indietro! – La civetta cercò di inseguirlo, ma goffa e impacciata per com’era non percorse nemmeno metà strada. Finalmente Pif uscì da quel nido e volando a più non posso si diresse verso l’alto, senza mai guardare indietro e senza neanche guardare dove stesse andando. Dopo un po’ si fermò su un ramo stremato. – Ho abbandonato i miei amici di piuma! Sono un codardo! Ho lasciato che la Civetta Dalle Piume Nere li ingannasse, è tutta colpa mia adesso non torneranno mai più indietro… – Pif continuava ad ansimare mentre terribili pensieri gli affollavano la mente. Era un uccellino molto veloce, e in pochi riuscivano a stare dietro al suo battito d’ala, ma la strega con un incantesimo sarebbe potuta arrivare da un momento all’altro. Pietrificato su un ramo, si accorse di una nebbiolina azzurra e subito il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Doveva sicuramente trattarsi della Civetta Dalle Piume Nere che stava cercando nuovamente di attirarlo a sé. Per un attimo pensò di scappare nuovamente, ma cambiò immediatamente idea; non avrebbe fatto il codardo, era pronto a dar battaglia a qualsiasi strega pur di ritrovare i suoi compagni. Era stato lui ad insistere tanto per andare nel Secondo Cielo; e ora si ritrovava a portare a casa ben tre uccellini! – Non vi abbandono amici miei, vengo a cercarvi! – Con tutto il coraggio che aveva si mise a seguire la nebbiolina azzurra e si incamminò lungo un altro ramo.

9

Arrivato alla fine del ramo, Pif si rese conto che era ben diverso da quello che aveva precedentemente visitato; questo era tutto illuminato dal sole, non c’era nessun rumore strano e dei meravigliosi fiori adornavano tutto. Il nido che gli si presentò davanti era tutto luminoso e la nebbiolina si diradò completamente. Ad attenderlo c’era una bellissima civetta bianca con delle piume lucidissime e uno sguardo benevolo. – Ciao, tu devi essere Pif, è così? – L’uccellino annuì. – Io sono la Civetta Dalle Bianche Piume, ho visto tutto quello che ha combinato quella strega di mia sorella, non preoccuparti piccino, io ti aiuterò a ritrovare i tuoi amici. – Gli disse. – Sei davvero la Civetta Dalle Piume Bianche o sei la civetta cattiva che ha fatto un sortilegio e si è trasformata in sua sorella? – La civetta rise. – Sei molto intelligente piccolo Pif, ma ti posso assicurare che io sono la Civetta Dalle Bianche Piume. – E allora come fai a sapere che cos’è successo? – Sono una fata, sento quando qualcuno fa qualcosa di cattivo, e mia sorella l’ha combinata veramente grossa questa volta. – Ora Pif sentiva di potersi fidare ciecamente della civetta, così si mise a piangere, e accolto sotto la grande ala della civetta le raccontò tutto; da come aveva deciso insieme ai suoi amici di partire per quell’avventura fino al sortilegio inflittogli dalla strega.

10

Una volta che l’uccellino si era calmato la Civetta Dalle Bianche Piume riprese a parlare. – Pif, essendo una fata che pratica la magia buona, sentivo che mia sorella stava combinando qualcosa di malvagio, ho visto tutto dentro la mia magica sfera. – Disse indicandola. – Hai visto tutto e non sei intervenuta? Perché? – Vedi caro Pif, questa sfera me l’ha donata mia sorella proprio per farmi vedere tutte le cattiverie che combina ai piccoli uccellini senza poter fare niente per aiutarli. Per poter aiutare i poveri sventurati che capitano sotto le sue zampe bisognerebbe che quattro uccellini la rompessero. – Quattro? – Si, proprio così. Quando Tina si recò da mia sorella, in realtà era diretta verso il mio nido, ma il suo è più in basso e più facile da raggiungere, e come avrai notato anche tu, ha l’abitudine di attirare gli uccelli con una nebbiolina viola…Vidi tutto in questa sfera e non ho potuto fare niente per aiutarla perché mia sorella ha lanciato un incantesimo su tutto il mio nido, incantesimo che come ti dicevo, possono spezzare soltanto quattro uccellini rompendo questa sfera. Ma non possono essere quattro uccellini qualsiasi…Mia sorella è stata molto astuta! Tre di loro devono avere la stessa età ed essere fidati amici e l’altro deve essere più grande perché è lui che deve spingere per primo e quindi avere più forza. – Pif rifletté per un attimo. – Civetta Dalle Bianche Piume! Io Lia e Bonki siamo fidati amici e abbiamo la stessa età! Tina è più grande di noi, così saremo in quattro! Dobbiamo solo sperare che anche lei si trovi nel Secondo Cielo. Possiamo rompere l’incantesimo! – La Civetta Dalle Bianche Piume sorrise. – Hai ragione piccolo! Anche Tina si trova nel Secondo Cielo insieme ai tuoi amici e sento che stanno tutti bene! Vedi Pif, anche se volevo, prima non potevo andare nel Secondo Cielo. Per poter liberare Tina e prendere la Magica Alga avevo bisogno di qualcuno che mi accompagnasse. – La Magica Alga? – Domandò incuriosito Pif. – Si, devi sapere che la mia famiglia era una famiglia di potenti maghi, tutti praticanti magia buona ovviamente. Un giorno mio padre portò me e mia sorella nel Secondo Cielo e ci avvisò di stare attente a non toccare le Malvagie Alghe altrimenti saremmo diventate malvagie. Purtroppo mia sorella ne toccò una e da quel giorno divenne una strega praticante la magia cattiva. – La civetta si fermò. – I miei genitori se ne sono andati con il pensiero che non avrebbero mai più visto la loro piccola tornare quella di un tempo…Mio padre provò davvero di tutto per spezzare l’incantesimo della Malvagia Alga, ma niente, tutto risultò vano. – Pif la ascoltava con attenzione. Poi il viso della Civetta Dalle Bianche Piume si accese nuovamente di gioia. – Continuando le mie ricerche però sono riuscita a trovare la Magica Alga in grado di spezzare gli effetti della Malvagia Alga e come se non bastasse ho ideato un incantesimo in grado di rendere innocue tutte le Malvagie Alghe! – Oh Civetta Dalle Bianche Piume, è fantastico! Non ci resta che andare allora! – Esultò contento Pif.

11

Pif si mise di fianco alla Civetta Dalle Bianche Piume. – Paraparam pampam pimpim, nel Secondo Cielo andiamo e i nostri amici troviamo! – Pif era emozionatissimo e non vedeva l’ora di scoprire finalmente come fosse il Secondo Cielo, l’El Dorado di tutti gli uccelli. In un batter baleno lasciarono il nido e in men che non si dica, Pif aprì gli occhi in un mondo che non aveva mai visto prima. Delle strane creature si muovevano all’interno di tutta quell’acqua e Pif non riusciva a spiegarselo. – Wow! – Si lasciò sfuggire. – Queste creature che vedi sono i pesci. Se non fosse per la magia noi due non potremmo volare né parlare perché non c’è ossigeno. – Gli spiegò. Pif ascoltò distrattamente, continuava ad ammirare i pesci a becco aperto. – Uccellino mio, adesso è prioritario trovare Lia, Bonki e Tina. Quando avremo sistemato tutto potrai tornare qui ogni volta che vuoi. – Certo Civetta Dalle Bianche Piume, sai dove si trovano? – Grazie alla mia magia sento che si trovano qui vicino. – Cominciarono a volare sott’acqua, ammirando le splendide creature marine; pesci di tutti i colori e di tutti i tipi; rossi, verdi, argentati, piccoli, grandi e lunghi, che spettacolo! Tanti guardavano Pif e la civetta sconvolti; non era cosa di tutti i giorni vedere due uccelli volare sott’acqua… – Ehi! – Ad un tratto sentirono qualcuno che cercava di attirare la loro attenzione agitando una pinna. Un pesciolino tutto giallo si dirigeva verso di loro. – Tu devi essere Pif! Hai una forma sferica e sei azzurro, devi essere sicuramente tu! Mi presento: mi chiamo Blobi e credo che Lia e Bonki ti stanno aspettando! – Pif fu sorpreso dal fatto che il pesciolino conoscesse i suoi fidati amici. – Davvero sai dove sono? – Chiese, gli occhi brillanti. – Sono a casa mia, seguitemi! – Pif e la Civetta Dalle Bianche Piume seguirono Blobi fino a quella che doveva essere casa sua; un immenso spazio ricavato all’interno di due gigantesche rocce. – Lia, Bonki, l’ho trovato! Ho trovato il vostro amico Pif! – In un attimo i due uccellini uscirono dall’apertura volando frettolosamente. – Pif! – Gridarono in coro non appena lo videro. – Amici miei che bello vedervi di nuovo! – I tre si abbracciarono, Lia non riuscì a trattenere le lacrime. – Sapevo che non ci avresti mai abbandonati! Avevi ragione, la Civetta Dalle Piume Nere ci ha ingannati e noi non abbiamo voluto darti ascolto, perdonaci per favore! – Lo implorò Bonki. – Ma certo che vi perdono! – Pif raccontò tutta la vera vicenda ai suoi amici; dall’incontro con la Civetta Dalle Bianche Piume a come spezzare l’incantesimo che la Civetta Dalle Piume Nere aveva inflitto al nido di sua sorella. – Non ci resta che trovare Tina, Blobi dice che qui è famosa e apprezzata da tutti – Disse Lia. – Si, Tina è una cantante fenomenale! – Constatò Blobi. – Dice sempre che è venuta qui con un incantesimo e che vorrebbe tornare a casa sua, ma non sa come fare ormai qui si trova benissimo, ma vorrebbe almeno rivedere i suoi genitori. Se volete vi porto da lei. – Si offrì il pesciolino. Pif non sapeva cosa dire, era colpito dall’immensa generosità del pesciolino, così si limitò a ringraziarlo e lo seguì.

12

Dopo un po’ arrivarono di fronte ad un’altra cavità ricavata fra due rocce; doveva sicuramente essere la casa di Tina, decisamente più grande di quella di Blobi. – Siamo arrivati, qui abita Tina. – Annunciò trionfante il pesciolino. Dall’interno della cavità proveniva una voce melodiosa e limpida. – Deve essere la voce di Tina, è così bella! – Disse Lia. – E’ Tina, lo sento. – Disse quasi commossa la Civetta Dalle Bianche Piume. Si offrì di chiamarla, e poco dopo uscirono entrambe da quell’immensa cavità. Pif, Lia e Bonki avevano davanti ai loro occhi Tina, l’uccellina dall’ala sognatrice e avventurosa, il più grande segreto di Birdie Tree. Era una bellissima canarina verde acqua, con due grandi occhioni blu e le piume brillanti. – Che bella! – Dissero in coro. – Non posso crederci! Sono anni che non vedevo degli uccellini! – Disse avvicinandosi ai tre. – Tina, anch’io come loro tre vorrei parlare con te, ma dobbiamo sbrigarci prima che mia sorella… – Non riuscì a terminare la frase che all’improvviso comparve la Civetta Dalle Piume Nere. – Oh no! – Gridarono tutti. – Sorellina, credevi forse che io non mi sarei accorta di niente? Ti ricordo che la mia magia è tanto forte quanto la tua, se non pure di più. Cosa hai intenzione di fare? Liberare tutti? Non te lo permetterò mai! – Disse, ed emise un’agghiacciante risata. – Ora con il mio incantesimo vi imprigionerò per sempre qui sotto e non vedrete mai più i vostri cari. – Civetta Dalle Bianche Piume, cosa facciamo? – Chiese Pif in preda al panico. – Dobbiamo assolutamente trovare le Magiche Alghe, così renderemo buona mia sorella. Andate voi cinque, io nel frattempo la trattengo qui. – Ma… – Niente ma piccolini, ricordatevi che il bene trionfa sempre sul male. – Li rassicurò. – Io so dove si trovano le Magiche Alghe! – Annunciò Blobi. – Oh amico, sei eccezionale! Presto, andiamo! – Il quintetto partì alla ricerca delle Magiche Alghe, lasciando sole le due sorelle. Si stava preparando uno scontro epico.

13

Blobi nuotava il più velocemente possibile, seguito dagli uccellini che sbattevano le ali così forte da non respirare nemmeno. – Eccoci, siamo arrivati! Lì, ai piedi di quelle rocce. – Indicò Blobi. Le alghe racchiudevano tutti i colori dell’arcobaleno e si muovevano sinuose spinte dalla corrente marina. – Coraggio, prendiamone alcune. – Disse Tina. Tutti gli uccellini si misero un’alga fra i becchi e tenendole ben strette tornarono indietro. Le due sorelle si lanciavano incantesimi a vicenda, quando finalmente Pif e gli altri fecero ritorno. – Civetta Dalle Bianche Piume, abbiamo le alghe! – Gridò Blobi, l’unico ad avere la bocca libera. Con un incantesimo colpì la Civetta Dalle Piume Nere che per un po’ rimase stordita; prese le alghe e con i suoi poteri le trasformò in una sfera dai colori dell’arcobaleno. Quando l’altra civetta si riprese, capì che la sua magia, per quanto potente, non avrebbe potuto fare niente contro la magia delle Magiche Alghe. La Civetta Dalle Bianche Piume lanciò la sfera con i sette colori dell’arcobaleno contro la sorella e la colpì in pieno. – Noooo! – Gridò quest’ultima. Una luce sfavillante irradiò il paesaggio circostante, e quando si affievolì, la Civetta Dalle Piume Nere era decisamente cambiata. I lineamenti erano aggraziati, le piume lucide, gli occhi buoni. – Sorella! – Disse andando incontro alla Civetta Dalle Bianche Piume. Le due si abbracciarono. – Mi hai fatta ritornare come un tempo, mi hai liberata dall’oscurità e riportata alla luce, grazie! – Anche la sua voce era cambiata; ora era pacata e melodiosa. – Mi dispiace se ho causato problemi a qualcuno, vi chiedo di perdonarmi, chiedo scusa a tutti. – Disse implorando gli uccellini. – Ero annebbiata dal male e dall’oscurità, ma adesso sono di nuovo buona e non farò mai più dei dispetti a nessuno. – Gli uccellini rimasero sbalorditi dal repentino cambiamento della Civetta Dalle Piume Nere. – Adesso non ci resta che fare un’ultima cosa e poi potremo tornare tutti quanti a Birdie Tree; rendere buone le Malvagie Alghe. – Disse la Civetta Dalle Bianche Piume. Blobi li condusse fino al posto desiderato, conosceva ogni luogo quel pesciolino! Le Malvagie Alghe erano nere e secche, e con un incantesimo la Civetta Dalle Bianche Piume le fece diventare coi colori dell’arcobaleno. – Bene, non c’è più malvagità qui, se qualcuno le toccherà non succederà niente! – Tutti esultarono. – Blobi, ci vediamo presto! – Lo salutarono gli uccellini. – Non preoccuparti, non vi abbandono mica, adesso che la Civetta Dalle Piume Nere è tornata buona, sarà facilissimo scendere nel Secondo Cielo ed io continuerò a cantare! – Lo rassicurò Tina. – Coraggio, tutti vicini, dobbiamo andare. – Annunciò la Civetta Dalla Bianche Piume. Salutarono ancora una volta Blobi. – Grazie per tutto amico! Tornerò e giocheremo insieme! – Disse Pif agitando l’aluccia. – Vi aspetto! – Pampam, pempem, dumdim, il Secondo Cielo lasciamo e nel nostro albero torniamo! – Quando riaprirono gli occhi, si ritrovarono tutti nel nido della Civetta Dalle Bianche Piume. – Finalmente casa! – Gridarono i quattro uccellini. – Presto, non ci resta che distruggere la sfera della Civetta Dalle Piume Nere! – Disse Pif. – Hai ragione piccolo. Bene, la prima a spingere deve essere Tina, e subito dopo dovranno spingere tutti e tre insieme gli amici di piuma. – Stavano cominciando a predisporsi per spingere, quando la Civetta Dalle Piume Nere, ormai non più nere, chiese di nuovo scusa e implorò perdono agli uccelli presenti. – Ti perdoniamo tutto, anche se hai fatto soffrire molti uccellini… – Dissero i quattro. La Civetta Dalle Piume Nere si commosse. – Distruggiamo questa sfera! – Esortò Tina. Era davvero grande, ma con tutta la sua forza Tina spinse, seguita da Pif, Lia e Bonki. La sfera cadde dal piedistallo e si frantumò in mille pezzi che scomparvero per magia. – Ce l’abbiamo fatta, si! – Gridarono i quattro uccellini. – Festeggiamo! – Cominciavano i festeggiamenti, quando sei uccelli fecero la loro comparsa nel nido della Civetta Dalle Bianche Piume. Erano i genitori di Pif, Lia e Bonki, infuriati, preoccupati e felici al tempo stesso. – Ma cosa avete combinato? Ci avete fatto preoccupare tantissimo! Se non avessimo trovato le vostre lettere… Non fate mai più una cosa simile, potevate cacciarvi in un tremendo guaio! – I tre ascoltavano a testa bassa, fu Pif a prendere la parola. – Ma scusate! Ci insegnate a dire sempre la verità quando voi e tutti gli altri genitori di Birdie Tree ci nascondevate un segreto grosso quanto questo albero, non crediate che sia un controsenso? – I genitori erano colti di sorpresa dalla reazione del piccolino. Pef sorrise amabilmente. – Hai ragione piccolo. Abbiamo custodito per anni un grosso segreto che voi tre avete subito svelato con la vostra voglia di mettervi alla prova e con tanto coraggio. Siete stati eccezionali, e si, tutti noi non avremmo dovuto tenervi nascosta la misteriosa scomparsa di Tina… Ma vedi, l’abbiamo fatto per amore. Avevamo paura che dicendovi la verità, a qualcuno di voi sarebbe saltata in mente l’idea di cercarla e riportarla a casa. La nostra più grande paura era che scomparivate anche voi… Tutti eravamo a conoscenza che Tina si era recata dalla Civetta Dalle Piume Nere, e la sola idea che potevate recarvi da lei ci faceva rabbrividire… Così abbiamo deciso ti tenere per noi questo segreto, per amore, ma abbiamo sbagliato, e tu piccolo Pif, ce lo hai fatto capire, scusateci. – Anche i genitori di Lia e Bonki si scusarono con i piccoli. La Civetta Dalle Bianche Piume spiegò l’intera vicenda a tutti i genitori che immediatamente si congratularono con i piccoli, orgogliosi che loro tre erano riusciti a riportare a casa Tina, l’uccellina dall’ala sognatrice e avventurosa.

14

Subito dopo si tenne una mega gesta in onore di Pif, Lia e Bonki per aver riportato a casa Tina che adesso deliziava tutti con il suo canto; i suoi genitori erano felicissimi che fosse tornata. I tre uccellini vennero perfino premiati dal sindaco; ma cosa più importante tutti avevano imparato una lezione: dire sempre la verità. Adesso Birdie Tree non aveva più un segreto, dopo le pubbliche scuse della Civetta Dalle Piume Nere, adesso tutti si fidavano di lei; Birdie Tree aveva adesso due Civette Dalle Bianche Piume che praticavano soltanto magia buona. Tutti potevano recarsi nel Secondo Cielo ogni volta che volevano, così che tutti gli uccellini potevano vedere le meraviglie che conteneva. Pif ce l’aveva fatta; era riuscito a realizzare il suo sogno con caparbietà e testardaggine, affrontando qualsiasi pericolo e paura, complimenti Pif!