Onestà
Io rido
al tuo disgusto
creato
in fantasia.
La mia realtà
è diversa
ma non è
colma di follia.
Sopra il filo
di un rasoio
io vivo
e mi consolo.
Occhi
Come i due lati
di una stessa medaglia
i nostri sguardi,
se pur vicini,
non si incrocieranno
mai più.
In te vedevo tutto
e tutto
riportava a te.
Lascio un fiore
sulla lapide
del tuo cuore
che mi renda
distinguibile,
perchè il tuo cordoglio
mi spezza
e mi trascina
lento
in fondo.
Il sogno dell’amore
sfuma davanti
ai miei occhi
stanchi.
Stanchi di lottare,
stanchi di capire,
non voglio più
guardare.
Dama di ferro
Fuori dalla dama di ferro
si respira aria pura.
E` tempo di rimettere insieme
tutti i frammenti
della mia vita.
Partito
da dove avevo mollato
questo
era il solo destino.
Sento finalmente
la forza
di quelle
che una volta
chiamavo
ferite.
Giro di Boa
Mi manca e cerco di non vedere la realtà dei fatti.
Nutro dento di me il desiderio di compere un nuovo passo
che non sia interpretato come un arretrare
bensì come l’atto del giro di boa.
Ho spezzato il fiato,
in questa lunga maratona che mi ha disarticolato l’anima,
adesso è arrivato il momento di dirigermi verso il traguardo
percorrendo, per vie diverse, quella distanza
che dove Sono mi ha portato.
Scopro in nuovi paesaggi sogni ed emozioni che credevo sepolti.
Mi fermo a fare pace con i me che ho in me relegato,
in fondo a quel ripostiglio
di cui poi ho voluto smarrire la chiave.
Sarà mai così complicato ammettere che son cresciuto?
Il ceco seguace
Se avessi avuto un briciolo di memoria
ogni volta che mi hai detto fidati
non mi ritroverei qui rinchiuso
a mangiarmi i gomiti.
Su di me puoi contare lo sai,
dicesti, conosco la differenza
fra un gesto fatto con amore
ed uno con diffidenza.
E ti ho creduto, come un povero illuso,
per te sempre pronto all’uso.
Se avessi avuto la forza di non guardarti
come fossi la via
avrei forse si ancora sbagliato strada,
ma avrei percorso la mia.
Inciampando, rotolando e finendo
spesso a zampe all’aria,
ma avrei almeno imparato a guarire
e a gestire la rabbia.
Ma ti ho creduto e mi sono ritrovato
sopra il filo spinato dell’Io avvelenato.
Chi è Anna?
C’era una volta una bambina
il cui vero nome venne presto dimenticato.
Quando nacque incapace di percepire il proprio corpo
i genitori pensarono che la loro piccola disossata,
così la chiamavano con una maschera d’affetto,
nella vita al massimo avrebbe potuto ambire
ad incarnare la carriera da bambola di pezza
in un museo di bizzarrie.
Per questo fu grande lo stupore quando Lei,
grazie allo sguardo, capì di potersi riappropriare
di quel corpo marionettato.
Al principio nel gattonare fu del tutto simile
ad un giocattolino caricato a molla,
ma con il tempo, grazie all’utilizzo di molti specchi,
acquisì una grazia ed una tal perfetta postura
da divenire étoile di una rinomata compagnia russa.
Mi piacerebbe concludere qui e far intendere
che Anna divenne celebre grazie al suo mordente,
ma la realtà è che il pubblico affamato
andava in visibilio solo nel momento in cui lei,
terminate le evoluzioni, chiudeva gli occhi affaticati
liberandosi così da ogni intenzione
tornando ad essere un semplice bambola di carne,
accasciata su di palco, vuota come un sacco.