Lacrima di luce

Sera mai vera che il giorno lento

scacci e chiudi l’ argomento

mi fai dimenticare l’ allegria

della luce di ogni raggio di sole,

dell’ inebriante profumo di viole..

fantasia mi fai passare

di volermi risvegliare….

Accendi, perché no, luna e stelle

finché possa ammirare almeno quelle

e non il buio della tetra notte

… freddo come certe porte

del cuore… di cui sul limitare mi addormento,

a lume spento.


Malinconia storpia

sul farsi della sera

aspettando una felicità remota e

antica che mai giungerà

e attraversa sconosciuti sentieri

senza ritorno, vacua sempre di novità

assolute e adorna di soli assenti, lune

tristi, luci e stelle silenziose e buie

come un quadro non capito, una melodia

che si ritrae distante dalla forza di

comprensione, un libro che terrminato è restituito

all’ ignoto passato, come un sentimento d’ amore che

resta sospeso nel disperato tormento

del non vissuto. Salve a te, o sera, che

vieni a suggerirmi la tua oscurità

di nuovo nell’ attesa di un altro

giorno superfluo…: vita, così vuolsi, lo caricheremo di

speranze.


Mal’aria

Aria, bell’aria

triste aria gentile,

villani, vanghe,

grembiali, cascine,

canestri, pagliume

ceci e sterpaglie

cori solari

dorsi di donne

chinati.

Aria, malaria

volti sudati, bruni

dorati, forza di polsi

forche ricurve, mani

raccolte, pensose

donati, riso

sincero gaudente

tracciato da bocche

distratte intente

al lavoro.

Bambino che corre

in disequilibrio,

gli occhi al suo passo

si ferma di scatto

s’ arretra d’ un tratto

le braccia protende

verso la chioma

saluta tremante,

sorride e s’ inceppa

si accascia e si siede

con posa di pupo

su zolla bagnata.

Si tira le ciocche

con dita incostanti

alterne le mani

carezza la terra

estorce radici

tenere e bianche.

Pietraie e deserti

sono distanti

e lande di pini

paesaggi sognati

spirti benigni

e suoni vibranti

di gravidi accordi

sfumati.

Canta la pala

per l’ aia cerchiata

cane che insegue

farfalla togata

vino che attende

su tavola quadra

sollazzo e tepore

di schiene ritratte

di uomini

stanchi.