Falene Danzanti
Ricoperta da polvere di gesso
ricordo e non canto
uno starnuto e un saluto,
un colore d’incanto.
Sbiadisco come non fanno
le nostre bambole di cera
intrappolate nel fango
Mi ricordo quella sera
in cui entrasti per sbaglio.
Sensazioni di carne,
profumi svaniti nei nostri
incubi scolpiti.
Falene danzanti,
quelle tue mani importanti.
Diventi fredda e non parli
ti trucco e mi guardi
dietro a quegli occhi socchiusi
cammini e
bisbigli i ritmi degli angeli.
Voglio. Resto. Amo
Tu sei il vortice che mi ha fatto innamorare della vita
Tu sei il sole che non sbiadisce
Impermeabile alla polvere che inconsapevole
getto su ciò che mi circonda
Pietrificando e privando di vita.
Tu non sbiadisci.
Tu scaldi e accogli
Non voglio succhiare la linfa vitale
che ti nutre e altri disseta.
Non voglio offuscare i tuoi occhi.
Non voglio mutilare i tuoi raggi.
Lo sto facendo, e questo
Mi sta facendo impazzire.
Scappare per non farti soffrire
Sarebbe l’istinto di un vecchio io
Che ripudio e che scanso.
Oggi no. Perché voglio. Resto. Amo.
Rimuoverò lentamente gli strati di argilla che
Soffocano le mie emozioni più vere;
Combatterò i fantasmi di pezza
Che ingombrano le stanze della mia mente.
Perderò l’equilibrio per un attimo
Sbilanciandomi tra un gradino e l’altro.
Perché voglio. Resto. Amo.
E inviarti un allegato
E inviarti un allegato
del mio seno disperato
del mio stomaco stupito
di quel letto che hai mangiato
in fretta e furia col mio dito
E se avessimo dormito
ora forse mi alzerei senza botte sotto gli occhi e un portone di vorrei
Cado inciampo e cammino
a ritroso fino al mattino
in una fuga di pensieri
vuoti e sani fino a ieri
Chiama vieni e sussurra nella notte che ci culla
Non ci mettere il trastulla
potrei perdermi nelle grotte di capelli,
nocche, calici ed orpelli
Sulle tue mani di feltro mi arrotolo e mi diverto.
Cattivo dolce, pretendi senza guai,
così, instancabilmente aperto e bello,
una spietata fuga dal mio cervello.
Che cos’è ‘sta poesia?
Con la rima?
E cosí sia!