Il MALE

Ti mettevi le mani tra i capelli
e piangevi.
Ti mettevi le mani tra i capelli
e come una bambina mi mostravi,
terrorizzata,
che essi si staccavano con la stessa facilità
con cui il vento trasporta via
l’autunno.
Odiavi te stessa e il tuo corpo
che ormai non sentivi più così tuo.
Avevi paura di guardarti allo specchio,
avevi paura di vedere come il male stava,
giorno per giorno,
trasformando il tuo corpo.
Dal fuoco che eri, eri diventata una candela.
E ciò che più temevo è che un giorno ti saresti spenta.
Come se quel vento che porta via l’autunno
invece di portare la primavera
portasse solo un nuovo
eterno
inverno.


VITA VINTAGE

Essere lasciate, chiariamoci, succede a tutte. Poi sì, ci sono le amiche super fighe che si permettono il lusso di lasciare soltanto, ma ricordiamoci che ci siamo anche noi. Le normali. Che vengono mollate, smollate, scaricate, abbandonate. Perché sì, si parla di un vero e proprio abbandono, almeno credo per quelle normali come noi. Come me. Perché facciamo parte di quella categoria femminile in cui ancora abbiamo il coraggio di farci piacere un ragazzo, nonostante il fisico e ciò che ci dicono gli amici. Facciamo parte di quelle che si prendono ancora le cotte, di quelle che fanno arrossire le gote e fanno battere il cuore. Siamo le autentiche. Ormai però, una vecchia categoria. Lasciate su uno scaffale di un negozio vintage, come delle nuovissime scarpe ma degli anni 60′. “Carine, ma non adatte ai tempi che corrono”. E così restiamo lì. Io, davvero, se fossi scarpe non sarei nemmeno messa in vetrina. Avrei lo scaffale più alto, quello su cui si accumula la polvere. Quello che nessuno vede. E mi sembra, che nessuno mai arriverà a vederlo. Quindi, da scarpa, mi chiedo se sia io sbagliata. Se il mio essere così tremendamente “alla vecchia maniera” sia il problema. Se il mio avere quella suoletta che si impone al piede, sia così sbagliato. E penso che forse sia meglio buttarla via, quella suoletta, come hanno fatto le converse. Che ora, amano tutti. Ma come posso pensare e accettare che sia il piede a imporsi a me. È proprio vero, queste nuove scarpe fanno diventare i piedi…piatti. Ed è normale che dopo provino dolore a una suoletta come la mia. È normale che la evitino. E allora, le scarpe, come le donne, diventano merce. E ciò che non piace al cliente, viene lasciato indietro. Su quell’ultimo scaffale. Dove ci sono io. E con me, tutte quelle scarpe del mondo che hanno ancora un qualche residuo di suoletta. E dunque, piedi, abbiate il coraggio di guardare anche l’ultima fila. Di salire uno sgabello e arrivare a quell’ultimo scaffale. Là troverete scarpe resistenti, in cui il tacco non si rompe, in cui il camoscio non si sciupa. Invece le converse, al primo temporale, la scuola si stacca e la tela si rompe. Lasciandovi scalzi, sotto la pioggia. Perché le converse durano un anno o poco più, una scarpa buona è per sempre. E se il per sempre non esistesse, potreste comunque dire di aver indossato uno di quei pezzi rari, che a giro, non si trovano più.


OGGI NON MI SENTO MOLTO LIBERA

Però credo canterò ugualmente in motorino.
Con il vento che si insinua tra i capelli passando le sue lunghe dita fra una ciocca e l’altra, bloccate dal casco.
E proprio perchè non mi sento molto libera, canterò con più voce, così forse, spezzerò le mie catene. E oggi fa davvero caldo. Oggi è luglio davvero. 16 Luglio 2014. È estate. Soltanto adesso me ne rendo conto. Fa ancora più caldo qua, fra i palazzi e il cemento. Ma io me ne andrò. Sìssignore, io me ne andró. Non dico soltanto al mare. A confondermi fra le onde. Dico per il mondo, a confondermi tra le razze, tra la gente, tra la folla. Farà caldo anche per il mondo. Ma sarà un caldo più sopportabile. Alleviato da scoperte e rivelazioni. Nuove culture e idee.
Non mi va davvero di tornare all’inverno. Di rinchiudermi. O forse mi rinchiuderò per l’ultima volta, per l’ultimo anno. Poi, io lo ho detto, me ne vado. Tocco ferro. Forse non è oggi che non mi sento molto libera. Forse oggi mi sento più imprigionata delle altre volte. Sono imprigionata da me stessa. Dalle mie insoddisfazioni. Dai miei rancori. Rancori che non posso essere spezzati, nemmeno dalla fede. Perché io non ne ho. Non Credo. Se non credo in Dio, figuriamoci in me. L’unica cosa che credo è che io me ne andrò. Prenderò la mia strada, un aereo, un treno, e diventerò cittadina del mondo. Amica di tutti e schiava di nessuno. Più nemmeno di me stessa.
Comunque oggi canterò in motorino. Forse piangerò anche. Ma piangere mi fa sentire, libera.