SULL’ONDA DEL BLUES testo teatrale scritto nel 1999-2000 dedicato a Asim Demirag e la mia grande famiglia

ARIANNA Dimmi un motivo per cui non torneresti nel tuo paese.
TOPRAK La libertà di pensiero.
ARIANNA Non pensavo che fosse solo per questo…
TOPRAK E cosa ti aspettavi?
ARIANNA  E’ vero, non devo aspettarmi niente. Come solo mi ha sfiorato la mente,
come ha osato appannare la ragione il desiderio che tu mi stringessi così intensamente
da potermi illudere d’esser io l’Italia che non lasceresti mai.
Già… stavo quasi dimenticando che nella terra di nessuno il mio cuore esule
ha trovato il porto al suo amare burrascoso, per ridere di quelle vicende d’amore
che la patria e la casa tengono unite fuor il rischioso naufragio.
Dì pure liberamente quello che pensi, siamo in un paese libero
senza giustizia contro chi con le parole ferisce.
TOPRAK Piangi se vuoi, ma non voglio mentire.
Perciò non dirò che per il mio amore potrei rimanere qui, come lei non sa dirmi se restando io
potrà un giorno partirsene da me…perché non mi hai mai chiesto di passare tutta
la vita insieme.
ARIANNA  Non piango ora che ti tengo ancora per poco…
TOPRAK Oh ma che importa per quanto tempo potremo dormire sulla spiaggia dell’oblio
dove i nostri respiri si arruffano come onde giocano a sommergersi, affoghiamoci in un solo istante d’amore!
Quale sarebbe stato il futuro di quegli amanti che l’oceano e l’odio tra famiglie han per sempre diviso?
Ebbene, sarebbero forse rimasti uniti ma nel nome di un vincolo che la passione ha ucciso.
Il matrimonio è la sua tomba. Moriamo il desiderio infinito di stare insieme
nel sogno breve di una notte famelica di amanti senza futuro.
ARIANNA  Come puoi insinuare tali parole tu che hai lasciato un cuore ad aspettarti nella tua terra
su cui hai deciso di coltivare un fiore talmente raro: un amore duraturo.
Mentre io qui non ho che una metà di te che perderò quando come l’ape avrai finito di succhiare
la dolcezza di questo fiore incolto. Intanto l’ebbrezza del miele sotterra
la ragione secondo la quale il nostro gusto d’amare
non rende giusto e fecondo il crescere della passione.
TOPRAK  Sai difenderti bene da sola anche se non c’è legge che lo faccia…
Le tue spine fanno sanguinare chi prova a tenere in mano troppo a lungo il profumo
perché hai paura, paura d’innamorare e poi come fumo non lasciare più nessuna traccia.
Ma forse è meglio che sia così: dimenticare!
ARIANNA E’ fin troppo facile pensare che il tempo curi ogni male.
E lasciarsi vivere anziché ammazzarlo( il tempo) di carezze dopo avergli dato una faccia
che potrò guardare sempre, anche se sarà passato tanto, tanto tempo…la tua.
So bene che quando ti sarai voltato come Orfeo, verrà l’inverno anche se d’estate andrai via,
scomparirò e non potrai più salvarmi dall’inferno del mondo dove mi sarò rifugiata
per non incontrarti più in un paradiso artificiale.

TOPRAK  Dimenticare? Ma queste parole non possono essere le mie! Non ho mai detto che sarà meglio scordarti e non lo farò mai!
ARIANNA  Non l’hai detto esplicitamente ma un giorno forse non ti dispiacerà poi così tanto perdere la memoria  perché con nuovi occhi potrai guardare la bellezza sfilare sulla passerella su cui mi avevi scambiato per la modella che non sono e dirai proprio queste parole per continuare a innamorarti ancora.
TOPRAK  Ma… quando finirai di scrivere? Voglio tradurre nella mia lingua il racconto di noi.
ARIANNA  A luglio, quando non potrò più trarre ispirazione dal reale che rimarrà sul foglio bianco come un cadavere pallido per la separazione della sua anima…

AL PARCO DEGLI ACQUEDOTTI

TOPRAK  Dimmi il giro tonale a partire da doM.
ARIANNA  mmm…doM, fa, sib , mib , lab…Adesso tocca a me! Lo sai come si forma una settima di dominante?
TOPRAK  Facile per chi suona il pianoforte! Sul quinto grado della scala maggiore.
ARIANNA  “La musica sopra ogni cosa…”. Proprio così. E’ ciò che finora non mi ha mai tradito,
è una fuga ma anche la trappola che ti attira  nel suo gioco proibito da tante chiavi
sullo spartito in cui la condotta delle note ti trasporta “al di sopra delle righe”, della normalità mai schiavi.
TOPRAK  Io non so perché amo così tanto la musica, per me è come una droga.
Ah! Ho trovato la nostra canzone, dice: “non si vive senza l’amore…”
ARIANNA  Perché è la nostra canzone se tu ed io continueremo invece a vivere senza questo amore?
Tu perché ne hai uno lì dove abiti, io perché non ne voglio avere altri con cui potrei abitare più a lungo.
TOPRAK  Ma io ti amo! Lo sai cosa significa questo?! E se anche per te è così ma non lo dici per paura,
non aspettare l’ultimo giorno per farlo, sarà troppo tardi allora. La tua è un’auto limitazione lo sai?
ARIANNA  Sì che lo so. L’hai letto “Novecento” di Baricco? E’ la leggenda di un pianista
che è nato su una nave dalla quale non è mai sceso perché aveva paura
di non essere capace a suonare sulla tastiera infinita che si srotola davanti la nostra vista
ogni giorno: il mondo…”E’ una donna troppo bella. E’ un viaggio troppo lungo…”
perché quello è il pianoforte che suona Dio e a lui sembrava di sedersi su di un seggiolino sbagliato.
Capisci ora il motivo dell’auto limitazione? E’ un sentimento che non so dominare,
e non mi lascio andare perché mi sentirei uno strumento finito in cui soffia una musica troppo bella .
TOPRAK  Sbagli ad avere paura. Ma allora perché hai scelto di raccontare questa avventura
come il vagare di un cane randagio se hai addomesticato il coraggio!
Guarda quel treno, non può proseguire il suo viaggio se sullo stesso binario
corre nel verso contrario un altro treno e la tua volontà d’amare
si scontra con delle regole che ti sei imposta, ma dovrai superare il divario
perché continuiamo ad andare lontano dalla costa.
ARIANNA  La forza che prevale, se vuoi saperlo, è la volontà anche se imbrigliata,
incanalata su questo acquedotto come l’acqua che non c’è più
e ha lasciato a noi il suo posto per arginare l’amore
e ci ha affidato il ruolo delle onde, il gioco del divenire…

ARIANNA  (a mente)E’ la volontà che prevale: il nostro treno corre ora per Firenze…
Guardo dal finestrino il mondo che scorre e muta sempre come l’acqua,
mentre il tuo profilo immobile sullo sfondo che cambia
disegna il filo sottile tra essere e divenire.
Così sottile perché presto ti vedrò scivolare oltre il vetro
e sfuggire rapito dal moto irrequieto.
E ,come il paesaggio rimane indietro al nostro passaggio,
diverrai tu un ricordo sfuocato per la velocità
con cui il tempo ci trascina altrove
sorpassando un giorno anche noi…
Il tempo è una pupilla che, guardando il filare
degli alberi, si muove come i remi di una barca
scansando un oggetto per passare a guardare
quello dopo e ci riduce a due puntini in fondo al viale.
Ferma le pupille! Dormi nell’ignoranza della fine del viaggio! Non sporgerti!
Riposa ancora entro il confine!
Non spezzare la linea d’appartenenza! E infine…
(a Toprak) svegliati che siamo arrivati.
TOPRAK  Come è scuro il cielo…ma non pioverà!

A  FIRENZE

ARIANNA Appena usciti dalla stazione ci rechiamo alla chiesa di S. Maria del Fiore. A poca distanza da essa si trovano le cappelle Medicee, vi entriamo per ammirare le sculture di Michelangelo.

ARIANNA  Guarda il “non finito” nella mano del bambino posata sulla spalla della mamma.
Non significa che non sia stato terminato ma esprime la concezione platonica
del corpo come prigione dell’anima e dell’incapacità della materia
a dare una forma all’infinito.
TOPRAK  Forse è l’orgoglio a farci credere  che non ci sia una fine per ogni cosa.

Usciamo dalle cappelle Medicee e proseguiamo sulla strada che porta alla chiesa di S. Fiore. Alla vista della cupola rimaniamo stupiti e la stanchezza non è uno ostacolo al desiderio di arrivare fin lassù.

TOPRAK  Ce l’hai una sigaretta? E’ terribile questa composizione di case
disposte in fila come i tasti in un pianoforte,
da cui escono note come fiumi di gente in piena che non entra più nelle porte
e anche le vie ha invase…

ARIANNA Le parole stentano a uscir fuori lì sulla cupola, mentre lo sguardo vorrebbe scomporsi per poter tenere uniti i pezzi in un solo momento, come Madame Bovary davanti la finestra vorrebbe accrescere con la vista di altre stanze  la propria inesperta esperienza di essere al mondo… perché così futile è la nostra presenza se alla palestra del vivere andiamo una sola volta!
Ma quando discendiamo in strada le parole prendono il sopravvento su di noi che non possediamo più la mappa della città e non siamo poi così in alto da poter guardare distaccati la costruzione in cui si affollano i nostri sentimenti ma, una volta calati nella realtà, si perde l’obiettività nei meandri dell’inconscio, in quelle vie dove sono appartate le pulsioni rimosse dalla ragione.
Finiamo così tra quei discorsi scomodi, in quelle strade buie mai percorse con lucidità perché la paura di trovarvisi ci prenderebbe d’assalto, l’ubriachezza invece cancella la nostra viltà.

TOPRAK Verrai a trovarmi nel mio paese?
ARIANNA  Non credo riuscirò a vederti con la tua ragazza.
TOPRAK  A me farebbe piacere se invece vi conosceste…
ARIANNA  E in che lingua potremmo mai comprenderci se è proprio il fatto
di non poter comunicare a facilitare le nostre intenzioni
e a mettere un muro tra le emozioni
che altrimenti si sfiderebbero per prevalere?!
TOPRAK  Non è questo il motivo per cui non ci sono problemi,
sappi che lei ha accettato che noi stiamo insieme .
ARIANNA  Come ha potuto se non ci siamo nemmeno mai viste?
In base a cosa mi ha approvato?
TOPRAK  Tu non centri, non c’è bisogno che veda te
perché sa che sono suo.

ARIANNA  (a mente mentre corro)Insensibile! Egoista!
Non penso davvero questo di te ma le tue parole brutali
mi sfiancano mentre corro, come fitte alla milza
stancano la voglia d’amare facendoci rivali.
Scusa, ma se diffido è perché amo anche ora che vorrei tanto odiare!
Oh crudele è la mossa di Qualcuno che mi ha posto come una pedina
nel quadrato più nero della scacchiera perché lontano dal re difeso dalla sua regina.
Non posso fare scacco su di te perché forse così matto per me ,come dici, non sei
e perché qualcuno deve essere mangiato affinché la partita finisca comunque
a tuo favore.

ARIANNA Quando torno la rabbia non si sfoga più contro il vero bersaglio perché ha già esaurito le imprecazioni contro di me nella fuga. Ho bevuto il mio stesso veleno: ho ingoiato la lingua insieme alle parole che dovevo dire e che si legano ora come un nodo in gola, non vogliono uscire e mi soffocano nel silenzio amaro. Il tragitto prosegue muto fino al giardino di Boboli dove le nuvole nervose per il peso da portare lo sciolgono su di noi in lacrime. Ci ripariamo sotto gli alberi.

ARIANNA  Era sbagliata la tua previsione. Non solo piove ma fulmini squarciano il cielo
e colpendo la terra ne aumentano il battito. Così le tue frecce mi abbattono il cuore che non sta al ritmo…
TOPRAK  Adesso mi sorridi e mi parli. Quale pensiero ha abbagliato l’oscurità?
ARIANNA  Il fatto che la tua previsione era sbagliata… quella su di noi!
Non avresti mai sognato un bel viaggio con il temporale:
la mia tristezza non l’avevi considerata.
TOPRAK  Guarda che per me non è questa una semplice imboscata!
Non avrei aspettato cinque mesi che tu decidessi, ti amo!
ARIANNA  Non metto in dubbio i tuoi sentimenti ma sto dando la colpa del dispiacere
all’imprevisto, alla pioggia che non sapevi di portare quando sei venuto in questa città.
Questo mi aiuta a non portarti rancore.
TOPRAK  Se parli d’imprevisto pensa anche alla felicità che saprei fare.
ARIANNA  Purtroppo l’imprevisto di cui parli non ci sarà.
Per colpa del viaggio stesso che ha una stazione d’arrivo e una di partenza.
TOPRAK  E non si può fare del viaggio una vita piena?
ARIANNA  Sì che si potrebbe se non sentiamo di lasciare alle nostre spalle
il dolce peso di una famiglia, che ci ha visto muovere i primi passi
attratti dall’esca della libertà per poi tirarci di nuovo a sé
quando abbiamo abboccato.
TOPRAK  Io mi sono conquistato la libertà. Ora sta a te decidere se andare a caccia
del cibo (la libertà) o se accontentarti della porzione che ti viene data regolarmente,
ma in piccole parti perché il sapore della pienezza non ti faccia  perdere l’orientamento,
consentendoti d’andare dappertutto senza la paura di non sapere come si fa a tornare.
ARIANNA  Mi piacerebbe fosse così semplice ma lo sai benissimo
quanto sia forte l’odore che non ti fa perdere la traccia della casa.
Se anche ti chiedessi di non lasciarmi
un istinto animale ti ricondurrebbe lì dove sei nato.
TOPRAK  Ma perché non mi poni questa domanda?
E’ così mutevole ciò che provi o temi che sia il tempo a sconvolgere gli eventi?
Ma spiegami cos’è il tempo.
ARIANNA  E’ come un tappeto mobile che ti trasporta avanti
variando lo sfondo degli eventi e influenzando anch’essi.
TOPRAK  Sarai tu a dimenticare per prima! Non avanti né indietro
cammina il tempo ma in entrambi i versi nello stesso istante.
Ora ha un piede nel futuro e uno nel passato,
noi siamo in mezzo ai suoi piedi, due intrusi al divenire
e possiamo solo ingrandire l’amore, se è tale,
perché il presente si dilata sempre più e comprende ciò che era e quel che viene
ma non resta tale e quale.
E le forbici della memoria non recidono nessun volto
tra due lame, del futuro e del passato, che non chiudono la possibilità
di rincontrarsi .
ARIANNA  Tagliati fuori dalla fotografia di adesso sono
la cornice del mondo e tutto il resto
che è di troppo alla nostra felicità.
Ma presto saremo noi la cornice a un altro contesto.
TOPRAK  Ma perché poni un margine così netto
Tra passato e presente? Le fotografie
( a quei volti di ragazze) sono pezzi
di un’unica realtà, non distinti…
E tutte hanno la somiglianza di nascere
per lo stesso modo di sentire,
dall’obbiettivo in cui l’occhio cerca di spiare
il loro unico modo di sfuggire
all’eterna fermezza delle mani,
che hanno la destrezza di farle invecchiare
giovani della loro bellezza,
e tenerne solo  il ricordo di quel giorno,
ma non sanno guardarle ogni giorno della vita,
per sempre, sfiorire…
ARIANNA  La somiglianza secondo me è che sono uguali come
i pezzi della linea tratteggiata sulla strada
affinché si possa superare. E la strada è una retta
i cui punti stanno in fila senza che nessuno possa incontrarsi.
TOPRAK  Il percorso in realtà e quello di un cerchio. Tutto torna.
Peccato che tu non riesca a vederla così!(cantando):

“Ti sembrava strano
ti sembrava strano
che io cercassi la felicità
in un bicchiere di vino, con la droga…
Ti sembrava strano
ti sembrava strano
che io sarei potuto tornare
nella città del vino, non per la droga…
ma per te che non mi hai comprato
né vino né sigarette…
per te che non mi hai comprato
nemmeno un po’ di vino, nemmeno una sigaretta…
Ma almeno ora mi dai da bere
la tua tristezza…
ma almeno ora mi dai un bicchiere d’acqua
che mi dona un po’ di pacatezza…”

ARIANNA Il cielo ha finito di versare lacrime riempiendo la nostra bocca di dolore. E l’amore come i raggi del sole riprende
a far vibrare la terra del suo colore più intenso. Taci. Nel bosco la rugiada parla di notti passate in bianco che ci
hanno scolorito per l’attesa il volto. Ascolta. Il cinguettio dei passerotti asciuga l’aria dai singhiozzi della pioggia
con un canto. Odi? L’illusione scivola via dagli occhi come perle indegne sfuggono dal collo delicato dei fiori, partiamo da un incanto troppo bello per appartenere ad esso più a lungo…E, lo sfogliare di una favola breve tra le fronde degli alberi di nascosto, il lieve fruscio dei vestiti sfregati a ridosso dei tronchi, il sentirsi sfinire tra i fianchi stretti insieme da un bisogno sfrenato e poi separati dal sapersi in un sogno, c’illudono ancora.
Prima di prendere il treno per Roma ci fermiamo a bere vino rosso in un locale in cui siamo stati condotti dalla musica jazz che ci ha insegnato la strada. Appesi alla parete stanno quattro orologi che indicano contemporaneamente l’ora in città diverse del mondo. E la fantasia torna a riempire il bicchiere d’allegria e una sana follia ci suggerisce vani progetti…

TOPRAK  Allora per quest’estate è deciso! Se con mia madre andiamo nel sud della Turchia verrai anche tu.
ARIANNA  mmm…Ok! Ma prima dell’estate faremo altri viaggi. Sei d’accordo se andiamo a Praga?
Volevo andarci in gita con la classe ma è stata stabilita la Grecia come meta.
TOPRAK  Sì, anch’io ho sempre voluto vedere Praga. Ma, visto che sarò in Italia ancora per qualche mese,
prima voglio visitare altre città come Perugia, Pisa, Venezia…
ARIANNA  Per me va bene. Ti farò da guida!
TOPRAK  (ridendo) Così di sicuro non potrò più tornare a casa!

ARIANNA Continuiamo a scherzare fino alla stazione. Nel treno dormiamo a turno, sorvegliandoci a vicenda quando uno dei due s’addormenta. Per Frascati, la città del vino, dobbiamo cambiare treno. Siamo arrivati. Come ogni sabato c’è molta gente e raccontiamo a tutti del viaggio come bambini rimasti storditi dopo un giro sulla giostra.

ARIANNA  Cosa vuoi che ti porti dalla Grecia?
TOPRAK  Una bottiglia di Raque fatta con grappa e anice. Mi raccomando, torna presto!

ARIANNA Sull’aereo mi siedo vicino al finestrino. Quando ci stacchiamo da terra, l’aria sembra mancare, ci si sente compressi, è questione di secondi, man mano che ci alziamo lo stomaco è come se , per il sobbalzo,  lo sentissimo in gola, mentre la testa è schiacciata dal cielo che si abbassa. Non è una sensazione di malessere anzi procura piacere sentire accrescere il senso di vuoto, in cui siamo sospesi ogni giorno senza accorgercene, riempito dalla nostra piccola presenza che  noi sentiamo essere così grande perché percepiamo da dentro i suoi sconvolgimenti… Cos’è un aereo visto dalla terra? E la terra vista da un aereo?! E a tali distanze né l’uomo sull’aereo né quello sulla terra sono visibili…Siamo così tanti. Siamo già tanto distanti…

AD  ATENE

ARIANNA Desolazione è l’aggettivo giusto per questa città. Solo l’acropoli testimonia la grandezza passata, per il resto tutto sembra esprimere l’effimera edificazione della vita presente, che non verrà ricordata ma sarà soltanto sostituita dalla foto di un’altra Maria Callas  messa in mostra al sotto passaggio della metropolitana. L’atterraggio, devo dire, è stato meno entusiasmante. A causa dello sciopero indetto dai dirigenti di auto privati siamo costretti a utilizzare i taxi per recarci all’Hotel Riva, non lontano dal centro. Ci sistemiamo nelle camere e dopo possiamo dare inizio all’esplorazione…

CRISTINA  Non mi va di andare a fare shopping, perché invece non raggiungiamo questo parco?
Guarda, non dovrebbe essere tanto lontano da qui.
ARIANNA  Va bene, chiamiamo gli altri.

ARIANNA All’inizio eravamo in tredici poi rimaniamo solo in sei. Il posto che, infatti, era segnato sulla carta geografica come una macchia verde nei dintorni della nostra nuova collocazione, si trova però a un’altezza assai maggiore rispetto  all’albergo e lungo la ripida salita qualcuno si ferma, altri tornano indietro, finché solo sei di noi conquistano la vetta. Paghiamo il biglietto della funicolare per superare anche l’ultima difficoltà e quando usciamo sulla terrazza il fiatone, dovuto alla corsa, aumenta per la soffocante ampiezza d’orizzonte che ci assedia tutt’intorno senza via d’uscita.

Torniamo in albergo con ritardo. Dopo la cena mi metto in linea con l’altra parte per raccontargli la conquista che non sembra così ardua a chi di scalate d’altro genere è un artista! La giornata si conclude con un bell’annebbiamento dei sensi nel fumo di una stanza disfatta dall’alcool.

Il programma prevede per questo giorno uno spostamento in auto di ben quattro ore per arrivare a Delfi, accompagnati da una guida turistica. Al posto della musica quindi s’accorda alla vista “buia” del nostro viaggiar a occhi chiusi una cantilena dallo strano accento che la guida fa per stimolare l’immaginario dei nostri sogni e spiegarci il paesaggio che stiamo dipingendo al suo comando…
Sogno e intanto perdo il comando di qualcun altro…

TOPRAK  Come va? C’è qualche novità?
DENIZ  Se ti interessa sapere cos’ho fatto oggi te ne parlo ma non c’è stato nessun terremoto, non preoccuparti.
TOPRAK  Non m’importa di questo. Cioè… sì, mi interessa sapere come sta il mio paese
ma ho più premura per la salute di chi ospita.
DENIZ  Ti ho già spiegato, quando mi hai chiesto se sarei venuta a stare in Italia,
che non mi sento ospite qui.
TOPRAK  Giusto. Allora…come sta la mia guardia costiera?
Il mio cuore non ha superato la frontiera delle tue mani, vero?
DENIZ  No. Ti sto aspettando per ridarti il sangue
e rifarlo pulsare, lo stesso sangue e la stessa lingua per rifarlo parlare…
TOPRAK  Parla anche ora la tua stessa lingua e
non ha ancora finito di battere da quando ci siamo conosciuti.
Ascolta.  Continui a sentirti sola?
DENIZ  Non posso, qui tutto mi parla di noi.
Oggi con tua madre ti abbiamo apparecchiato
la tavola, mi ha cucinato le cose che preferisci,
e ti abbiamo portato con la bicicletta nei nostri pensieri
di cui ci servivamo come l’aria per continuare a pedalare senza fermarci,
respiriamo solo per pensarti…cioè sempre ti pensiamo!
Ma non sono riuscita a sentirti vicino in riva al mare,
nemico della solitudine.
E non potevamo guardarlo insieme, come facciamo spesso,
senza fiatare, perché mancava la musica che l’onda
sempre nuova inventa per distrarci dal pensare e inseguirla…
Perché è prevalsa la tortura della ragione
al discorso del silenzio ( gli sguardi, i baci…).
Ma quando ci sei, non arriva mai ad annoiare
Il suo concedersi e ritrarsi (dell’onda) sulla riva,come le dita
s’alzano e sforzano sui tasti la fatica, che sembra un gioco,
di fare musica all’amore
senza le parole …
Quando non c’è musica i pensieri disturbano
l’andare a riva senza scopo dell’onda rumorosa
che somiglia al mio rigirarsi invano
tra le lenzuola bianche, non trovando la posa
giusta per improvvisare nella solitudine
un blues sul piano,
nelle stanche pieghe del letto: le piaghe di un’attesa
che l’abitudine non cura.
TOPRAK   Non parlare più. Il mare maledizione è malinconia nera!
Il più vecchio blues, ricordi e ricordi…via!
Rimani più a galla, non disfarti nel sonno
e affida l’ansia alla coperta del giorno, il mare,
sotto cui si calma il bollore del sole al tramonto.
DENIZ    Questo momento è già passato mentre parliamo
ma non il tormento.
Tu come l’hai consumato, quando eri ancor esposto al rischio di venirne bruciato?
Prima di stasera, intendo, cos’hai fatto?
TOPRAK  Oggi mi sono svegliato presto per salutare la ragazza di cui ti ho parlato
che è andata in Grecia , poi sono entrato a scuola e…

ARIANNA …E la mia assenza ha ricreato il vuoto che con me avevi cercato di tappare non facendo più passare spifferi dalla porta su cui stasera sei andato a bussare.

A  DELFI

ARIANNA Percorriamo la via sacra, scoscesa e assolata. Non è rimasto quasi niente che possa far pensare al fatto che si tratti della via che i pellegrini facevano per interrogare la Pizia. Mi figuro le offerte votive come statue, tripodi, oggetti preziosi che dovevano trovarsi sulle sponde di questo “canale” che raccoglieva una fiumana di gente venuta da ogni parte della Grecia per consultare l’oracolo e quando arriviamo al santuario tento di ricostruire la scena di magia e superstizione. Non mi riesce così difficile pensando che ancora oggi l’uomo conserva intatto con i riti della religione quell’alone di arcano mistero che la celebrazione del sacerdote non svela… anche la Pizia  parlava in estasi( solo che c’erano interpreti per l’uditore!). Lasciamo la poco elevata altura per andare a gustare i tipici piatti greci. Scesi in pianura hanno qui luogo le” confessioni” dirette nel tempio su cui è scritto: GNOTI SEAUTON, dopo aver volto la ricerca all’esterno.
“ E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri e trascurano se stessi” . (S. Agostino)

EMANUELE…in realtà tu credi di essere sradicata da ogni cultura e già ti stai rifacendo al modello americano.
ARIANNA  “Dont tell me daughter
dont tell me daughter…”

EMANUELE  Vedi! Anche la canzone l’ha scritta e suonata un gruppo
Perché tu la cantassi, e ti ha indotto a credere
che si possa essere autosufficienti dal proprio tempo,
prima che fossi tu a formulare questo pensiero
credendolo originale.
Pensiamo per esempio a quelle popolazioni
costrette dalla tradizione a sopportare
Torture cinesi senza fiatare…
Non perché siano inferiori ma perché non esiste
nemmeno l’ipotesi, per loro, d’un altro modello culturale
con cui misurare l’impareggiabile “grandezza” di quel canone di bellezza:
piedi in miniatura!
Inoltre non è loro “forma mentis” credere d’esser padroni della propria vita,
perciò  i giovani non sono influenzati, come qui, dalla cultura del “ribelle”.
ARIANNA  Tu credi, com’è opinione comune, che i giovani vogliano trasgredire ad ogni costo.
In realtà è osservare le cose dal di fuori senza prendere posto.
Ci si rende conto di quante convenzioni ha creato l’uomo per accomodare l’esistenza,
e quanti errori hanno causato le crociate degli ideali…
E si avverte la relatività in cui si frantuma ogni coscienza
della  realtà mai completa e oggettiva.
Come ci si può convertire a una religione se  si ha la concezione
che sia essa relativa a un tipo di civiltà e alla sua storia?
Come posso credere se, per farlo, devo rinunciare a sapere se è la verità
ciò a cui ciecamente crederò?
EMANUELE  Finché continuerai a pensare che per credere bisogna sapere
non troverai mai pace. E’ un sentimento talmente irrazionale
che neanch’io capisco come possa nascere da esso
una legge per l’uguaglianza fatta però solo per una minoranza
che ha il privilegio di poterla rispettare!
Legge –NON RUBARE-
Ladrone – forse qualcuno l’ha fatto prima di me
Se non ho il pane e quello ha i diamanti…
Legge – ONORA IL PADRE E LA MADRE-
Bambino- mio padre bastonava mia madre e poi me
Legge –NON COMMETTERE ATTI CHE NON SIANO PURI-
Innamorati- l’amore è l’unica forma di consolazione qui…
Ma la religione è un palliativo fatto dal alcuni uomini per se stessi.
Tu considera  ciò che è comune a tutte: l’al di là e l’amore.

ARIANNA Penso a questo sull’auto di ritorno da Delfi. Ma non riesco a immaginare qualcosa di così diverso dalla vita sulla terra. Come la nostra mente possa essere influenzata! E forse credere essendo ciechi è la cosa più terribile e difficile quando si cerca d’interpretare il comando di dipingere sulla nostra tela vuota d’ogni colore.
Così l’al di là è quel paesaggio che vorremo vedere nella scatola del cervello in cui mancano i colori per dipingerlo e cerchiamo di crearli fuori d’essa con la pazzia, con la droga…
Questa sera si colora la stanza di nero.

NELLA STANZA DI THANATOS

CRISTINA  E’ strano, prima pensavo che la speranza in qualcosa
dopo la morte fosse così insensata!
Mentre adesso che non vive più mia nonna,
la sua presenza nelle piccole cose che le appartenevano
mi convince sempre più che la nostra cecità
non può voler dire tutto, che c’è oltre questo muro,
oltre questa stanza, la sua anima, diciamo così, che ricerca la sostanza
dei nostri ricordi per rimanere in vita e per dare a noi una speranza di vita!
FRANCESCA  Quello che ha colpito me, di fronte il caso di mio fratello
che stava per morire, è stato il pragmatismo delle persone adulte,
dei miei familiari, che si affannavano a preparare una cerimonia dignitosa
e correvano dietro il problema della figura per non smascherare
quello vero, come se ne avessero già calcolato la possibilità…
Mentre noi col nostro farfugliare astratto di un argomento
mai vissuto, divaghiamo con la mente cercando una risposta,
e ne parliamo quasi sempre e scolasticamente,
(come se ognuno avesse appreso quel che pensa – ma da chi?-),
loro sono gli unici pronti a non farsi cogliere impreparati,
come se si trattasse di decidere riguardo il vivere quotidiano.
Io, invece, non riesco ad accettarlo come un evento naturale
come mangiare, bere, dormire…perché mentre la coscienza
in tali atti non pone opposizione, davanti la morte reagisce con ostinazione.
Tu cosa pensi?
ARIANNA  Non mi è mai capitato di perdere una persona a cui tenevo.
E qualche giorno fa, quando siamo usciti dal cinema,
pensavamo a quale sarebbe stata la nostra reazione…

LA STANZA DEL FIGLIO

ARIANNA  (cammino a occhi bassi) E’ molto triste questo film…
TOPRAK  Adesso però siamo di nuovo nella realtà e possiamo goderci la vita!
ARIANNA  Sì, ma quando in un film si parla della morte
non riesco a tornare immediatamente al concreto:
l’immedesimazione in quel contesto prosegue,
tanto che non riesci più a distinguere tra realtà e finzione.
E ti appare finta pure la realtà in cui ci sembra d’esser vivi.
TOPRAK  Hai paura della fine?
ARIANNA  Più che per la fine ho paura del nulla,
dell’avere vissuto in questo mondo come se non ci fossi mai stata.
Come non ho più paura di perderti
quanto del non averti mai avuto!
TOPRAK  Quindi immagino che in questo caso avresti pianto, non è così?
Piangere è un atto di egoismo perché tu non provi dispiacere
per chi non vive più in questo fottutissimo mondo,
ma piangi per te stessa,  perché non potrà più suscitare qualche piacere
la presenza di quella persona nei tuoi giorni.
ARIANNA  Ma, visto che non mi è mai successo di affrontare questa situazione
il dolore che ora immagino mi assalga non è dovuto alla  mancanza
quanto al ragionare sul senso della morte…
che rende insensati tutti i nostri sforzi per la sopravvivenza
se comunque sono volti verso la distruzione.
TOPRAK  Distruzione? Nulla si crea e nulla si distrugge ma tutto si trasforma!
L’energia che è in te non scomparirà ma si ricomporrà
dando luogo ad altre forme di vita.
Hai paura forse di perdere la tua identità,
ma non avviene ogni giorno la tua morte?
Non passa un istante, infatti, in cui tu non sei più identica a te stessa.
Ma, come un’immagine riflessa nell’acqua,
la tua forma priva di contorni s’immerge nella realtà
in cui nuota per non farsi affogare da ciò che è altro,
con cui lotta per non farsi sopraffare e perdere la sua personalità.
Un quadro impressionista può rendere l’idea di quel che ti dico.
Se tu lo osservi da troppo vicino non capisci la rappresentazione.
Allo stesso modo il tessuto di ogni cosa è formato da tratti di pennello
che uniti compongono la visione finale, a noi parsa erroneamente intera.
In realtà, quindi, siamo solo il brandello di una trama infinita
di maglie incrociate l’una all’altra casualmente.
E i legami che determinano irrimediabilmente il verso della cucitura,
sono solo una delle interminabili possibilità con cui scegliamo di giocare,
ponendo delle regole alla convivenza perché una è la mossa da studiare.
La combinazione scelta da luogo anch’essa a imprevisti e non uguale perdura
ma si ricrea ogni giorno, perché possiamo sopportare quella condizione
senza la voglia di cambiare rotta.
ARIANNA  Stai parlando di quella convivenza interrotta
per la morte di un componente della famiglia?
In cui l’imprevisto della morte non ha rotta
del tutto la maglia di quei legami ma ha acuito la lotta quotidiana,
in cui si fa del proprio salvagente la gente amata che non ci può salvare!
Forse quel “buco nell’acqua” doveva unire la mani, rendere più forti tra loro
quelli che non sono affogati ma li ha divisi…
per tornare infine insieme, come dicevi, in riva al periglioso dolore
dell’immersione che ha per troppo tempo lì sotto intrattenuto il respiro,
anche per lo stupore che non si era decisi a provare.
(scena finale del film: davanti al mare
la madre, il padre e la sorella fanno il giro
su se stessi, rilegandosi nel proprio dolore,
in un abbraccio scostante l’amore degli altri).
TOPRAK  Fa che non ti chiuda fuori il mondo l’episodio di questo film,
che l’immersione non duri oltre la fine della vicenda
che stiamo vivendo. Che l’odio non emerga dal fondo
dell’acqua dolce del tuo pianto!
E il girotondo riprenda a farti amare senza dimenticare
che il cerchio si può restringere…senza rimpianto.

ARIANNA Ma prima che ciò avvenga (che tu parta) ci abbracciamo anche se nel tempo che abbiamo a disposizione stiamo un po’ stretti! E fino all’esasperazione paghiamo il prezzo del biglietto per vedere come fare a continuare in mille modi la nostra storia. Dopo il cinema così andiamo nella camera in cui alberghi e la stanza dell’albergo in cui mi trovo adesso si tinge di rosso dal ricordo di quel mare mosso un pomeriggio…  Ma perché la nostra storia deve far chiasso oltre queste pareti e non rimanere nell’oscura intimità di quei segreti racchiusi in alcune espressioni in scovabili dal ricordo! Mi chiedo mentre ritorno con la penna in mano sull’onda di quell’accordo triste suonato un pomeriggio nella sua stanza.

NELLA STANZA DI EROS

TOPRAK  Perché rimani sulla porta?
ARIANNA  Ho scorto degli occhi belli ma irritati per la polvere
che ricopre la loro fotografia d’un tempo,
per un allergia al presente… a me, che rendo il tua sguardo
assente da quella supplica seducente.
TOPRAK  (toglie le fotografie della ragazza) Adesso puoi entrare.
ARIANNA  (a mente)Dove posso entrare?! Nell’angusta stanza predisposta
per farmi spazio, scostando momentaneamente ciò che
normalmente occupa e rende sazio il cuore:
altri occhi sempre svegli per non farti addormentare
senza un bacio condiscendente, d’amore,
che ti ha scoperta la fronte da ogni pensiero che non sia lei!
TOPRAK (mentre balliamo, guardando come mi muovo)
Ma perché tristemente ti adagi e ti sottrai all’avidità di questo momento
a cui non basti mai, scontento di contenerti così poco
mentre sprofondi verso un altro momento futuro,
che ancora non è giunto ma che la tua mente anticipa
prima del tempo: il distacco?!
E questo pensiero fa attrito all’azione,
rende più lento il movimento, con cui scendi a riempire
l’inerzia del pomeriggio che, senza te, m’avrebbe svuotato d’ogni intenzione;
con cui fai agitare, dal sonnolento torpore
del dopo pranzo, la pigrizia nel letto che scricchiola,
che diventa ora astuzia per non farti scivolare via
da questo fluttuare indeciso.
E, mentre allento la stretta, l’accetta dell’orologio taglia
il giorno in ore, le ore in minuti così infinitamente brevi
per tentare d’andare fino in fondo e spezzare quei rami secchi:
le braccia e il viso ritorti all’interno di sé, in solitudine;
i momenti morti non dati all’amore;
quei pensieri contorti,( a causa degli specchi che ai tuoi occhi
hanno distorti falsamente gli aspetti della tua bellezza,
facendoti piena d’insicurezza e inquietudine)
che contaminano la felicità…
ARIANNA  Il momento in cui ti guardo adesso non è il futuro.
Nessuna lente d’ingrandimento analizza così da vicino l’avvenire.
Ma sento che anche ora sei distante, perché è vero…
sono poco convinta d’essere così affascinante da poterti impedire
di lasciarmi, attratto da altri occhi.
TOPRAK  Sei gelosa?
ARIANNA  Sono invidiosa.
TOPRAK  Ma per me non sei da meno!
ARIANNA  Sì invece, perché il tempo e anche lei ci limitano.
TOPRAK  Ma dov’è lei? Di chi stai parlando?
ARIANNA Tu hai nascosto le prove compromettenti,
che mettono a rischio la tua innocenza
nel delitto d’una persona
che c’è e si deve considerare.
TOPRAK  Cosa credi che non lo faccia? E poi non ti nascondo niente.
Puoi trovare benissimo senza neanche cercare!
(esce dalla stanza)

ARIANNA Mi guardo intorno e intravedo senza spostare niente delle fotografie, dei dipinti e una lunga lettera. Non posso capire cosa dice ma una frase in inglese mi fa tremare… non per qualcosa che si teme, non per la suggestione che di notte ci fa sembrare reali i passi di ladri o assassini, ma perché ho scoperto davvero il corpo dell’assassinio avvenuto nella stanza! E il brivido non esprime più una paura infondata ma imprime nel mio corpo l’incertezza ora  confermata, che non sono le fotografie nascoste la prova del reato commesso ma son io quella di troppo da eliminare! “Hey girls! Please don’t fall in love whit me! Because i belong to my girl e my girl belong to me.” Rosso, rosso sul soffitto, rosso a terra, rosso, scorre il sangue nelle vene a più non posso, fuoriesce, rosso, dall’immaginazione e macchia di rosso i letti, l’armadio, rosso, e i volti delle persone con cui parlo di morte e del, rosso, letto funebre in cui uccisa d’amore ho mosso la lingua, rosso, al desiderio di un bacio che fosse l’ultimo, rosso, inganno su cui dormire adesso senza più risvegliarmi per scoprire, rosso, che era finto il sogno dell’amore. Con il rimbombo del tuono rosso negli occhi, il ricordo che ha percosso le pareti del presente, mi addormento.

IN GRECIA

Prima di svegliarci tre volte suona la sveglia per richiamarci fuori la soglia in cui si è scoperto lo scenario agli  attori timidi di giorno, i nostri fantasmi. Scendiamo per ripartire sempre verso un mondo sconosciuto ma vero. Sull’auto corriamo per le strade che salgono tutt’intorno i pendii. Il contrasto è splendido! Rocciose e verdi montagne, corsi d’acqua  tortuosi e irregolari, affondano direttamente nel mare calmo e profondo. Il paesaggio, al ritmo del bouzouki, si fonde e sembrano nascere dall’acqua quei monti, come un corpo inerme che emerso dal mare si affossa sulla spiaggia. I torrenti sono le vene che infine portano alla deriva l’inarrestabile voglia di viaggiare.

A CORINTO, MICENE E EPIDAURO

ARIANNA Facciamo una breve sosta a Corinto per guardare il canale, grande opera d’ingegneria. Sul ponte non hai la sensazione, come l’avresti sulle navi che passano nel canale, d’essere schiacciato, ma ti senti grande delle “Magnifiche sorti e progressive” dell’umanità. Tutto dipende da che punto di vista si vuol criticare il nostro naufragar! Risaliamo sull’auto e il tragitto prosegue verso Micene.

Giunti sul luogo dove un tempo sorgeva la cittadella circondata da mura, vi entriamo attraverso il monumentale ingresso della Porta dei Leoni. La guida di nuovo offre la materia alla nostra immaginazione per ricostruire la vita…cioè i riti della morte di questa civiltà. Infatti sono state qui ritrovate delle tombe che, ci spiega, erano vere e proprie stanze con ricchi corredi di oggetti preziosi che appartenevano al defunto. Ma la storia che di più mi fa perdere la cognizione reale, per inseguire le tracce dissolte del passato, è la guerra che ci fu tra questo popolo degli Achei e i Troiani, sulle sponde della Turchia. La causa leggendaria che si attribuisce al conflitto è il rapimento di una donna per amore. Ed ecco che sulle rovine della città antica ritorna in me rinnovata l’ira( anche se il “ladro” sarei io),che spinse il re di Micene a colonizzare la terra che vorrei essere per ampliare  la mia conquista, d’amore, e fare un impero in cui tutto possa soggiacere alla volontà della mia passione vorace, al desiderio di potere feroce contro forze estranee che potrò dominare, così che non saranno più una minaccia dopo la sconfitta e il patto di pace…Ma per la pace di chi? E la scena del distacco tra Ettore e Andromaca e del pianto di lei mi fa ricredere che non esiste una guerra giusta.

DENIZ   Aiutami a scacciare il dubbio che tu non possa più tornare!
TOPRAK    Quel che mi dispiace di più è non poter promettere di difenderti più a lungo della mia vita…
Qualsiasi cosa accadrà: se il nemico invaderà il tuo campo di battaglia,
per rapirmi dopo che mi ha trafitto con l’arma che non conosce scudo né armatura
capace di resistere all’attacco…ricordati che per me non morirai mai.
DENIZ   Ma io non sarò in grado di reggere il colpo.
E ti aspetterò di notte filando la tristezza dagli occhi,
per poi nascondere con l’apparire della luce, disfacendo,
quell’interminabile lavoro di strappar lacrime
al pozzo della notte per cucirle sul volto che non ha più secchi da darmi
per bagnare una terribile attesa di pianto.
TOPRAK   Non allungare la speranza nello spazio breve della mia assenza.
Tornerò (oppure no, a mente).
Mi libererò di chi vorrebbe separarci,
ma dovrò versare il suo sangue che sgorgherà anche per mano propria,
pur di non sopportare l’umiliazione di vedermi tornare da te.
Ma se così non fosse che io possa diventare sordo
per non sentire la tua disperazione
e i maligni giudizi in mio ricordo.
DENIZ   E se vincerai invece, ferma l’azione d’annientamento
che il nemico ha per sé riservato.
Che venga pure nella Turchia come un amico
per averti risparmiato.

ARIANNA Usciamo dalle mura ciclopiche per recarci ad Epidauro. Prima visitiamo la tholos più antica: il cosiddetto tesoro di Atreo. Il “tesoro” di Epidauro è invece un teatro magnifico. La gente si esibisce per farci sentire l’effetto d’incredibile risonanza. Si può ascoltare anche il suono del cadere di una moneta dal gradino più alto della cavea! Rabbrividisco al pensiero che il posto dove mi siedo e dove cammino è stato lo stesso su cui è trascorsa una folla  di spettatori da un tempo inconcepibilmente lontano, e da cui si vedono avvicendarsi sulla scena millenarie rappresentazioni, attraverso attori (sempre nuovi) che si agitano per legare il proprio nome all’età eterna della commedia. Al centro della platea è disegnato un triangolo, il punto esatto da cui meglio la tua voce può diffondersi. Vi entro e immagino d’essere circoscritta per un tempo interminabile nella mia commedia  i cui lati che si uniscono in tre punti, formano gli spigolosi scontri amorosi che mi danno tanta forza per far risuonare il più lontano possibile una storia pungente.

E’ l’ultima sera e invece di rimanere nelle stanze andiamo al centro di Atene. Non è molto tardi eppure è quasi tutto avvolto nella notte. Ci fermiamo a bere un bicchiere di oyzo in un bar e torniamo in albergo.
La mattina dopo in pochi andiamo a visitare il museo prima di partire. Poi finalmente prendiamo l’aereo…
E sento che il vuoto d’aria al momento del decollo verrà presto riempito quando, con le braccia al collo, mi sorreggerai nel tuo cielo che non riuscirò ad abbracciare del tutto…e mi soffocherai di respiri senza una pausa, per quanto lontano è l’orizzonte, per quanto vasto è l’azzurro.

TOPRAK  Mi sei mancata tantissimo.
ARIANNA  Finalmente adesso non ci sono più vuoti d’aria e
possiamo dimenticare d’avere il fiato del tempo sul collo!
Quando siamo lontani invece lo sentiamo minaccioso passare,
e ci fa male non poterlo riempire insieme, ci sembra sprecato.

ARIANNA I giorni sono così brevi quando viaggiamo insieme! Mentre nascono mille perplessità se non siamo in due a passarci sopra subito per l’urgenza di guarire tutto con la pace dell’amore, con un bacio dolce amaro e un po’ traditore. Così ci travolgono loro, i problemi irrispettosi verso la serenità del nostro cielo…

TOPRAK   Ieri ho parlato con la mia ragazza…della Turchia intendo.
ARIANNA  Di cosa avete parlato, se posso saperlo?
TOPRAK  Sì che puoi! D’altronde abbiamo parlato di te.
ARIANNA  Mi manda qualche messaggio?
TOPRAK  Ti dice di stare tranquilla e non ti devi preoccupare se vuoi venire in Turchia.
ARIANNA  Ringraziala da parte mia per il consiglio e tante grazie anche a te!
Sai… in effetti sono solo problemi inesistenti che mi creo da sola, non volete forse dir questo?
Stare tranquilla!? Oh, ma che può sembrare visto da un’altra riva
il tumultuoso amare al largo della terra che non si arriva mai
a baciare come una conquista definitiva, se la guerra ha già deciso
che sarò io a pagare il prezzo d’un bottino così prezioso!
Fosse stato chi per primo lo possedeva ad essere sconfitto,
avendo l’amore trafitto il cuore della persona rapita,
non ci sarebbe stato né un riscatto da pagare,
né il ricatto d’una guerra di Troia da scontare.
TOPRAK  Ma di quale riscatto parli?…ti trovi in un paradosso,
perché da una parte dici che finirà ma poi ti contraddici.
Ma lasciamoci vivere dall’onda del blues che improvvisiamo
non pensando a come se ne andrà perché non potremo ripeterlo ancora.
Oscillando tra sprazzi d’incontenibile allegria e precipitosa malinconia,
i vertici d’un ritmo blues da pazzi!
ARIANNA  Non sono contrastanti i miei sentimenti, ma il conflitto
c’è tra i venti (che dividono due amanti all’aeroporto, e sbattono i battenti
sui giorni bui senza più trasporto) e il pelo dell’acqua, l’amore, dritto
per il brivido freddo di non poter proseguire con un andamento naturale,
perché l’onda non si smorza sulla spiaggia con un lieve atterraggio
ma bruscamente schianta sullo scoglio le ali del folle viaggio.
Perciò non conosco tranquillità mentre rimaniamo sospesi
su questi ripidi e scoscesi sbalzi d’umore.
TOPRAK   Ma come puoi prevedere che l’onda s’infrangerà
e che non accada invece che si quieti
prima d’incontrare l’ostacolo che non la fa andare oltre
la necessità d’amare!

ARIANNA  …

Sempre sento un amore eterno ed eterno è
l’istante in cui sento d’amare Sempre

ARIANNA Dopo le incomprensioni che rallentano la corsa, tornano a volare i momenti che mostrano i denti per la fame che hanno, e abbiamo, di noi. Come in quel giorno trascorso a casa di amici al mare.

A  LAVINIO

ARIANNA Partiamo la sera tardi. Quando arriviamo si comincia subito a consumare, come facessimo a gara, tutto quello che abbiamo tra scatolame e alcolici. Dopo che ci siamo scaldati andiamo in spiaggia. Ci addormentiamo soli in una cabina alla luce fioca della candela, che riproduce sul muro le ombre scosse, dal vento freddo che anima la fiamma dell’amore per scaldarci e ha mosse anche l’onde del mare per risucchiarci nella cantilena di quest’andamento. Ma non si schianta bruscamente ora l’onda. E s’incaglia nello spazio tra uno scoglio e l’altro e non riesce a liberarsi e si culla ma senza agitarsi, quando tra le venature delle rocce s’impiglia. Così noi. Senza annaspare nuotiamo nel mare d’amore, risalendo e discendendo dolcemente tra le oscure e fredde sinuosità di una notte sulla spiaggia: quelle morbide scogliere della sabbia in cui ci culliamo e ci culliamo e ci culliamo…fino a prender sonno.

Ci svegliamo infreddoliti e corriamo a un riparo più sicuro. Il sole è già alto quando riapriamo gli occhi. Usciamo di soppiatto per non svegliare gli altri e ce ne andiamo a far colazione in pizzeria. Al loro arrivo poi, giochiamo a pallone sulla spiaggia. La partita ha aperto tra noi la rivalsa, ha spartita la forza dell’unione in due campi diversi.
La palla s’alza e cadendo giù rimbalza… come il pezzo d’impossibile ricambio, il cuore( motore dello scambio di palla tra i giocatori dell’amore) viene calciato tanto in alto per poi essere gettato nella rete. Qui davanti ci sono io: il portiere che tiene a freno i goal. Perché ogni tua vittoria diminuisce per me la possibilità della gloria (visto che siamo in squadre opposte) o, se siamo pari, mi fa temere di non poter spingere fuori tempo, nei supplementari, la felicità. Non so se sbaglio a frenare i tuoi tiri, ma giocare ora affiatati mi farebbe provare un emozione così forte che il non poterla sperimentare ancora mi sfiaterebbe più del rimpianto. Perché d’una cosa  sconosciuta il dolore è finto e possiamo solo immaginare come sarebbe stata, mentre reale è l’insoddisfazione per ciò che non si è finito di vivere, al ricordo che è stata solo un’eccezione.

Dopo pranzo andiamo via quasi tutti sazi… Ma un fallo successivamente, oltre la riga del portiere, ha  fatto segnare un rigore e ha messo in ballo la mia forza di difensore…

A  FRASCATI.

TOPRAK  Finché non mi sveglierò da questo sogno, finché riuscirò a mantenere l’equilibrio “etilico”,
in bilico come ubriaco sul filo che separa due realtà diverse…
chiedimi di rimanere!  Il tempo, come l’abbiamo definito, non può separarci.
Cos’altro ancora c’impedisce di correre insieme?
ARIANNA  Niente se non la paura.
TOPRAK  Credi forse che per me sia meno difficile proporti
una vita insieme?
Oh! L’insicurezza è dovuta alla mancata fiducia
nel sentimento, che nasce da ubriachezza.
Se penserai alla risposta certo che non potrai darla,
perché non farà che sfuggirti.
Senti e non pensare controvento.
Ma se programmi il tuo destino, riparandoti dalla brezza
incostante della passione, se stabilirai una meta da inseguire,
al ritmo martellante d’una marcia, entro le file della società
che ha posto delle regole per vivere in riga, secondo ragione,
in realtà avrai fatto il tunnel alla tua vita!
E per la luce in fondo, come per la sudata moneta a fine lavoro,
verrai stregata dalla fatica che ti farà sembrare oro ciò che non è…
Così che non vedrai passare la bellezza che ti circonda.
La vita è tutta lì…è tutta qui!
ARIANNA  E…se fosse solo un capriccio d’amore ancora bambino?
Se poi cambieremo o se invece ci stuferemo?
E queste promesse fossero solo una sfida al destino…
Non ho visto abbastanza per regalare i miei occhi
al primo bel paesaggio che mi passa di lato,
ma la curiosità d’andare oltre il miraggio
per accorgermi se è vero o sogno incantato,
mi fa fuggire la tentazione di cogliere l’immediato splendore
per un altro migliore o soltanto diverso.
Quando ti accorgi che stai guardando sempre
dallo stesso istante il mondo, scappa
dalla luce che ti mangia gli occhi;
nell’istante in cui vedi aprirsi un cammino, parti via,
lontano ogni strada già segnata, indovino di te stesso
senza però immaginare la vita fuori l’adesso.
TOPRAK  Tu con me forse non riesci a provare l’amore…
Quello che ha l’avvenire in se stesso
e vanifica i giorni importanti segnati sul calendario,
perché non c’è più misura al tempo, né serve un diario
in cui raccontare gli eventi, perché non si fa a tempo
a dire quale è venuto prima dell’altro.
Eppure a me sembra che viviamo questo:
siamo riusciti a superare la velocità con cui scivolano gli attimi…
così che abbiamo la sensazione di vivere
di più di quanto in realtà facciamo.
E come le pietre su cui scorre l’acqua si consumano dopo millenni
così i discorsi sono quell’onde che inseguono la nostra identità
e la cambiano costantemente, ci corrodono e deformano,
tanto velocemente da farci sentire il passare del tempo
come un ammasso di pietre, immobile
rispetto alla rapidità con cui cresciamo.
ARIANNA  E’ proprio per questo che non mi sento di fare promesse!
Non siamo pezzi di un puzzle con una forma precisa
(come ci vuol far credere la favola di Aristofane)
ma ci modelliamo l’un l’altro per arrivare a combaciare, crescendo.
L’amore non è unico, ma è la vita che ce lo fa credere.
La vita che è una sola ci lega ostinatamente
al niente che facciamo diventare qualcosa,
che in una forma a noi piacevole plasmiamo
per poter dire: “E’ lei!” o “E’ lui!”.
In realtà non siamo stati preparati per la “soluzione”
ma siamo diventati così inseparabili!
Se non fosse per il viaggio che termina forse potremo esserlo ancora.
TOPRAK  Quale termine? Che separazione?
Pensi che smetterò d’amarti quando camminerò in luoghi
dove il tuo leggiadro passaggio non ha lasciato
traccia di te in qualche paraggio?
Pensi che ti dimenticherò
perché niente lì è stato la cornice a questa storia?
L’unico ladro che potrà separare
al mio fiato il tuo nome,
alla mia vista il tuo lume,
al sudore delle mani lo stupore,
che nasce ad ogni tua invocazione,
(perché tu, o mia musa, hai sbigottita la lingua
e le dita fatte tremanti per trattenere l’ispirazione
fuggita già a rozzi tentativi di rendere costanti
i tuoi lineamenti in versi…)
è la morte!
ARIANNA Oh mio Cyrano non mio! Quanto poco tempo
sarebbe bastato perché la tua vita,
quella che sempre speravi, diventasse vita!
Che il mondo, quello che sempre fu a te nemico,
diventasse anche il tuo mondo, in cui finalmente
avresti trovato una ragione vera per combattere
non a caso; in difesa dell’amore
e non più per l’offesa del tuo naso!
Quanto poco bastava che l’amore diventasse amore!
E invece la morte ha richiuso le parole
sulle labbra aperte al desiderio rimasto tale
d’un bacio, sulla carta unicamente provato.
Troppo tardi sono state scoperte le forme d’uno spauracchio
dietro le orme delicate lasciate dal tuo pennacchio imbevuto d’amore.
Troppo tardi hai liberato l’anima che ha catturato la sua libertà
nel momento in cui l’ha persa…
Cyrano vorrei poterti scoprire prima possibile,
per non tradire la tua domanda e volgere la risposta
a quello sbagliato o perché non sia troppo tardi per fuggire insieme.

ARIANNA L’ipocrisia dei sempre e dei mai c’illudono che non è tutto qua, che la felicità ci fa solo il solletico e perché si possa veramente morire dal ridere dovremo prenderci una vita intera come gioco…Così mi fai simili domande e promesse eterne d’un viaggio a sola andata. Ma una data è già fissata. E,  finita la sbornia, non pensiamo più alla possibilità del rimanere in Italia… ma inseguendo il fumo della narguilè che sale riflettiamo su come possiamo volare su quei giorni che ci separeranno per rincontrarsi.

TOPRAK  Pattiniamo insieme anche domani?
ARIANNA  Ma non ricordi? Domani dobbiamo partire.
TOPRAK  Già! Hai trovato la risposta su ciò di cui abbiamo parlato?
ARIANNA  Che tu rimanga, lo sai, non è possibile.
Però oggi ho avvertito una sensazione strana,
e ho capito una cosa.
TOPRAK  Che cosa? Dimmi presto!
ARIANNA  Ho sentito una forza incredibile
quando stavamo in pista,
che mi spingeva avanti
senza la paura di cadere,
è come quando devi suonare davanti
a tanta gente e ti si appanna la vista
ma da ciò che non hai mai sentito raccogli una musica
che a raccontarla non si resiste, prendi coraggio
e dal silenzio di quelle vite ignote allora
cominci a immaginare e suonare diventa più facile
e sfogli lo spartito pieno delle note
che ognuno di noi rappresenta:
agili e gravi, squillanti e riservate, tristi e allegre.
Quella forza incredibile era l’amore, quello che non stanca mai.
Se tu andrai via io non mi stancherò di aspettarti.
TOPRAK  Mi sembra di intuire qualcosa di diverso
rispetto a ciò che pensavi di recente.
ARIANNA…quando non si fa che specchiarsi in un’altra persona,
rimirarsi e compiacersi, a un certo punto
si torna a pensare che manca qualcosa,
e non troviamo più nessuno spunto
per ricreare la novità,
e siamo stanchi d’andare avanti
anche se in realtà non ci siamo mai mossi.
La scoperta di un altro paesaggio non ci incuriosisce
se abbiamo fatto il viaggio solo per soddisfarci!
Se invece si guarda nella stessa direzione
si apriranno sempre nuovi orizzonti.
TOPRAK  Quale vedi adesso che dovremo attraversare?
Sappiamo quali sono le ali da mettere ai piedi:
la passione per la musica, per il pattinaggio…
ma dove possiamo andare? Come ci rincontreremo?

ARIANNA Minacciosi di nuovo rinascono i dubbi sulla possibilità di un futuro in comune. Quanto poco è durata l’illusione che davvero si potesse prevedere una salvezza dietro la fine. E quanto è più osceno scoprire che inventavamo un contenuto privo di nitidezza, nel fumo di parole vuote.
La notte è discesa ma non è riuscita a occultare, con i sogni, l’orrido volto della verità: la luce che rischiara d’un livido biancore il volto della  mia ingenuità. Così mi sveglio in piena notte senza ancora aver mandato giù il vino bevuto, l’illusione sconcertante. Come un’onda, s’impenna prima la ragione oltre i limiti della credibilità, ma poi si richiude e ricade su di me, a pugno stretto schiaffeggia  il mare per la rabbia di dover tornare nella normalità, di ricostituire la calma dell’acqua, senza mantenersi ancora in alto, su quelle impensabili promesse eterne di…di…Così stupidamente c’ho creduto! Pensando di non essere più io il rapitore credevo ti fossi abituato talmente alla prigionia da non conoscere più il significato di libertà.
La maschera che il giorno mette, il buio, ( per alternare all’agonia la tranquillità, al calore cocente la luminosità fredda della luna, falciatrice di pensieri che si protendono al cielo) ormai è tolta. L’agonia non conosce più né giorno né notte ma è interminabile…e mi sveglia nell’assenza dell’illusione.
Intanto bevo dagli occhi il  nero bicchiere di una notte al caffè,  l’insonnia non crea nessuna visione ma mi riempie di terrore. Non c’è neanche bisogno di svegliarmi presto per partire…

Partiamo lasciando indietro la paura del non ritorno. Lasciando nella città del vino i progetti. Non parliamo più per trovare il modo affinché il giorno scelto in cui avventurarci si ripeta  ma ci limitiamo a decidere l’orario, la data e il posto destinatario in cui ci invieremo oggi senza cercare qualche risposta, come un foglio bianco su cui lavori l’imprevisto! Nel treno un rumeno comincia a parlare di sé e poi quando il discorso verte sui calciatori rumeni che giocano in Turchia comincio a straniarmi…non voglio capire, mi ostino a non sentire niente che riguardi il posto da cui mi scriverai allora non più lasciando in balia del caso il formarsi del contenuto, da cui aspetterai di ricevere notizie sul tuo schermo già programmato a questo tipo di gioco.

A  PERUGIA

ARIANNA Siamo a Perugia, o meglio, siamo alla stazione. Per arrivare al centro storico percorriamo a piedi una salita. Alla fine della strada ci troviamo davanti a una delle entrate della città circondata da mura. Ora le strade si fanno più strette, diventano vicoli e poi scale. Tratteniamo il respiro come per una sorpresa che il viaggio in sé sempre riserva. E finalmente una chiesa esaudisce l’attesa.

TOPRAK  Entriamo? Come è buio qui. Meno male che ho portato il tre piedi
così posso fotografare anche con questa luce.
ARIANNA  Sembri proprio un documentarista!
Ma cosa ritrarresti? Che cosa vedi?

ARIANNA E’ una chiesa molto antica e la stanchezza per aver resistito così a lungo trasuda anche dalle crepe nelle pareti, e viene trasmessa a noi: comincia già a incresparsi la freschezza del giorno appena iniziato perché non ha dormito, come il foglio non ancora scritto sta per essere stracciato perché si è iniziato male. Ho parlato troppo in fretta, non conoscendo il mestiere. Non si può giudicare da un punto di vista in cui non sei entrato, da cui non ti sei ancora abituato a guardare. Ed io sono uscita prima di averti visitato abbastanza bene… Proseguiamo lungo la strada che porta alla piazza principale. Il palazzo e la chiesa sono coperti da impalcature così che possiamo ammirare qualcosa solo quando vi entriamo.

ARIANNA  La “Deposizione” è un quadro che amo…
TOPRAK  Bhè almeno il tema cambia un po’! Anche se non più di tanto.
Sai una cosa? Mi sembra che in Italia si dia così poco spazio all’arte contemporanea?
Chi sono gli artisti italiani in questo momento? Non si conoscono ma non si dà loro
neanche tante opportunità per emergere, mi pare.
ARIANNA  Sono d’accordo. Si pensa tanto a scavare nel passato
che non ci si preoccupa di portare alla luce di un futuro il presente.
Ma come ci si ricorderà del nostro tempo mi chiedo!

ARIANNA Ma più che del tempo in cui si espande la storia pensiamo a cosa ci succederà alla fine, quando la nostra storia, il nostro piccolo universo si comprimerà nello spazio, e non potremo viaggiare avanti aggiungendo un nuovo “reperto fotografico” all’album, ma dovremo guardarlo all’indietro se non vorremo sentirci distanti. Intanto ne scatti un’altra: nel collegio del cambio, a palazzo dei priori, c’è una scala a chiocciola; mi metto in piedi dentro il “vortice” di eventi che soffierà tutti quei ricordi nel nulla, col viso affacciato tra uno scalino e l’altro della maledetta progressione.
La prossima tappa sarà al museo dell’accademia di belle arti. Ma…che peccato! E’ chiuso. L’imprevedibilità a volte gioca brutti scherzi! Il terremoto non si può prevedere dal sismogramma del cuore, rilevatore istantaneo dell’ondata improvvisa di disastri. Così quella scossa che ci fu qualche tempo fa prolunga i suoi effetti fin qua.
Nervosi infatti e offesi a vicenda continuiamo a camminare divisi dalle crepe del cuore, rimaniamo in parti opposte della terra spaccata in due, perché ci si possa difendere meglio con reciproche accuse mantenendo una certa distanza, evitando la comprensione. Ma difendersi da chi? Difendere che cosa?

ARIANNA  Dimmi un motivo per cui torneresti nel tuo paese.
TOPRAK  La mia lingua.
ARIANNA  Tutto pensavo tranne che questo.
TOPRAK  E per cosa pensavi che potessi tremare dalla nostalgia
più che per il mio stesso strumento che serve per comunicare?
Chi o che cosa mi scuotesse più del pensiero
da voler esprimere con giuste parole?
Perché non c’è veliero più grande di quello
che può trasportare le tue idee nel mondo per cui non sei un disperso.
Quello in cui si è compresi perché si parla la stessa lingua.
ARIANNA  E’ vero. Ho sbagliato di nuovo a pensare che potesse
esistere un destriero così veloce da farti disertare la rotta,
da lasciar interrotta ogni via di comunicazione
abbastanza stanco per la fatica della comprensione
tra noi, mal riuscita con le parole,… l’amore per lei.

Ma infine cosa importa! Ci avventiamo su frasi
Che non hanno nemmeno le basi, il fondamento,
nel cuore di chi l’ha dette, in quel momento,
e ci tormentiamo per quelle sillabe unite insieme
senza pensare, perché la cosa a cui teniamo di più è difenderci
agli occhi di noi stessi e a quelli degli altri!
Così innalziamo castelli all’aria di ragionamenti
per imprigionare in essi le parole che tanto ci hanno ferito
e per porre sempre alibi o giustificazioni ai nostri comportamenti.
Basta! Non voglio più trasferire nel mio mondo, nel modo da me preferito
per sentirmi al sicuro, ciò che non mi hai detto,
le illusioni che non mi hai mai dato e che ho creato
per vivere in una favola, in un castello eretto da sogni.
Distruggerò la mia visione soggettiva!
Non ti farò sentire più un disperso, o colpevole d’un reato
che in realtà ho commesso io credendo appartenessi a quel che vedevo…
facendoti cosa viva.
Spero non sia troppo tardi per dirti che volevo
amarti senza fraintendimento. Che avrei voluto sfiorare
le corde per dar voce a un solo patimento…
il rimorso per quel che si è detto di troppo
senza il rimpianto per non aver osato oltrepassare
la distanza che il terremoto ha creato,( il fossato del castello
in cui teniamo solo ciò che di bello ci dicono)
rifiutando le verità difficili da accettare…

ARIANNA La verità è che non sono stata abbastanza coraggiosa da nasconderti del tutto nella mia isola…non ti ho offerto il dono immortale che ti facesse volentieri rinunciare al ritorno in patria, una promessa eterna. Calypso fu odiata dagli dei a tal punto che  rincontrò il suo amore quando era troppo tardi! Così anche tu, quando ti chiesi se verrai ancora, morto mi dicesti d’immaginarti. Il futuro è inconoscibile. Ma se anche non ti dissi a voce di rimanere, con un canto ammaliante di sirena da lontano ti chiamerò ancora mentre sarai legato alla nave su cui passi senza approdare troppo a lungo in un posto: “Frena! Perché qualcuno qui ti saprà insegnare…per amore del sapere e per sapere dell’amore, fermati!” è la musica che cerca di far schiantare la nave sugli scogli (scambiati per sirene) per arrivare senza partire più…
E visto che le verità sul nostro conto ci separano, giochiamo a nasconderci agli occhi di noi stessi quando ci troviamo sulla Rocca Paolina, nel labirinto dove la luce, così fioca, passa per l’asola del vestito scoperto sbadatamente dall’oscurità, un mistero aperto leggermente negli angoli delle infinite possibilità di scelta, di scoperta…annullate per paura di guardare fuori quel che ci piace (di noi). Così divento la tua modella per saziare quanto basta la vista. Truccata bellezza! Nudità intravista come tante braccia e gambe su una rivista. Senza il gioco d’ombra che crea la realtà: un difetto da amare, un effetto un po’ particolare.

Mettersi in discussione a volte è umiliante…così, anche nel viaggio di ritorno, l’orgoglio ferito assale la voglia di curare quegli strappi al vestito, da cui ci vergogniamo di guardare noi stessi quali siamo. E mentre il treno ci riporta indietro esprimi il desiderio bizzarro di finire dietro, nell’ultimo vagone dell’evoluzione.

TOPRAK  Perché continuare a viaggiare?
E perché in avanti invece di restare allo stato iniziale?
Sempre questa inutile voglia di conoscere…
ARIANNA  Che discorsi vai facendo!
TOPRAK  Si può vivere benissimo come un animale.
Se solo potessi ricominciare da capo…dal primo anello dell’evoluzione,
dalla prima prova che ci è stata data nel ciclo della reincarnazione.
Ma non è possibile. Dobbiamo portarci appresso
le esperienze fatte in questa e in altre vite.
ARIANNA  Se fosse così nasceremo già imparati! No, non può essere.
TOPRAK  Ma esiste almeno una cosa che è plausibile per te? In che cosa credi?

ARIANNA “In che cosa credi?”. Un brivido cocente m’infiamma gli arti, un agghiacciante bagliore ingessa le articolazioni. Come se un sole glaciale mi avesse d’un tratto bruciata. Distante ma potente. Come la luce artificiale di un’insegna a neon. Inganno. Magnitudine apparente. Il tuo sguardo mi ha fulminata all’istante con quella domanda. Silenzio. “In che cosa credi?” Angoscia. Non di cascare nelle crepe di una visione che prima era integra e ora rotta, non di perdermi nelle oscurità non considerate di una certezza…Angoscia. “In che cosa credi?”. Silenzio. Perché si è rimasti sospesi nel vuoto. Nemmeno possiamo crollare in piedi. “Morire per delle idee, l’idea è affascinante, ma per quali” dice De Andrè in una canzone. Morire con idee sbagliate o superate o più o meno giuste ma morire per delle idee. Ma per quali? Silenzio. Questa volta non il mio. E’ il silenzio di quel che si è detto ma che non è detto. Angoscia.
Stanchissimi torniamo a casa tardi. Dopo quattr’ore di viaggio, perché abbiamo dovuto prendere la coincidenza con tre treni. Questa volta la mente non si ostina a bere la notte a piccoli sorsi, per dare spazio a quei discorsi senz’alba e mi addormento immediatamente.

ARIANNA  Un’altra volta parti! Prima per Napoli, poi per Venezia e adesso per Altamura
dove si terrà la rappresentazione teatrale della compagnia in cui reciti.
A proposito mi fai leggere cosa mi hai scritto quando eri via?

A  NAPOLI

TOPRAK Non mi piace descrivere quello che vedo perciò ti dirò solo che ruolo devo interpretare qui. Sono ospite di una famiglia di cattolici devotissimi. E’ molto diversa dalla famiglia che ho a Roma: ho due sorelle, invece di due fratelli, una madre e un padre religiosi, anziché occupati a discutere di politica. Qui la maggior parte è per Berlusconi e ciò è molto strano…anche i giovani.Quasi tutti poi hanno un motorino e la sera si va a ballare. A me piace più quello che facciamo il resto della giornata. Ieri abbiamo visto il Vesuvio, avrei voluto che fosse attivo mentre vi salivo…

TOPRAK  Che la sua lingua infuocata azzittisca la mia!
Così che non potrò più io provocare esplosioni
per il fatto di non saper mentire mai. Vorrei dirti una bugia:
smetterò d’amarti e quindi anche tu. Ma piuttosto andrei via per sempre!
Sarebbe meglio. Meglio che dover lasciare comunque qualcuno,
lasciare se stessi. Non esser di nessuno.
Svegliati o sotterranea forza a riprenderti ciò che solo a te spetta.
Unisci alla violenza con cui scorre il getto di lava
la potenza con cui circola in me, e nelle persone vicine a me, una passione schiava
della direzione da dover prendere, come il sangue nelle vene non può
cambiare verso. E come un serpente scivola piano tra l’erba
e quando è scoperto si difende e morde, quando t’ho scoperto un’acerba
parola ho pronunciato. Che veleno non voleva diventare, ma solo un’arma
di difesa alla tua discesa improvvisa a Frascati su quelle scalette.
Salire ancora più su, più in alto di dove ci hanno portato quelle strette
gradinate di giorni. Strette per quello che si poteva ancora fare.
Salire senza peso. Vieni ora tu serpentina, perché silenziosa e maligna t’insinui,
lingua dei muti. Insegnami a parlare la tua stessa lingua…
Pioggia di fuoco e non più di gocce
e fiotti di rocce fuse dall’occhio e non piccoli rivoli di pianto
scesi dai rotti vetri su cui si rifletteva il prolungamento di un’immagine
e poi cenere dispersa nell’aria.

ARIANNA  E’ ciò che hai scritto sulla cartolina? Non pensarlo mai più!
TOPRAK…ma la cartolina che mi volevi dare quando sei andata a Milano?

A   MILANO.

ARIANNA Alla mostra di Kandinsky prima di uscire compro una cartolina per portarla a te ma su di essa scrivo una frase ispiratami da un incontro e la do a lui… Giorgio

(Ricordo quell’incontro…)
Su quale canale si è materializzato il sogno di un volto così delicato perché alla realtà ostile?

…In un luogo dove “cadaveri” (i quadri) di un sogno vissuto virtualmente hanno resuscitato la sensazione che pure la realtà è finzione. Ho dissacrato la pura vibrazione dei sensi, uccisa con la scrittura sulla cartolina, per paura che la materialità del mondo ti riassorbisse in sé, facendoti ai miei occhi solo una dura immagine senza la sua anima. Saresti apparso come una figura che fa parte della scena, di quella strada fuori quella porta, senza il potere di far sì che fosse la scena lo sfondo alla tua parte se non ti avessi fermato. Appena ti muovi e parli, invece, rendi tutto il resto funzionale ad inquadrarti: dietro di te il “Piccolo” diviene così una scenario talmente piccolo e futile al modo con cui, senza dar spettacolo di te, furtivamente apri il tendone per svelare l’azione! E la curiosità che quella musica uscisse, che quello strumento parlasse di non so quale dissonanza interiore, mi ha dato il coraggio di parlarti e ha permesso al tuo volto di venir ricordato sull’album della mia storia non come l’immagine inconsistente di una cosa o di un attore ma come il quadro che ha una voce propria. E il pensare a quel che c’è dietro la pittura senza doverlo immaginare completamente fa di una bellezza stereotipata e oggettiva, una poesia e un simbolo.

Tento di parlargli, ma non sono capace di ricostruire oralmente la “Composizione” creata in quell’incontro, che fuori la mostra già non sa ripresentarsi al mio sguardo intera. Sembra più una “Scomposizione” della mente quella illogica sequenza di stonati colori e suoni disarticolati che si esibiscono confusamente e le parole si stupidiscono per la troppa importanza che volevo dar loro e sragiono…

ARIANNA  Aspetta! Puoi prendere questa cartolina? Mi hai ispirato ciò che c’è scritto.
GIORGIO (legge)…non è frequente trovare persone ispirate. Anch’io scrivo.
ARIANNA  Perché scrivi?
GIORGIO  Perché hai un foglio su cui imprimere quel che pensi senza dissensi.
Perché non ho ancora avuto la libertà di scavare un solco nel cuore di qualcuno
senza che il calco del mio amore non corrisposto potesse essere riempito.
Mentre il foglio non lascia alcuno spazio vuoto
a meno che tu non lo voglia riempire d’inchiostro.
Le parole sono come buchi neri che risucchiano l’essenza del mondo
cercando di salvare dall’abisso bianco
su cui si sporgono, ogni forma che costituisce l’universo.
ARIANNA  E’ così strano che tu parli di amore non corrisposto!
GIORGIO …ma non è solo questo rifiuto che mi ha spinto a cercare consenso altrove, con la scrittura.
Perché, mentre dal tradimento di una donna ci si può consolare sostituendola,
se anche il mondo ti tradisce… dove andare? Così arrivi a crearti un mondo artificiale…
Solo che questo modo di reagire ti allontana di più dalla realtà in cui vivi
perché guardi le cose con un’ottica diversa, come la chitarra elettrica che distorce i suoni.
Chissà qual è  il suono reale!
Non è detto, infatti, che ciò che si conosce per primo,
anche se da esso deriva la visione poi distorta,
il quadro astratto, una nota arcana, sia l’originale.
E, se anche lo fosse, in futuro sarà sempre più corta
la distanza tra i due mondi, finto e reale,
e quasi invisibile lo schermo che separa
un artificio da un evento naturale.
ARIANNA(a mente riferito a Toprak) Ah, Poter viaggiare anche da fermo!
Parlare senza guardarsi, arrivare a sentire di aversi
dalla privazione di ogni senso che ti renderebbe tangibile,
con il solo uso del pensiero che, invece, disfa ogni caratteristica fisica,
facendoti volatile per raggiungermi anche se saremo distanti, su di uno schermo.
Quando te ne andrai, l’unica azione che riempirebbe tutta una vita, mi piacerebbe fosse un
folle registrare sensazioni per tenerti sempre al corrente…
E’ questo il motivo per cui scrivo.
L’uomo, infatti, si comporta allo stesso tempo come la cicala e la formica.
E quando scrivo, l’istinto che prevale in me è quello della formica: conservare.
Nel mio caso poi questo istinto è motivato dal comunicare amore
perché il viaggio continui insieme anche se virtualmente!
E poi c’è un’altra ragione, che fa dello scrivere un bisogno,
perché nasce da un’esigenza naturale: difendersi.
Non solo dalla forza disgregatrice del mondo
ma pure dall’aggressività dell’uomo.

ARIANNA Una domanda mi riporta a galla dal flusso della coscienza che ha fatto l’auto analisi alla sua malattia: “Sei felice qui?”, “A tratti” rispondo. Ma quel “qui” risuona così strano…Cosa voleva dire? C’è forse un altro luogo in cui esserlo? Ora che ci penso non mi ricordo. Ma forse è invenzione anche questa! Ci stanno facendo credere che ci sia un altro luogo che si possa costruire artificialmente( con la droga, ecc…) per tenerci lontani da questo mondo, così che non saremo abbastanza forti per combatterlo quando sarà davvero il momento. Perché la felicità non è in un luogo ma dipende dalle nostre naturali inclinazioni. Eppure è così bello andare lontano da qui…
Intanto ad allontanarsi è il “qui” che stiamo vivendo. Il semaforo rosso per noi c’impedisce di attraversare la strada insieme e la sigaretta ha acceso il divieto di andare oltre il tempo che ci serve per fumare, altrove.

Cartolina:

le immagini scorrono così svelte
che le scelte sull’album della propria storia,
sono solo stralci di una memoria
piena di buchi neri.

TOPRAK  Questa frase mi suggerisce che anche noi quando saremo arrivati
dall’altra parte della strada e non potremo più fermare il passaggio del tempo,
attraversandola insieme, verremo spiazzati via dal vento
che la macchina ha provocato superandoci…il tempo!
ARIANNA  Tu non mi hai ispirato solo una frase ma una strada
che continuerò a intraprendere. Tu non mi hai attraversata
ma sei rimasto in me.

Vengo a vedere lo spettacolo che fate pure a Frascati prima che tu parta…

ARIANNA  Hai un capello, una cinepresa, dei braccali…
Entri in scena e poi i personaggi incominciano a girare
ma solo nella tua testa…tutto resta infatti un sogno del regista.
Alla fine ancora tu. Ti togli il cappello e da esso la sabbia.
Poi lo rimetti. Lo spettacolo è finito.
Non mi vedi? Ringrazi il pubblico…
“Dietro ogni uomo di successo c’è una donna” mi dici
e ti togli il cappello per riempirlo di complimenti
di chi è rimasto attratto dal suono dei tuoi strani accenti.
Quanti granelli di sguardi e sorrisi!
Ma ora che c’è una donna nella tua testa
non c’è posto per pensare a tutti
quei visi per te in festa.
Troppo presto però il mio ricordo
dalla testa finirà nel cappello,
come uno di quei tanti applausi
rimarrà a te sordo…
e poi dal cappello scivolerà via
come la sabbia che hai lasciato
fuori scena a fine spettacolo.
Ma se anche verrà raccolta da altri
manterrà la forma di quando le avevi dato
quel suo piccolo successo inaspettato
che l’ha tolta dall’essere comune a un deserto di vite
senza il tuo amore…

ARIANNA Dietro di te, mentre facevi scivolare via la sabbia (dal cappello) viene proiettata l’immagine del tramonto.
Sempre nuova eppur sempre la stessa. E’ come guardarsi allo specchio. Questa volta il sole che se ne va
viene pianto da un mare di gente…è l’anima di Rocco Barnabei. E il suo dolore si specchia in quello di tutti:
la condanna a morte. Che in fondo non è molto diversa dalla condanna a vivere che hanno inflitto a mio nonno. Attaccato alle macchine ieri ha cercato di togliersi tutti quei fili…poi è venuto qualcuno ad aiutarlo,
non doveva essere dell’ospedale di S. Giovanni ma di quell’ospedale in cui tutti vanno, nolenti o volenti?

LA  VIE  EN  ROSE

ARIANNA Ho accompagnato mio nonno nel suo ultimo tratto di strada. Dall’ospedale alla chiesa fin sull’ alta rocca dove l’ hanno sepolto. La sua via era cosparsa di fior di donna e di bambini. Salivamo sempre più su, dove sta il cimitero. Qui numeri e date e anni… nel lungo elenco di giorni si confina l’esistenza tra la nascita e la morte, 47, 21, 14, 1928, 1910, 1999, gennaio, febbraio, dicembre… Come può esserci un ordine? Solo ostinata pretesa di sistemare, di collocare, di includere nel calendario un evento: la vita di un uomo. Ma quante stagioni e frutti e alberi spogli! Sarebbe come fare una lapide ad ogni cambio di fogliame, ad ogni palpito di scaglie di mare che si spengono a riva.Folle ordinamento.Col passare del tempo, ci saranno le città cimitero?In corpo alla natura invece resteremo un mistero, ma così bello! Senza numeri e date e anni.Petali minuscoli nell’ancora bocciolo del tempo, rinseccoliti al sole che prosciuga la freschezza, che rincarta la giovinezza su di sé, sull’asfalto caldo che non ricongiunge alla terra, oggi si contorcono dalla tristezza. Mentre io m’innamoro ancora. Di questo ombroso riposo, al riparo dei ricordi, di questo percorso, di questo sgranarsi di perle dalla  mano di un dottor-giardiniere, come un rosario, di un’ape che mi ronza intorno e poi se ne va…

TOPRAK  Cogliere un fiore! Sai cosa significa?
Cogliere l’anima di quel fiore di ragazza che ami.
ARIANNA  Lo credo! L’anima è inscindibile dal corpo.
TOPRAK  Proprio per questo alla morte del corpo
ne cerca un altro in cui vivere.
ARIANNA  Ma in tal caso cos’è l’anima? Non può essere la personalità
che ci distingue l’uno dall’altra perché altrimenti il mondo
sarebbe come una grande maschera
dietro la quale si nascondono gli stessi attori,
un teatro in cui i ruoli sono interscambiabili.
Ma nel caso in cui non ci risvegliassimo in un altro
contenitore, l’anima potrebbe essere la personalità!
Che o finisce d’identificarsi e muore,
oppure ritorna in vita nell’al di là…
TOPRAK  L’anima risorge ma non nell’al di là.
E ciò che s’infonde in altre forme
non sei tu che pensi, che vivi coscientemente,
che scegli d’amare, ciò che appunto forma la personalità,
ma è quell’amore incosciente di sognare,
che ama indistintamente, che non sa di esistere
perché  sempre è esistito, che unisce e disunisce non in nome
di qualcosa, per un motivo… ma perché è energia,
involontaria lotta alla sopravvivenza,
esplosione disordinata, un calore inspiegabile
che ci fa scontrare freneticamente in questo traffico di particelle,
e all’urto accresce l’energia continuamente.
ARIANNA  Ma allora, se non esiste nessun tratto che rende l’anima
distinta da un’altra, se è come dici una forza presente in tutto
l’anima sarebbe unica!
TOPRAK  E’ l’anima mundi. E’ il motore “mobile”
che ha causato il divenire, è noi.
ARIANNA  Terra, aria, acqua, fuoco.
E cosa di noi rimarrebbe in vita se non siamo altro
che un battito uno tra tanti provocati dal moto
di una macchina inesauribile di vitalità…
E se siamo solo il motore di questo corpo,
come mai potremo continuare quella funzione
in altro corpo?
TOPRAK  Non il cuore né altri bisogni e funzioni vitali che ci legano al mondo
ma la sola parte che svolge la sua attività indipendentemente dal doverla
rendere concreta continuerà a vivere…la mente dei sogni.
ARIANNA  Non capisco cosa intendi!
(a mente) In un sonno sicuro, in un’attività invisibile
continuerò a sapere falsamente che stai camminando,
correndo, suonando…ti vedrò parlare e ridere e scherzare
ma quando continuerò a passeggiare nel mondo coscientemente
dovrò frenare il moto di quelle immagini finte perché
la strada non si riempia di fantasmi e paure
che la tua anima sia frutto solo di un sogno.
E non, com’è in realtà, il tuo corpo perfetto con la mente.
TOPRAK (a mente) Oh saper cogliere questo fiore! Non sono mai riuscito
perché troppo presto sono sempre ripartito e ho riposato e
volato da un parte di terra all’altra, dove tipi diversi di fiori
hanno il sapore di un’anima sola, la stessa dolcezza,
e la rugiada, stessa amarezza, per un unico mattino che,
dopo aver abbracciato la terra in sonno, si è alzato.

ARIANNA Non vedo come possa esserci un ritorno dell’anima, come un ritorno per un viaggiatore. Cammino su questa via come fosse per l’ultima volta. Il vento sospira perché è un obbligo. Così anche la nenia è naturale che ci sia. Ma se fuori dall’accorato dolore io m’innamoro, un vento arriva a soffiare più forte di loro qui dentro.

A  CASA DELL’OPERA

ARIANNA Nella casa dove abito tutti i mobili sono coperti da un velo leggerissimo di plastica. E’ tutto in disuso per far il corso ai lavori. La porta è sempre aperta e un tappeto di plastica va dall’ingresso alla terrazza, dove lavorano. Tutti si sono già piegati sotto il sole per essere affrontati dal giorno.Hanno le spalle larghe per poter reggere il peso di questo sole che picchia forte, ma più forte sembra la forza delle loro braccia di quella dei raggi a piccone sul dorso. Perché quelle braccia non coltivano giardini che hanno solo sete ma fanno crescere il gambo forte ai bambini, protetti entro mura, che non hanno solo sete e piangono pure perché hanno fame d’affetto. E costruiscono case, palazzi, vie per spianare la strada a chi farà lo stesso per i propri figli. Ma mentre i muratori lavorano a ritmo picchettante, nelle mie orecchie batte il cuore finito in testa. Sciopera, protesta di lavorare, la mente. Sul carrello vengono caricati i pezzi del pavimento distrutto. Dal cervello scarico io il peso di dover mantenere l’ equilibrio e così la ragione butto in frantumi sul letto della rassegnazione.

E muoio un poco anche oggi. Tempi morti tempi morti tempi morti! Come mille nemici mi assediano. Nemici che però non si possono combattere perché impassibili a ogni colpo…perché ogni diversivo è troppo debole rispetto a quelli che creavamo, troppo debole per tirarmi fuori dal cerchio di tutte le abitudini, i simboli, gli eventi quotidiani che hanno finito per dare un senso anche a noi nell’insieme. Non ha senso tutto questo! L’esasperazione per dover finire senza esaurire, promesse ascoltate solo dall’alito di vento che usciva dalla bocca, non gridate in piazza al motto: “Campioni d’Italia!” anche in paesi dove avrebbe dato fastidio la nostra vincita…Un cerchio alla testa, una protesta repressa mi chiude in questa stanza mentre tu…mi ami, mi dici, ma allora perché lasci che vengano tempi morti tempi morti tempi morti! Perché mi leghi ogni giorno di più nell’impossibilità di poter scegliere insieme?!

ARIANNA  Ho deciso. Parto con te.
TOPRAK  E come farai per il biglietto? E i soldi? E l’esame? Poi..
ARIANNA  Non preoccuparti, a questo ci penso io.
TOPRAK  Invece mi preoccupo eccome! Non puoi venire.
ARIANNA  Che cosa? Come sarebbe che non posso venire!
Prima mi fai credere che rimarrai e così m’illudi,
poi mi dici che andrai via
ma verrai a trovarmi ogni tanto e ok, ci devo stare…
ma quando sono io a decidere di fare una mossa
che è a nostro favore, tu ti tiri indietro!
TOPRAK Tu pensa pure alla gente che starà lì ad aspettarmi!
A questo non ci pensi?

ARIANNA (a mente)Adesso ho capito. Devi prima preparare chi non sa di questi cinque mesi a ricevermi come se ormai facessi parte di quei cinque mesi, un pacco imballato, un passato chiuso. No! Le persone non sono soprammobili messi per rendere bello l’arredamento di una casa, che sta sempre lì. Le persone sono mobili senza una casa.

La porta ormai è aperta completamente. Non passano solo spifferi che provengono da un’altra realtà ma il vento entra ululando, creando la voce del mare, soffiando sulle pareti velate, che sprofondano nel fondale marino quell’arredamento, messo da parte per un altro. Mi arriccio dentro le coperte bianche mentre sulla spuma bianca del mare di felicità, che scivola dal collo della bottiglia in cui è chiuso un messaggio, si distende sereno il corpo di lei che a galla sta nel palmo di una mano gigante, che potrebbe all’istante uccidere o rincuorare sulla spiaggia.

TOPRAK  Il mare si è mosso. Il vento è a tuo favore,
le vele si sono spiegate, si sono insegnate da sole il destino.
Ritorno amore.
DENIZ  Il mare non m’incammina ormai in riva ai suoi occhi lucidi di lacrime
ma mi lancia sulla terra asciutta un’azzurra speranza d’orizzonte.
E la pupilla del tramonto arancio
ha il gusto di un annuncio verso il complementare
colore che, dall’oggi esitante, è sbucciato nel rosso ardore
d’unirsi alla parte mancante d’amare…
TOPRAK  Sono già arrivate le mie cose?
Mancano solo i pattini e…qualcosa che non riesco a trovare,
ah già! Quasi dimenticavo che l’avevo lasciato a te il cuore.
DENIZ  E il ritmo che dà al mare non è d’un nostalgico blues
ma ha il passo energico d’una pesante emozione, perché incontenibile.
Se potessi poggiare qui l’orecchio ne sentiresti
solo l’eco, come quando ascolti in una conchiglia
solo il verso muto, fuori e dentro il tuffo nella vita, di tutti i pesci.
Hanno lasciato il loro posto al respiro marino.
Così hai riposto in me una sensazione, sviscerante
il mio essere qui adesso, che l’annulla riempiendolo di un domani…esci!
Esci fuori ora o voce per nuotare!
Non morire per far entrare un vento così forte
ma cavalca l’onda sonora che, anche se così piccola, esce dalla bocca
per creare l’armonia con l’onda più grande di te:
Vitamare
TOPRAK  Improvviso anch’io adesso una nuova parola:
“Scambio mobiliare”. Ti piace? E’ il titolo di un testo
che sto scrivendo e attuando nel presente…

A  CASA  DELLA  VACANZA.

ARIANNA Nella casa dove vieni ospitato non ci sono lavori in corso e non ci sono stati neanche nell’anno trascorso. A scuola ci andavamo tu per guadagnarti un anno di tempo libero da doveri, io una vacanza col lasciapassare di un foglio segnato da dispiaceri. Ma ne farei un gomitolo dei giorni di quest’estate fastidiosa se sapessi che d’inverno tornerai. E poi ti darei un capo del filo per farti uscire dal labirinto dei pericoli tra cui correrai il rischio di scordare che stai in un labirinto, il tempo, che non ha passato. Siamo noi infatti il passato che dimenticherà di avere per quanto corre spietato. Ma io starò fuori il tempo per farti riuscire in un giorno uguale. Tutti qui sono al riposo. E dal silenzio nasce spesso la voce, che si scaccia nell’allenamento a tenersi svegli perché il giorno continui a coltivare le nostre forze. La voce dell’oblio che scalza i piedi inutili ora per camminare perché lo fa la mente. Così tu ricevi un “pensiero universale” e poi io lo faccio passare più facilmente per una “strada particolare”, la scrittura…creiamo insieme..

TOPRAK  (legge)“…la decisione è un’azione delicata”
ARIANNA  La decisione può anche non diventare azione.
TOPRAK  Infatti! Allora come posso dire…ah ecco!
Come si dice in italiano il nome di essere?
ARIANNA  …Ente.
TOPRAK   Scriviamo così: “La decisione è  un ente con cui bisogna stare attenti”
ARIANNA  La decisione è un ente con cui bisogna stare attenti…mmm
TOPRAK Che c’è non ti piace? Tu vedi che sia corretto grammaticalmente
poi a capire ci penseranno uno o due persone…

TOPRAK  A te la tua opera a me la mia. Anche se questo testo non crea malvagità.
ARIANNA  Ma nemmeno questo racconto vuol crearla!
TOPRAK  Eppure quante accuse mi hai addossato…e poi questo testo narra la tristezza e non la felicità che abbiamo sottratto ad essa.
ARIANNA  La felicità è di chi parte e non di chi resta, è di chi scioglie e non di chi accoglie radici, è di chi combatte per cercare di capire come funziona il mondo e non di chi ha deciso che il mare è troppo immenso da cavalcare…
Tu sei l’ape che punge e fa male per difendersi e sa come lottare e volare e gustare il vento che la porta, vitamare, il bene e il male, in ogni caso. Così in questo volo folle mi trasporti ancora per un po’ in una vacanza breve che per te in realtà non è stata vacanza ma opera dell’ape sul fiore; in una stanza senza più spessore, sulla leggera vibrazione di note in potenza nello strumento del corpo quando non è suonato in atto quando c’hai soffiato dentro; in giro sul motorino…

A  ROMA

ARIANNA Partiamo da S.Giovanni. Questa volta il percorso a piedi è troppo lungo così prendiamo un mezzo più veloce per salutare al nostro passaggio il nostro maggio passato e quello sempre uguale per i turisti come fosse stampato, l’immagine della città. Passiamo il Circo Massimo, il Colosseo, piazza Venezia. Su questo monumento dissonante saliamo a dire la nostra,  strana vicenda anch’essa!
Non passiamo per il corso col motorino ma sul lungo Tevere e arriviamo in villa Borghese.

TOPRAK  Devo andare siamo costretti a  addormentare la musica,
a lasciare il prato per solo la poltrona e il tavolo.
ARIANNA  Tornerai?
TOPRAK  Lo sai sono un girovago. Posso tornare perché ho messo un piede qui
e so dove andare ma posso non tornare. Posso tornare con Deniz,
posso tornare per studiare o per fare una gita, posso anche tornare da solo per sempre
ma non lo so cosa mi potrà capitare intanto. Comunque in ogni modo ti troverò.
ARIANNA  Mi troverai ma non come quando senza cercarci
siamo stati presi dall’ubriachezza con cui il caso fa gli abbracci.
Perché ora che vai in altre braccia cadrai e scorderai di essere stato così
anche con me. Sulla poltrona di un internet caffè ci troveremo seduti
anche quando ci rincontreremo sdraiati su di un prato.
Non andremo più in giro sperduti nella folla
perché l’isola che abbiamo abitato da soli
è affogata nel corso dove si affolla l’ondata di gente.
Tu sarai lo stesso l’unico vero vivente nel mio essere
qualcuno tra gli altri ma non con essi.

ARIANNA Quando rientriamo nel traffico ci perdiamo. Poi per riportare il motorino a S. Giovanni rifacciamo la stessa strada a ritroso. Non è entusiasmante ora che la conosciamo ma nostalgica se ne va col Blues. Siamo arrivati ma la giornata ancora è interminabile sapendo che è l’ultima che ci resta. E il finale non dev’essere scritto, non deve servire all’ultima pagina di un testo o di un film. Perché non è esatto come l’avrebbe voluto a chi è stato prescritto, non è astratto come ci sarebbe piaciuto ma reale. Il finale se non è un punto in chiusura di frase è sempre talmente doloroso per chi non ha in mente come finirà veramente! Ma cosa è compiuto e cosa non lo è…

TOPRAK  Il momento è infinito.


A Luna, le mie nonne e tutti i miei amori

Volto il volto

Pagina della notte

che scrive

sogni letti da angeli,

mentre dormi

nel giorno dei miei pensieri

stelle-suono

silenziose riaprono i confini

del tempo:

Amore.


12/02/2016

A Tiziana Pisani

Un fuoco acceso

I tuoi capelli e il tuo cuore

Pronto a scaldare

Ciascuno di noi…

Madre, figlia, sorella, amica, donna

E soprattutto amante della vita

Hai danzato in ogni istante

Da sola o insieme a noi

Sempre e con coraggio

Hai amato tanto

Ed ora il tuo cuore come un tamburo

Accompagna i nostri passi ancora

Con un turbinio di domande,

Foglie secche che giocano a fare mulinelli sulla strada,

Ma i tuoi capelli rossi e il tuo cuore lo sanno

Che bisogna ancora camminare

E per questo hai scelto di farlo

In quest’altro modo ancora con noi:

Tu il tamburo e noi i tuoi strumenti,

la tua voce indimenticabile risuona ancora nelle mie orecchie

e sembra dire danzate, danzate con i mille colori del mondo!

Grazie anima bella, grazie anima grande.