LA MOTIVAZIONE

Mattia era un giovane ventunenne di notevole aspetto ,castano, grandi occhi di cui a osservare attentamente uno posto leggermente più in alto dell’altro,connotazione che non cambiava di nulla la bellezza del viso.Aveva capelli castano scuro ricci lucenti che ricordavano quelli di un agnellino di Astrakan, un fisico molto alto e tendenzialmente longilineo anche se leggermente appesantito a causa del forte appetito e della scarsa attività fisica.

La sua era una storia non facile perché fin dall’infanzia erano emersi problemi di concentrazione e varie disprassie, in particolare disgrafie e discalculie, che avevano influito negativamente nella sua vita scolastica e in quella di relazione.

In parole povere quando all’ultimo anno di scuola materna gli altri disegnavano una casa, lui disegnava una casa con il tetto in basso, completamente storta ,né era capace di copiare una figura geometrica semplice, come un rombo; quando in prima elementare a dicembre tutti avevano imparato a scrivere,lui ancora faticava scrivendo grosse lettere impaginate in basso a destra.Mentre in seconda elementare tutti avevano imparato le tabelline, lui riuscì ad impararle solo in 5° elementare e in prima media le aveva già dimenticate.

In casa suo padre all’inizio negava l’esistenza di un problema, sua madre al contrario era molto ansiosa e lo costringeva a studiare assieme a lei il doppio degli altri, sgridandolo se non lo faceva, per timore che facesse brutta figura. Forse aveva più che altro paura di fare brutta figura lei stessa, a volte pensava Mattia. In questo modo riuscì in effetti a restare quasi in pari con gli altri, ma diventando molto nervoso ed irascibile.

Già; altra sua caratteristica era l’indole chiusa e che non lo favoriva nelle relazioni con i compagni di scuola in cui aveva solo un amico iperattivo, con cui combinava guai assieme.

La rabbia, la rabbia gli era rimasta sempre dentro; soffriva di un mancato riconoscimento da parte del resto dell’umanità, come se qualcuno volesse malvagiamente usurpargli un ruolo che gli spettava di diritto

E come ruolo Mattia sentiva pervicacemente di esser nato con quello del capobranco, non del vicario.

Per questo motivo spesso inveiva parlando da solo con insulti vari contro persone vere o immaginarie o aveva spesso scatti d’ira appena veniva contraddetto, anche per un futile motivo.

Erano passati gli anni e aiutato da educatori, che avevano fatto capire ai genitori la realtà della sua leggera disabilità, grazie ad insegnanti di sostegno, era riuscito perfino a diplomarsi ad un istituto tecnico e aveva ampliato le sue relazioni, dato che ora usciva con due tre amici.

Il diploma gli aveva dato per la prima volta tranquillità, anche gli ultimi amici che si era trovato,pacifici e bonari, lo facevano sentire per la prima volta a suo agio, almeno rispetto a prima.

Certo rimanevano vari problemi. Ad esempio non era riuscito a prendere la patente e in un anno , da quando si era iscritto all’Università e aveva frequentato,era bocciato all’unico esame che aveva tentato, con grandi rimproveri dei genitori.

La professoressa gli comunicò che lo scritto era insufficiente perché con troppi errori e per di più scritto in modo incomprensibile. “Certo “aggiunse lui,” sono disgrafico.”.

Ma la professoressa di scienze dell’educazione e della formazione, facoltà cui si era iscritto, gli fece presente che per ottenere un compito facilitato avrebbe dovuto seguire una prassi di aiuti, pur forniti dall’Università. Per il momento rifiutava questa scelta ricordando l’umiliazione di dover svolgere una interrogazione di fianco a un insegnante di sostegno davanti a tutta la classe .

Questa bocciatura lo deprimeva notevolmente; ora aveva preso il vizio di non far più niente e di dormire fino all’una, era totalmente sfiduciato sul suo futuro e smise anche di studiare, né aveva voglia di lavorare o aveva idea di che fare, a parte che giocare ai videogiochi.

In campo sentimentale aveva avuto due brevi esperienze, senza grande importanza.

A 16 anni si era innamorato veramente di una sua coetanea, con cui era amico,una ragazza castana carina,più che altro molto femminile, dai capelli lunghi lisci e piuttosto slanciata,una ragazza di classe. Vincendo la grande timidezza aveva aperto il suo cuore a lei dichiarandole di volersi mettere insieme. Ma quella non aveva risposto né si ne no,riferendosi vagamente alla loro età e dicendo che erano troppo giovani, che dovevano aspettare di crescere. Di tutto questo discorso lui aveva capito che era un no e che lei cercava un ragazzo più grande e maturo di lui.

La delusione era stata forte e l’aveva bloccato per tre anni,prima di trovarsi una ragazza. Che poi era uno di quei due brevi flirt.

Da qualche mese nella sua comitiva uno dei suoi amici più brillanti,che vestiva spesso alla moda, aveva portato la sua ragazza bionda,un po’ bassina , ma molto carina,con grandi occhi simil orientali, che truccava sapientemente di matita nera.Era una ragazza dolce e timida con cui Mattia talvolta scambiava qualche parola.Nel gruppo l’amico veniva ritenuto di gusti eccessivamente rileccati, dato che tutti gli altri vestivano un po’ da cialtroni, con magliette nere tipo punk, spesso non fresche di lavaggio e jeans slabbrati, con portachiavi e cinture dotate di catene varie e tutti perennemente single. L’amico si distingueva anche per essere ricco e in pari con gli esami, mentre tutti gli altri erano chi bocciato, chi aveva abbandonato gli studi, chi di famiglia piuttosto disagiata e a loro volta si distinguevano per la saggezza unita ad atavica certezza che era inutile darsi da fare perché in italia il lavoro non si trova. In questo gruppo Mattia rappresentava filosoficamente una via di mezzo tra lo sfiduciato e il figlio di papà.

Quando Mattia seppe che l’amico si sarebbe trasferito in un’altra università più lontana e che i due si erano lasciati ,gridò un improvviso evviva dentro di sé. Si disse che questa era la sua occasione.

Passò quasi un mese di scambi di messaggini con Bianca, la ragazza in questione, e di post su facebook.I segnali erano positivi. Decise di fare il grande passo ,ma era un po’ timoroso. E se avesse risposto come l’altra ragazza di tanti anni prima ? E se, messi insieme, lo avesse lasciato dopo una settimana buttandolo a terra ? E poi ,si chiedeva, avrebbe accettato i suoi lievi difetti che ora aveva compreso in che consistevano ? Lo avrebbe accettato per quello che realmente era ?Con i suoi accessi di rabbia, il suo rintanarsi in casa da solo, le sue disgrafie e la sua lentezza nello studio, lei così bella e studiosa ? In verità Mattia per fortuna aveva una certa stima di sé ed era quindi abbastanza fiducioso di piacere a una ragazza, anche per le esperienze fatte.

Si erano dati appuntamento nel viale davanti ad un centro giovanile che frequentavano tutti e due.

Erano le 15,30, passando vicino a casa vide il negozio del fioraio ed ebbe l’ispirazione di comprare dei fiori,perché fondamentalmente era un romantico.Chiese consiglio al fioraio che gli consigliò una rosa rossa.

Non sapendo dove tenerla appena fuori la infilò nello zaino, con cura perché non si sgualcisse,ma senza riuscirci. La vide di lontano. Gli occhi di lei sembravano sorridenti. Si avvicinarono e una volta davanti lui con grande colpo di scena ,estrasse la rosa dallo zaino dicendo: “ vedi, questa è per te”. Lei molto timida dentro sé un po’ commossa si mise a ridere perché la rosa era ridotta male. Poi cominciò a parlarle; aprì di nuovo il suo cuore, ma questa volta ebbe un sì di risposta . Parlarono,parlarono di sé ore ed ore fino all’ora di cena passata in cui lei dovette tornare a casa. Finalmente si abbracciarono con l’intesa di vedersi il giorno dopo.

Mattia era un po’ frastornato ma era felice. Continuava a vedere l’immagine di lei,così sexi, il suo sorriso e sentiva una tremenda eccitazione. A contatto con quella gentilezza e avvenenza femminile era nata in lui una forte fiducia.

Fiducia che con questa ragazza avrebbe passato la vita e costruito una famiglia; fiducia che sarebbe stato un genitore affettuoso; fiducia che si sarebbe dato da fare per studiare e poi per trovare un lavoro.

Tutto questo doveva aver pensato in sole poche ore. D’un tratto era maturato e aveva sopravanzato molti dei suoi coetanei che un tempo gli erano davanti e che ora gli parevano ragionare come bambini.

A guardare bene si trattava di un balzo esperienziale di portata storica, simile, se non è troppo ardito il paragone, a quello che deve aver sperimentato l’uomo primitivo a seguito della scoperta del fuoco.

Tutto il livore passato era di colpo dimenticato .

Sentiva il suo corpo pieno di energia funzionare a pieni giri.

Era come se il serbatoio di una auto virtuale, in tanti anni spesso vuoto o il più delle volte in riserva,fosse stato finalmente riempito tutto,come mai era accaduto, fino all’orlo, anzi quasi in eccesso, da caderne per terra e regalarne a chi fosse rimasto a secco.

Sì,il serbatoio era stato riempito finalmente non con la benzina,ma con un carburante diverso ; un carburante molto utile che si chiama amore.


 

 IL PUROSANGUE

Nell’aula del tribunale il giudice si era appena ritirato per redigere una sentenza.

Avvocati e cancelliere ne approfittarono per alzarsi a stirare le braccia; nell’aria di rilassamento generale chi faceva quattro chiacchiere, chi leggeva il giornale. L’avvocato Rapetti ,riconoscibile per il fazzoletto nel taschino,stava raccontando alcune sue vittorie, vere o presunte che fossero. L’avvocatessa Nadia Bergantini stava chiudendo la cartella di studio per andarsene. Era una donna sui 42 anni,separata da due anni,senza figli, si dedicava sia a diritto penale che civile ,preferibilmente infortunistico.Era alta,in carne, con una lunga chioma nera fino alle spalle, spesso chiusa a coda di cavallo, piuttosto carina.

Quella mattina aveva sostenuto una difesa di ufficio in cui non aveva avuto molta fortuna dato che il cliente era stato condannato .

L’avvocato Rapetti, mettendole la mano su una spalla con fare galante, non mancò di farle presente che al suo posto avrebbe utilizzato due o tre sottigliezze giuridiche di cui ebbe tempo e modo di informarla.

Si era fatta l’ora di pranzo. Nadia tornò a casa per un pranzo leggero,prima di rientrare in studio che era situato poco distante.

Da alcuni anni si era convertita a sperimentare alcuni piatti orientali. Si preparò quindi in pochi minuti un primo a base di spaghetti di soia con verdurine tagliate a strisce: carote, zucchine e germogli di soia scottati in olio di semi. La cottura degli spaghetti era molto conveniente in termini di tempo,nel senso che bastavano solo due tre minuti. “Non male”, si disse gustandoli con le immancabili bacchette cinesi che utilizzava in questi casi e aggiungendo salsa di soia dolce. Pensò anche che l’ex marito , come tutti gli uomini,preferiva piatti tradizionali e non avrebbe apprezzato questo piatto,ma preferito un classico spaghetto al ragù.

Il cellulare squillò con una canzoncina jazz un po’ imbarazzante in situazioni tristi, ma consolatoria in altre. Era un cliente magrebino a cui stava seguendo una pratica di assicurazione per un incidente stradale in cui era rimasto lesionato ad una gamba.

“Avvocatessa-la investì subito il cliente- ma allora quando me li danno questi soldi ? è un anno che aspetto; ne ho bisogno subito”.

Il cliente magrebino, Alì si chiamava, aveva telefonato numerosissime volte sia al fisso che al cellulare per sapere lo stadio della pratica, in cui era stata iniziata anche una causa civile per il risarcimento.

Nadia comprendeva la sua ansia, perché il cliente non versava in buone condizioni economiche e quindi aveva urgente necessità di denaro. Era un operaio semplice che aveva trovato come unico lavoro quello in una azienda agricola di allevamento di tacchini. Qui doveva svolgere lavori piuttosto umili, come quello della pulizia dei locali, dello sporco di migliaia di tacchini, doveva dar loro da mangiare assieme ad un altro solo operaio,e perciò per Nadia si trattava di una persona più che degna di rispetto per questa sua attività. Le era nota anche la situazione economica di Alì che percepiva uno stipendio di 800 euro con cui pagava pagare l’affitto e manteneva la moglie casalinga.

Tuttavia era esageratamente ansioso, dal momento anche che la causa stava andando bene, tanto che Nadia era in trattative col liquidatore avversario per chiuderla transattivamente con il versamento di una somma di denaro da parte della compagnia assicuratrice.

La gola di ricevere una somma di denaro portava Alì a telefonare a tutte le ore e questo infastidiva Nadia che in quei giorni aveva ricevuto telefonate in aula o nel cuore della notte.

“ Le ho detto di stare tranquillo, sto aspettando la risposta. Nn voglio far capire di essere esageratamente interessata. Aspetto la risposta oggi pomeriggio, se non chiama lui lo chiamo io. Mi lasci fare.”

“ Si ma è un anno che aspetto io ho bisogno subito”.

“Un anno non è vero . Comunque farò del mio meglio ma subito deve capire che è difficile”.

L’avvocatessa Bergantini decise di togliersi questa castagna bollente di dosso,dato che non reggeva più le telefonate continue e per di più aveva anche da guadagnare a sua volta. Telefonò di nuovo al liquidatore che conosceva bene per altre pratiche, condusse una trattativa con qualche velato bluff, alla fine riuscì a strappare la cifra voluta dal cliente.

Il giorno seguente si mise d’accordo con Alì ,che era esultante e la ringraziò mille volte, e in settimana ricevette un assegno di 30.000 euro da consegnare al cliente, oltre ad uno per spese legali molto minore da far girare a suo nome, sempre dal cliente.

Consegnare l’assegno ad Alì le dette un senso di soddisfazione personale. “ Ecco in questi casi vale la pena di riconciliarsi con la propria professione “ si disse Nadia.

Le pareva di aver svolto una specie di missione in favore di una persona disagiata,lavoratrice,priva degli aiuti familiari o dei supporti abitativi di un italiano. Una persona giovane, che doveva crearsi una famiglia e che oltretutto in questo incidente era stata rovinata ad una gamba ,particolare negativo per il suo lavoro, di tipo manuale.

Ora, pensava Nadia, quella somma potrà essere utilizzata da lui come risparmio, o per pagare qualche debito ,o addirittura dalle sue parti per una casa .Ora ,pensò in modo tipicamente femminile, avrebbe potuto comprarsi vestiti un po’ più decenti e, sorrise tra sé, un po’ più bene odoranti,data la tipologia di lavoro svolto.

Mesi dopo Nadia ricevette dopo tanto una telefonata di Alì, che voleva chiedere chiarimenti per un foglio del Tribunale che aveva ricevuto,che lei gli disse di ignorare, in quanto il procedimento era stato abbandonato.

“ A proposito è rimasto contento della somma che ci hanno dato ?”

“ Si si avvocatessa, molto.”

“ Oh,bene. E ,scusi la curiosità, ha deciso poi come utilizzarla? se vuole eh, si tratta di fatti privati suoi”

“ No no,glie lo dico ” rispose lui “ indovini un po’ che ho fatto ? Ho preso Izmar, vedesse come corre “

“ Come corre chi, scusi, chi è Izmar :un parente?”

Di là dalla conversazione Alì rise. “ No avvocato, Izmar è un cavallo”.

A questa notizia Nadia cadde con la schiena riversa all’addietro sulla poltrona di studio pensando di avere capito male,dato anche che la pronuncia italiana di Amin era poco chiara.-

“Un cavallo ?”; “ Sì proprio un cavallo”;“ E che fa con questo cavallo, lo tiene in Italia ?”

“ No, lo tengo in Marocco. Ma vede avvocato quello non è un cavallo normale, è un cavallo di razza ,un cavallo famoso che mi è costato 25.000 euro; è Izmar”. “Accipicchia,” dissimulò la sorpresa Nadia “ buttandosi di nuovo nello schienale,”complimenti. E quindi farà anche gare di corsa,può rendere molto in quel modo.” suppose. “ No non fa gare” disse lui.” È un cavallo speciale non corre nelle gare normali”; “ lei lo sa cavalcare allora” ;“ No io non so andare a cavallo e poi con questo male alla gamba come farei ? Quello non è un cavallo da montarci sopra è come una Ferrari da noi”

“Ma perdoni ancora la curiosità, le costa qualcosa mantenere questo cavallo ?” “ Eh,parecchio si mi costa, ma per fortuna sta dai miei genitori e lì costa di meno e mi aiutano anche loro”.

“ Insomma,un bel costo 25.000 euro, ci ha speso quasi tutta la somma incassata. Ma scusi ancora la domanda,c’è qualcosa che mi sfugge in quel che dice:se Il cavallo non fa gare e non lo sa cavalcare per quale motivo l’avrebbe preso lei ? ”

Dall’altra parte Alì rise di nuovo. “ Fin da piccolo ho sognato di comprare un cavallo purosangue, un cavallo di razza come quello. Avevo tanta fretta si ricorda?Perché dovevo comprarlo da uno che sta in Marocco che aspettava la mia risposta. Mi stava per sfuggire l’affare. Ed ora al paese dei miei genitori tutti parlano di me e del mio cavallo e laggiù sono diventato famoso! Là tutti dicono che sono ricco. Lo capisce ora perché l’ho preso ?!”