L’orologio del marito

La luna rossa splende come una palla infuocata, enorme, domina il cielo e rapisce lo sguardo.
Tutti col naso all’aria, tutti a bocca aperta,stupiti da tanta meraviglia; poi d’incanto accade qualcosa di straordinario, qualcosa mai accaduto, qualcosa di terrificante: la luna, si fa sempre più grande, vicina e minacciosa, lo stupore iniziale si muta in paura, in folle terrore. Un grido immane si leva dalla folla impazzita, improvvisamente si muta in un silenzio di ghiaccio: il mondo si è fermato, tutto è immobile, le persone sono solo statue nella luce rossa, con le braccia protese a coprirsi il capo e la bocca spalancata in un grido mortale. Solo io, riesco a muovermi, solo io sono viva. Mi scuoto vigorosamente, dal torpore che mi lega, mi guardo intorno smarrita e mi chiedo cosa mai sia accaduto.
Nel silenzio primordiale, il tic tac dell’orologio, mi rianima, brilla al mio polso come una stella, pulsa di vita propria e mi invita a guardarlo, a parlargli, ad usarlo; nella mia testa, la sua voce irrompe come un tuono: “Ora sei padrona del tempo, ed io sono la chiave magica che apre tutte le porte!”
Cado in terra, tramortita dalla sorpresa. Dentro di me la voce continua: “ Non fare la stupida, il tempo vola, avanti o indietro! Deciditi, e usalo bene, il tuo tempo!”
Allora penso: “ Se lo mando avanti, la luna cadrà, moriremo tutti! Nò! Non voglio saperlo, ne vederlo quel momento, manderò il tempo indietro, e forse potrò aiutare qualcuno. Giro cautamente le lancette, un lievissimo tic, l’orologio fa un salto indietro di anni, ed’io mi ritrovo a New York, è l’11 di Settembre, un vento leggero allevia il caldo della Grande Mela, nelle prime ore del mattino la città che non dorme mai, pulsa già di vita propria, come un immenso alveare. Milioni di persone in movimento, di tutte le razze e di tutti i colori, in una babele gioiosa di lingue, accomunati da un unico ideale: Il sogno americano.
C’è un aeroplano, che volteggia sulla città, punta dritto sulle Twin Towers, odo il rumore raccapricciante, l’urlo di milioni di persone, vedo mia figlia correre coperta di polvere bianca, un fantasma tra tanti fantasmi che fuggono dalla tragedia…
“No, questo è troppo orribile, non lo sopporto! Se posso controllare il tempo, allora sono un dio che può mutare le cose!” Ed ecco d’incanto l’aereo si risolleva, leggero come una piuma portata dal vento, schiva le torri, e si allontana nell’aria limpida, Vedo mia figlia sorridente, col vento nei capelli, camminare sulla Madison. Intorno a me le statue umane, affollano la notte della luna rossa.
“Signore Iddio che flash tremendo! Meno male che ho potuto cambiarlo! Però, forse, se provo a girare le lancette ancora, ma più piano, chissà…” Con le dita tremanti riprovo. Bang! Uno sparo, gente che urla, una macchina che sgomma impazzita, con una figura bianca e sanguinante accasciata sui sedili posteriori! Bambini, religiosi, vecchi, una miriade di persone che corrono e urlano. Voci concitate: “Hanno sparato al Papa, hanno sparato al Papa!”
Impotente assisto alla scena, poi ho un sussulto: “ Nò, questo proprio nò, questo non deve accadere!” Sfioro l’orologio, ed ecco tutto è di nuovo cambiato. Intorno a me c’è aria di festa, tutto è gioia, la gente Lo saluta e Lui sorride e benedice a folla esultante.

Incominciano a piacermi, i poteri di questo orologio magico; che riesce a cambiare la storia, il suo tic tac, mi risuona dentro, tic tac, tic tac, un suono dolce rassicurante, come il battito di un cuore che ho tanto amato. Sembra che dica: “Avanti avanti, non ti fermare, il tempo vola.” Quella voce mi invoglia a continuare quello strano viaggio, cric-cric, giro le lancette piano, anzi pianissimo…
Quanta gente c’è in piazza, tutti in attesa con un foglietto in mano, è il 15 agosto, aspettano l’estrazione della tombola! Chi ride, chi scherza, chi urla, chi fa battute sceme, chi spera nella fortuna, intanto i numeri cominciano a uscire sul grande tabellone, c’è un ragazzo sulla scala che li appende, qualche volta li attacca alla rovescia, ma un coro di urli segnala l’errore e lui rimette tutto a posto. Ne ho già attaccati diversi sulla mia cartellina, incominciano gli schiamazzi. Ora sono più attenta, qualcuno dice: “Stò per uno!” – “Anch’io!” risponde un’altra voce. Il numero seguente è di nuovo mio,”Stai a vedere che vinco qualcosa” dico fra me e me, ma stò zitta per scaramanzia. I mormorii alle mie spalle si susseguono, un brusio in continuo aumento. Qualcuno per fare il furbo urla: “ Fatta!” e di rimando, un altro risponde: “Allora pulisciti!” E giù una marea di risate.
“25!” Strilla il banditore.
“Ho vinto! Ho vinto io!” grido di gioia, e mi avvicino al palco per la conferma. Il banditore controlla, annuisce. “Tutto regolare, la vincita è pagabile! 5000 Euro per la signora bionda!” Sfioro l’orologio, felice: “Finalmente ho fermato il tempo nel momento giusto!” Mi avvicino al palco per incassare la mia vincita, ma un rumore strano mi distrae, insistente, penetrante e noioso. Automaticamente allungo una mano per farlo cessare; all’improvviso tutto si ferma e tutto riprende vita. Non c’è più nessuno in piazza, anzi non c’è nessuna piazza: sono nel mio letto e la sveglia trilla insistente. Mi stiracchio sbadigliando: la luna rossa non è caduta sulla Terra! Dunque non ho cambiato gli eventi, purtroppo le torri sono cadute, hanno sparato davvero al Papa, io non ho vinto niente, e per fortuna il mio orologio non è magico, ma è solo un caro ricordo.

Daniela Conti – 01/05/14


L’orologio

Sono un albero senza radici.
Una vita segnata dal dolore.
Non ho lacrime da piangere.

Solo ricordi che fanno male,
affollano le mie notti.
Da una miriade di folli pensieri
il ticchettio del tuo orologio, mi distrae.

Quando te lo diedi, dicesti:
“ Non lo toglierò mai,
scandirà le ore felici.”
Ora, al mio polso, segna giorni infiniti.

Sono un albero senza radici:
l’orologio batte il tempo che ci separa.


Mare amico

Mare liscio di seta,
acqua di cristallo.
Piccole increspature, creano
mattonelle di luce esagonali.

Scivolo dolcemente
nel silenzio, affinchè
tutto mi avvolga
e respiri con me.

Un abbraccio dopo l’altro,
la riva distante
è solo una riga scura.
Ostile.

Non ci sono più mattonelle
di luce sul fondo.
Solo una gran pace
nell’anima.

E’ l’ora del ritorno.


Preludio

 

Sette pasticche.

Veleno che uccide il pensiero

ma fa dimenticare il dolore.

Non ho dolore, allora le ho prese!

Menomale, avrò una giornata serena.

Il dolore mi strazia,

forse non ho preso le pasticche.

Non me lo ricordo.

Forse è una crisi più forte,

mi abbandono, sperando che passi.

Allora le ho prese le sette pasticche.

Non me lo ricordo.

Un giorno le prenderò tutte,

assieme, ma non ricorderò

di averle prese.

Allora mi addormenterò,

col sorriso sulle labbra,

rannicchiata, come bimbo nella culla.

Ti ritroverò ad attendermi,

sul prato di poseidonie,

o mio amato.


 

Amor di mare

 

Mare placido, mare furioso,

mare amoroso.

Immersa nella cala segreta,

lo sciacquio invitante

mi sfiora e mi risucchia.

Abbracciata allo scoglio primordiale

mi perdo nel piacere.

Lui  accarezza i piedi,

lambisce le cosce

ei sinuosi fianchi,

s’insinua negli anfratti

come lingua amorosa,

sale verso seni penduli

che si protendono turgidi

al bacio salato.

Schizzi spumosi,

solleticano la gola,

nel lento andirvieni

della marea montante.

Sotto il cielo ricamato d’argento,

grido e mi perdo

tra le braccia del mio amante.



Bipolarismo

 

Nel tempo che fu,

quello tentato invano

di cancellare,

innocenza e lussuria,

convivevan passo passo,

nessuna sapeva dell’altra.

L’angelo dalle ali tarpate,

vittima e persecutore,

percorreva la strada

da vendicatore.

Con gli occhi appassionati,

di novella Cleopatra

di uomini forti

faceva stracci.

Resi inermi,

dopo amplessi agitati.

Nel delirio di potenza

volgeva attorno

lo sguardo predace.

Ancora e ancora

fino a sera.

Quando con le mani

sporche di sperma

ed il corpo lacerato dal dolore,

risaliva le scale di casa,

l’innocenza torturata.


Sognando la vita

 

L’acqua fresca del mattino

carezza il viso

con mano dolce di bambino.

Corro veloce

sulla spiaggia assolata,

spumosa, bianca ,

inviolata.

Corro veloce,

nella prateria,

con i cavalli selvaggi,

verso la libertà.

Nel mio giaciglio

doloroso, io sogno.

Sogno la vita

che se ne va.


 

Cavalli

 

Con furia di cavalli selvaggi

Irrompono le parole nella testa.

Parole belle, dolci, parole d’amore.

I cavalli mi vengono incontro

a trotto sfrenato,

una nuvola di polvere li avvolge,

le froge fumanti,

le criniere al vento,

le parole tutt’intorno,

come gocce di vapore

nell’aria d’argento.

Sul mio foglio bianco,

si fermano i cavalli

scalpitanti, scuotono le parole,

ne rimangono poche.

I cavalli si allontanano

nella nebbia, portandosi dietro

le parole. Con furia.

Stasera non scriverò.

Correrò con i cavalli.

Dietro le parole.

Nel vento