Ma allor, cosa sei?

“S’ì fosse foco, arderei’ il mondo”,
ma qual tempesta lo spegne?
Nessuna!
Che paradosso, allora,
scoprir l’esistenza di un fuoco ancor più vasto,
così sproporzionato, da annientare il primo,
annetterlo dentro di lui,
domarlo!
E pensar che tempeste non lo spensero.

Ma allor, tra calore e fiamme, mi getterei anche ora,
che ustionar un foco, sembra assurdo,
eppur accade!

Ma allor, cosa sei?
perché calore e fiamme rimangono intangibili per quanto strazianti,
ma io ti tocco!
Dio, se ti tocco,
e son proprio le tue labbra, amore mio, a scottarmi!

E più brucio
e più chiedo fiamme,
che sol il mio corpo può estinguersi,
non altro!

Ma allor, cosa sei?
perché resto in piedi e son travolto!

Che ogni uomo,
potendo,
chiederebbe un saggio del proprio futuro.
Ma non io,
perché so che il mio futuro ha la tua forma e la nostra essenza.
E la nostra essenza è immobile nel suo divampare,
imperitura nella sua combustione,
e giuro che pur volendo restare spettatore,
mi riscopro complice,
perché questo rosso…
questo rosso che mi dilania il corpo,
è il colore della mia anima!

Ma allor, cosa sei?
perché non scorgo più confine che ci distingua.


Il pianista che ha fallito

Hai mai visto un pianista?
Come sfiora quei tasti,
con il viso dell’artista
nasconde i pensieri marci e guasti.
A tradirlo son solo le note
ma a chi vuoi che importi
del tormento che lo scuote,
dei suoi fantasmi, così risorti?
Dentro tiene un mare grosso
di timori e di pensieri
con negli occhi un sole rosso
di chi non pensa mai a ieri.
Vuole soltanto afferrare
il suo futuro per guardarlo in viso
ma lui è furbo e scompare
lasciandolo deriso.
Deriso si fa per dire
perché la folla è lì ad applaudire
quell’immenso capolavoro
di cui il pianista aveva appena fatto dono.
Così si chiude il sipario
applausi a scena aperta
e intanto aumenta il divario
tra il pianista e la sua anima coperta.
Io non son pianista
non suono, non disegno,
di certo non son l’artista
di cui sopra, ma nascondo con ingegno
il mio pensiero fatalista.
Faccio rime, vi diletto
non tocco tasti
ma ugualmente vi allontano dal distretto
dei miei pensieri meno casti.
I pensieri del mio io disperato,
quelli freddi, che fanno male,
di chi ha provato e riprovato
fino a cader nel banale.
In cuor mio non vi nascondo
che pianista io son nato
e che il timore è assai profondo
di morir condannato.
Ma il mio tempo è terminato
il sipario si richiude
prego, salutate chi ha provato
non è riuscito e conclude.
Non alzatevi dalla sedia
non applaudite questo ragazzo
che per il semplice suo sollazzo
ha recitato una commedia.
Poco importa se non capite
se non apprezzate tali versi
solo perché voi preferite
canzoni su amori e cieli tersi.
Non tutto è rosa
lettore ingrato
il sipario è chiuso
ma se fai tesoro del tempo che ho rubato
sarà gran cosa
ed io per primo non rimarrò deluso.
In un gesto di follia
ho strappato il mio spartito…

Ora conoscerai la fisionomia
del pianista che ha fallito.


Teatro

Di stelle e di sogni è fatta la tua voce,
ancor la odo mentre dicevi
“Baciami amore mio e scappa veloce!”
e fuggii veloce ma non quanto volevi.

T’amerò amore mio, t’amerò finché son sazio
e se desiderarti è sintomo di demenza ,
allor pagherò volentieri questo dazio:
amarti è per me dolce penitenza.