Considerazioni postume

“non sarebbe dovuta finire così” pensava, quando ormai le sue membra non trasmettevano più dolore e una fastidiosa pace invadeva il suo corpo. Aveva sonno, troppo sonno, si sforzò ancora per rimanere aggrappato un altro po’ al pensiero; unico testimone, perlopiù assente, di quella esperienza unica che aveva, fino allora, segnato la sua vita.

Vi sono tanti punti di vista rispetto alle esperienze vissute da una persona; e del perché determinate cose succedono oppure no. Cosa avrebbe dovuto pensare lui, di ciò che aveva fatto? Risposta datagli “era destino” ma lui questa risposta non l’accettava e nonostante ciò che si dice  lui era stato tutto fuorché fatalista; o forse lo era diventato? Certo lo avevano indotto ad esserlo, lui, l’emblema dello spirito forte, del carattere assoluto, era divenuto una marionetta di qualcuno. Tutto ciò poteva anche essere vero, ma non bastava; non poteva essere l’unica causa di ciò che ora stava accadendo.

No! Lui non era stato soltanto una marionetta! Aveva detto e fatto ciò che voleva dire fare.

Vi sono punti di vista differenti è vero; si può credere che la vita si sussegua in una serie interminabile di mondi istantanei, determinando, una catena che la forma e che solo quella già costruita è suscettibile di errore, peraltro già compiuto; o che questa catena siamo noi a determinarla, oppure soltanto la percorriamo.

Tutto ciò e altro può essere pensato, ma era proprio questo che ha detto e fatto.

“tutto ciò può essere “ certo! Era così!

Ma perché lui ora era lì? Non sarebbe dovuta finire così. No, lui aveva detto altro, aveva detto di più e non tutto era ciò che voleva dire. Gli avevano costruito una strada e lui idiota l’ha percorsa.

Ora aveva sonno, troppo sonno, e lui sapeva che era finita. Rimase il tempo di lenire il suo tormento, pensando, che lui, solo lui, aveva pagato il prezzo del suo errore.

Calò la notte sul colle di Gerusalemme, calò il sole su tre corpi piantati sul legno.

Solo lui aveva pagato il prezzo del suo errore.

Solo lui può pensarla ancora così.


Le avventure di Astrobal

Astrobal si stava chiedendo se le finite e consequenziali geometrie degli, ormai rari, eventi naturali avessero ancora, o mai avuto, una logica catena. Rispondessero cioè ad un qualche disegno prestabilito, o se tale disegno si componesse via via in un interminabile sequenza di non prevedibili connessioni spontanee e non decifrabili se non nel dato di fatto, nel già accaduto; come si diceva una volta, nel senno di poi.

Un disegno cioè, che non aveva una fine prestabilita,ma che la si potesse percepire man mano sempre più, cogliendo nel tempo le possibilità, passive e attive. Sarebbe stato così? Oppure tutto ciò non aveva più senso; forse un tempo poteva anche averlo, ma ormai gli eventi naturali erano così rari, che quasi perdevano di significato, o meglio, sembravano le ultime frenetiche manifestazioni di una realtà ormai sconvolta, di una non realtà che grida con disperazione dei tempi in cui era.

Già, pareva proprio così, ma Astrobal non era troppo convinto. Come era potuto accadere che un mosaico i cui confini non erano ancora conosciuti, o meglio, non erano ancora e basta, potesse ricevere, ad un tratto, pezzi del tutto diversi e incongruenti; anzi, destabilizzanti, distruttivi, di ciò che già era stato pazientemente composto. Un cancro! Un infernale tumore maligno! Ecco cosa era l’uomo per la natura, per l’essere stesso. D’altronde non era il solo;  tutti i livelli vitali, dai più semplici organismi ai più complessi, come l’uomo stesso, erano soggetti a tali “malattie” o “trasformazioni”, e così l’uomo era il cancro dell’organismo più grande, l’organismo Terra..si diceva, infatti,che tali malattie fossero per certi versi insite negli esseri viventi, che in tutti sono presenti ma non attive. L’uomo così era il cancro attivo, rimasto latente per millenni e infine destatosi della Terra. Astrobal sorrise, anche se quell’immagine era tutt’altro che spiritosa, anzi, di un inquietante paradossale, ma al tempo stesso così banale da non crederci appunto. Sembrava, a pensarci, la trama di una pellicola dei millenni precedenti, quando l’uomo si divertiva a inquietarsi, inventando storie visibili su schermi per dimenticare o per ricordare le angosce quotidiane. Raccontava così bene se stesso che non riusciva a riconoscersi. Forse era proprio così; de mandava ad una storia fittizia, costruita e quindi a una favola, la verità su di sé, per poter dire che non era vera, per poterla rifiutare. Astrobal si rese conto che stava divagando troppo dal problema centrale, dal nocciolo della questione, come aveva letto in un librogramma dei detti primitivi; o come soleva dire lui, non trovava l’input d’accesso, il file nascosto tra la memoria del quesito. Doveva riportare il tutto ad una

più concreta razionalizzazione. Scandagliare le possibilità di risposta in una serie di numeri di un sistema binario. In fondo lo sapeva fin da quando era nato zero e uno riassumevano in sé le essenze delle questioni. Ma nello sforzo di trovare il punto di partenza del tutto, percepiva che quella strada non lo avrebbe portato da nessuna parte. Come gli aveva detto quel vecchio sciamano, ultimo superstite di un popolo dimenticato, che vendeva radioautografi all’angolo della strada “La risposta è dentro di te, la devi sentire” ma l’etere, in quei tempi, era così incasinato che sentire la risposta tra i miriadi di messaggi che vi circolavano sarebbe stato del tutto impossibile. Forse, celato in qualche luogo nascosto della rete, avrebbe potuto trovare qualcosa, chissà dove; del resto Astrobal era sempre stato un tipo mentalmente pigro, abituato a visitare i siti del suo quartiere continentale, non era dedito a viaggi più impegnativi. E poi il casco virtuale era diventato obbligatorio per tutti i navigatori, e lui non lo sopportava. Il problema forse era proprio il fatto di porsi queste domande; si era sempre sentito un uomo fuori dal suo tempo. Già, ma in fondo, qual era per Astrobal il suo tempo? E che senso aveva scandirlo? Il tempo era dato dal movimento, ma lui si muoveva così poco,, che sarebbe dovuto vivere per secoli. Sorrise alla propria battuta compiaciuto dal fatto che mai perdeva il suo umorismo. L’umorismo, l’ingrediente essenziale della vita che… Ma i pensieri di Astrobal furono bruscamente interrotti dalla voce metallica che inondava le pareti opache di uno dei pochi bagni pubblici ancora esistenti. Astrobal era sempre stato stitico, ed il suo tempo era scaduto.


Vita

hai visto quanto breve è

la vita di una goccia?

Ti ha mai detto con quanto

amore e gioia lotta per

l’indipendenza? Sforzo divino il

suo, per liberarsi dal giogo del bordo.

Cade e gioisce morendo.

Hai mai visto e capito ciò?

E non venirmi a parlare di vita.