Poesie
Grido muto
Scrivo
perché mi è necessario
altrimenti soffocherei, ne morrei.
Non scrivo
per gli altri, per il mondo, per la posterità.
Scarabocchio parole
per incontrare me stessa
per odiarmi un po’ meno.
Disegno sogni sulla carta
per respirare,
per sopravvivere,
chissà, un giorno vivere.
Mi fondo all’inchiostro
per alleviare quel bisogno che mi divora dentro.
Il paese dei paradossi
Sembra una banale grande città del mondo
In una strada banale, in una banale giornata di sole splendente
Laddove ogni buon deviato che si rispetti ha trascinato i suoi piedi
Hippie, alternativi, pazzi, prostitute, travestiti, senzatetto,
sognatori, coloro che hanno perso tutti i sogni.
È giorno
La strada pullula di proletari che vanno al lavoro
Sotto il sole cocente, sotto il cielo terso
Si prospetta un’altra pigra giornata d’inverno
Quell’allegro chiacchierio, quel calore gioioso
scacciano via il funerale che mi abita.
Una fermata dell’autobus
Macchine bloccate nel traffico
Persone indaffarate
Un camion da guerra
avanza sotto i nostri sguardi indifferenti
Impassibili come quando si guarda la televisione
Siamo osservatori vuoti che pensano alla propria monotonia
Dentro militari impugnando fucili,
tra uno scherzo e un sorriso,
si preparano per un’altra normale giornata di lavoro
Vanno a spezzare vite.
Il camion si fa sempre più minuscolo
Sparendo nell’orizzonte, dai nostri pensieri
Noi continuiamo a pensare
Chi al collega antipatico, chi al pranzo
Abituati alla bellezza e all’orrore.