Quando eravamo piccoli

Quando eravamo piccoli
ci bastava una coperta per diventare invulnerabili
con qualsiasi mostro notturno ci minacciasse.
Quando eravamo piccoli,
con uno o due giocattoli
un soldatino e un dinosauro,
bastavano per creare la più grande storia mai esistita.
Quando eravamo piccoli,
il nostro quartiere era il nostro mondo,
e se ne uscivi i confini, ti sentivi forte e grande,
come dopo una grande impresa.
Quando eravamo piccoli,
ci si parlava direttamente, ci si cercava direttamente,
e se volevo chiamarti per giocare bastava citofonare
per riempire poi la strada o il cortile di urla e risate.
Quando eravamo piccoli,
sognavi i mestieri più strani da fare da grande,
e se non era o astronauta o aviatore
eri uno sfigato.
Quando eravamo piccoli,
la sera d’estate potevi far leggermente tardi fuori
ma l’inverno al primo buio si rientrava dentro…non tutti avevano i lampioni.
Quando eravamo piccoli,
i nostri problemi erano pochi
e se ce ne fosse stato qualcuno
la soluzione era li quasi a portata di mano,
anche se erano più grandi di noi non ci spaventavano
o magari lo facevano poco.
Quando eravamo piccoli,
la scuola era il massimo dei problemi,
ma andarci il giorno dopo per l’ora di ginnastica o per discutere del cartone del giorno prima,
ne valeva veramente la pena.
Quando eravamo piccoli,
raccogliere il pallone sotto le macchine era la nostra sfida quotidiana,
fare un tema sulle vacanze, imparare una poesia, affrontare le prime cotte.
Quando eravamo piccoli,
il gelato il sabato pomeriggio era gustoso davvero,
come l’ovetto kinder che ti riportavano a sorpresa a casa.
Quando eravamo piccoli,
c’era troppa ingenuità,
e non si vedeva l’ora di crescere per diventare più grandi
ma forse, ci piaceva soltanto,
salutare il bambino che era in noi per incasinarci di più la vita.


Pensiero ad un amico

Stasera
mentre ero sul balcone
come sempre mi capita
guardavo le stelle.
La solita lavagna nera
con mille spilli accessi
di caldo giallo oro,
vegliava sulla mia testa
e su quello intorno a me.
Solo che, mi piace pensare
di avere invece te,
caro amico mio
a sgridarmi e farmi da guida.
Questa è la prima che ti scrivo,
ma dentro ogni stella che guardavo e guardo
ho sempre ritrovato
quel tuo dolce sorriso
intinto della verde gioventù spensierata.


Incontri in bus

Torni da casa,
con le luci della sera,
stanca di lavoro
e sembri serena.
Il viale è lungo
la fermata ti aspetta,
il bus oggi tarda
e tu vai di fretta.
Smaniosa e distratta
lo sguardo d’attesa
ignara non sai
di non aver scelta.
Sali, ti siedi
e provi a dormire
e io già che immagino
come farti soffrire.
I pensieri corrono
l’adrenalina che sale,
un coltello affilato
o una caduta
dalle scale.
Le mani possenti
intorno al tuo collo
spezzarti le ossa
come ali di pollo.
Legarti e bendarti
con fili e nastro,
stuprarti e umiliarti
da vero mastro.
I modi son tanti,
di tempo ce ne vuole,
ma posso aspettare,
per godermi il tuo
dolore.
Le fermate son poche,
e il bus che avanza,
e io che immagino
il sangue nella stanza.
Un lago, un fiume,
ma chi se ne frega,
basta che usi,
la mia motesega.
Tagliarti a brandelli
oppure a pezzettini,
per darti poi in pasto
ai miei dolci gattini.
Ora ti alzi,
e stai per scendere,
tranquilla, farò sembrare
come fosse un incidente.