FRANCESCA NON ESISTE

                                                                 CAP. 1

 

Mi chiamo Gianni, ho fatto un sogno così bello e così vero ! Nato a Firenze il 13/03/1983.

Turbolenta nottata. Ero uscito da scuola, l’Istituto d’arte di Firenze, adagiato in un bel parco fuori Porta Romana . Ora fissata 17:00. Con gli amici di sempre, Arturo, Franco e Gioia, andiamo verso la scuola di danza moderna. Io ballo in coppia con Gioia, balli latini. Franco ed Arturo la brek dance, ci dobbiamo preparare per il campionato mondiale. Verso le 21:00 usciamo in strada, ancora un’ora di chiacchiere e ci salutiamo. Prendo il motorino, infilo il casco, comincia a piovere mi scappa un ”porca miseria” devo attraversare tutti i viali e accompagnare Gioia a casa. Chiamo casa: ”pronto sono Gianni”, ”dove sei? Non torni a cena nemmeno stasera?” la mamma (bella signora dai capelli biondi, occhi celesti la mia mamma); ”scusa mamma ho fatto tardi a danza lo sai questo campionato lo dobbiamo preparare con cura, vagliare tutti i particolari”. Mamma io voglio vincere. ”Ma quando torni Gianni, non più tardi di mezzanotte domani c’è scuola”. ”Si mamma torno presto,ciao!”. Riattacco con mamma e subito squilla il telefono: ”Pronto chi sei?” ”sono Arturo”, ”Arturo che c’è ancora?”, ”devi venire alla festa di Roberta”, ”no io alla festa di Roberta non ci vengo nemmeno per sogno”, ”dai c’è tanta bella gente anche le ragazze che sai quelle del Polimoda!”. Si, proprio quelle. Il 21 Giugno ore 21:00 Fiesole Villa Roberta. ”Bene Arturo ci sarò di sicuro ci vediamo domani a scuola”. Accompagnata Gioia a casa sono per le scale alle 23:45 stanco e fradicio non vedo l’ora di buttarmi sul letto.

 

 Cap. 2

 

Un anno dopo. Il mio sogno…diventare stilista, vestire le donne più belle, conoscere attrici. Quanta strada devo fare, sudare , disegnare e disegnare quei manichini con tanti puntini che prendono vita dalle mie mani… comunque ci sto provando. Disegni di borse, scarpe, cinture, foulard, gonne e giubbotti imbottiti. Ho deciso lascio la danza, non posso buttar via il mio sogno. Oggi parlerò con Gioia della mia decisione, lei mi capirà. Ore 16:00 fuori nel parco Capannello di ragazzi: ”Gioia scusa puoi venire un attimo?”, ”cosa vuoi Gianni?”, ”devo parlarti di una cosa”, ”ma che fai piangi?”, ”quello che ti devo dire…non so come dirtelo”. ”Forza parla non fare il ragazzino!”, ”ho deciso di non fare più danza”, ”cosa?!?”, ”si smetto, la moda è il mio avvenire”. Gioia lo lasciò piangendo.

 

 

 

 Cap. 3

 

Gianni finito il quinto anno si iscrisse al Polimoda. La madre non era tanto contenta ma al ragazzo piaceva. Era un sacrificio… ma poi accettò. La nuova scuola era tutta da scoprire e poi c’era lei il sogno proibito di tutti i ragazzi : Francesca. Vi ricordate la festa ? La prima volta è li che ebbe la visione una ragazza bella da morire, alta un metro e settanta, capelli mori lisci come seta, due occhi da pantera e una pelle liscia come il marmo di Carrara. Tra me e lei c’erano tre anni di differenza.. non mi vedeva ma io vedevo lei. I giorni passano, Gianni stava cambiando si stava rendendo conto che la sua sensibilità si stava affinando, guardava le ragazze, cominciava a capire cosa potesse interessare loro, i loro atteggiamenti, come portavano le gonne e poi lei era strepitosa. Tutta roba firmata. Ho cominciato a fare amicizia con alcune ragazze del gruppo, io mi avvicinavo sempre più a Francesca ma quando chiedevo di lei in giro nessuno sapeva chi fosse o di che cosa stessi parlando. Forse essendo del primo non la conoscevano. Era ormai passato qualche mese e di Francesca non c’era traccia. Decisi di chiamare Roberta: ”pronto sono Gianni ti ricordi la festa?”, ”si ricordo cosa vuoi?”, ”sto cercando Francesca sai dove la posso incontrare?”, ”Credo sia a Milano per delle sfilate”, ”sai quando torna?”, ”penso in settimana. Perché la cerchi?”, ”mah.. le volevo mostrare dei modelli per un parere! Grazie ci sentiamo”.

Milano una sera di Marzo, un locale sul naviglio accende le sue luci per la prima volta e fra le ragazze che animano la serata…Francesca era più bella che mai. Si muoveva e ballava esaltando le sue forme sprigionando una sensualità da capogiro. Tutti la guardavano incantati. Finito lo spettacolo, in camerino con altre ragazze Francesca si vantava di tutti quegli sguardi che quasi le strappavano i vestiti di dosso. Mentre raccontava, le altre la guardavano quasi con invidia.

 

   Cap. 4

 

Ma chi era Francesca? Mentre era seduta al banco sorseggiando un Martini, si avvicina a lei un ragazzo distinto, era molto alto circa 1,80 capelli mori, lunghi, occhi castani. Le sussurrò qualcosa, lei si alzò e lo seguì in giardino. Lei lo strinse a sé in un lungo bacio facendolo fremere come se fosse stato il primo; non si aspettava che lei facesse il primo passo. Lui afferrò un lembo di pizzo e le mutandine di lei saltarono lambendole il sedere; la sdraiò sull’erba umida e consumò con lei un amplesso dolce e curato in un mormorio di sospiri e godimenti. La mattina seguente in giardino un inserviente addetto alle pulizie mentre metteva a posto i tavoli, scorse sbucare da una siepe due piedi. Cacciò un urlo e altri accorsero, chi scappava da una parte, chi dall’altra, nessuno aveva il coraggio di avvicinarsi. Il corpo non si muoveva: era il giovane che era stato con Francesca. Era morto, un rigagnolo di sangue gli usciva dalla bocca. Fu chiamata la polizia che giunta sul posto cominciò a indagare. Il commissario Bruni radunò tutti i presenti in una sala chiedendo prima al padrone del locale: ”Signor Roberto lei ieri sera non si è accorto di nulla verso le ore 01:00 quando ha chiuso il locale?”, ”sa commissario ieri sera all’inaugurazione del locale è venuta tanta gente poi è andata via mica mi son messo a contarli!”, ”non faccia lo spiritoso!” urlò Bruni. ”Ero molto stanco ho spento le luci e sono andato a letto, non ho notato nulla di strano.”, ”bene, voglio che chiami tutti i suoi dipendenti che erano presenti ieri sera al locale comprese le ballerine e le ragazze immagine”. Il commissario parla con tutto il personale compreso il barman che al commissario racconta di questa bella ragazza mora che si era allontanata con il ragazzo. ”Ma come si chiama!? Si può sapere chi era si o no?”. Il commissario chiamò Roberto e con voce accesa: ”ma insomma si sa come si chiama questa benedetta ragazza oppure no?”, ”commissario le ragazze vengono mandate da un’agenzia di Firenze, a volte usano il proprio nome a volte no”, ”quindi” rispose il commissario ”lei non sa nemmeno chi lavora per lei! Mi dia almeno dell’agenzia per modelle e comparse Nabagaolce tel. 055/312354”. Preso quello che cercava il commissario Bruni salutò tutti e uscì dal locale. Ma chi è Francesca ?

 

                                                                   Cap. 5

 

Lunedì mattina entro nel parco della scuola e mentre salgo le scale con la testa fra le nuvole qualcosa mi urta violentemente facendomi ruzzolare insieme ai libri e quaderni da disegno che si spandono per tutto il giardino. Riaprendo gli occhi vedo china su di me Francesca che con piccoli tocchi cercava di farmi riprendere. Il cuore mi batteva all’impazzata. Che visione ragazzi! Era li che mi toccava il mio sogno di ragazza. Mi faceva male un po dappertutto ma con uno scatto felino mi rimisi in piedi, le gambe mi tremavano e una voce dolce raggiunse i miei orecchi rossi di vergogna: ”scusa ma ero distratta ti do una mano”. Mentre io ero in brodo di giuggiole come si dice a Firenze quando la contentezza supera il bordo, lei era che raccattava tutti i miei disegni e io la stavo guardando estasiato. Lei si volta verso di me: ”sono veramente belli questi disegni! Che anno fai? Come ti chiami ragazzo?”. Queste domande a raffica mi avevano imbambolato. ”Come scusa dici a me?”, ”vedi altri qui intorno?”rispose lei. Si avvicinò e porgendomi i disegni: ”come ti chiami ragazzo?” e con quelle labbra calde mi baciò sulla fronte. Ebbi un sussulto che mi riportò per un attimo alla realtà. Ero seduto sul mio letto completamente sudato.


 

 

DIDO E LA FORMICA

 

C’era una volta in un grande prato un bel formicaio dove abitava Ambra la formica.

Era una formica operaia di gran livello nera come la pece, forte come un leone. (Si fa per dire, era solo forte).

Il formicaio era in fermento, stavano arrivando le grandi piogge quindi il formicaio andava rialzato dal terreno almeno cinquanta centimetri.

Tutte le operaie erano a lavoro mentre il sole faceva capolino: “buongiorno formiche!” una voce sibillina seguita da un forte fruscio le salutò;

Ambra con alcune compagne si fecero subito avanti : “buongiorno Signor Serpente” esclamarono in coro.

“Cme mai tutto questo fervore?” rispose lui.

Ambra la formica si fece avanti esclamando: “dobbiamo alzare il formicaio, stanno arrivando le grandi piogge”. Il serpente rispose: “volete una mano mie care?”

Le formiche risposero tutte: “no grazie”. Il serpente le salutò e le formiche ripresero il loro lavoro e il formicaio pian piano cominciava a salire.

Dopo quasi un mese di lavoro, il formicaio si era alzato di ben venticinque centimetri, Ambra la formica era entusiasta del lavoro fatto fino a quel momento, alle grandi piogge mancava ancora un mese e quindi erano a metà dell’opera. Tutti gli insetti del vicinato erano sbalorditi della grande opera, ammirati dal grande lavoro delle formiche. Tra loro c’è un millepiedi di nome Dido il quale non era molto contento di quello che stava succedendo perchè man mano che il formicaio saliva, la sua casetta finiva sempre più in ombra,cosa stava succedendo?!

Dido si fece coraggio e rivolto ad Ambra le urlò con voce ferma: “Fermate i lavori, voi tutte fermatevi io devo parlare con la vostra Regina!”.

All’improvviso nel grande prato tutto si fermò,le formiche ed Ambra si girarono verso Dido e tutte in coro: “chi ha parlato?”

“Sono Dido il millepiedi e devo parlare alla vostra Regina” ribadì con tono fermo.

Ambra scese dalla cima del formicaio e rivolta a Dido gli chiese quali fossero i motivi cosi urgenti da sospendere i lavori del formicaio.

Dido senza timore chiese ad Ambra di seguirla. Ambra ordinò alle formiche di riprendere il lavoro “io torno subito” e si incamminò con Dido.

Man mano che si inoltravano tra l’erba, la luce si attenuava sempre di piu benchè fossero le dieci del mattino; sembrava sera e la temperatura stava scendendo bruscamente. Dido fa notare il cambiamento ad Ambra la quale si stava domandando il perchè di quel fenomeno.

Giunti nei pressi di un vecchio tronco,alla sua estremità vi era la casa del millepiedi che invitò a entrare; la casa era umida e non si vedeva quasi niente, in un angolo sotto della paglia il figlio e la moglie di Dido cercavano un po’ di tepore.

Ambra rimase molto male vedendo tutto questo e rivolgendosi a Dido gli chiese come poteva essere successa una cosa come quella;

Dido quasi piangendo spiegò ad Ambra il perchè di tutto questo: da quando erano cominciati i lavori al formicaio, poco a poco i raggi del sole si sono affievoliti sempre di piu creando una zona d’ombra.

Ambra la formica rassicura Dido che parlerà con la Regina di questa situazione:

“stai tranquillo troveremo una soluzione”. Saluta Dido e famiglia riprendendo il cammino verso il formicaio.

E’ sera quando Ambra fa ritorno al formicaio avvilita e stanca si addormenta con il pensiero di quei poveretti che stavano subendo tutto questo.

Il mattino seguente di buon’ora Ambra si presenta alla Regina e la mette al corrente della situazione della famiglia di Dido. La Regina cominciò nervosamente a camminare per la stanza pensando a come fare per aiutare la famiglia dei millepiedi.

Fece chiamare il capo degli ingegneri e chiese loro di trovare una soluzione. Mandò a chiamare anche Ambra, la mise al corrente delle sue decisioni, la quale tirò un sospiro di sollievo.

Una squadra di formiche con l’ingegnere cominciarono a fare tutti i rilevamenti per trovare una soluzione, e dopo una … ecco la soluzione a tutti i guai della famiglia millepiedi !

La Regina fece chiamare Dido:

“Signor millepiedi noi abbiamo trovato la soluzione che è la seguente: lei con l’aiuto del mio ingegnere e un reparto di formiche dovrete spostare la vostra casa di novanta gradi dalla grande ombra creata dal formicaio, senza interrompere i lavori del formicaio. Ora andate”.

Dido si congedò dalla Regina con grande riconoscenza.

Il formicaio saliva saliva fino a raggiungere l’altezza stabilita, mancava una settimana alle grandi piogge, l’opera era finita, la famiglia dei millepiedi era stata sistemata.

Ora il sole era anche troppo, tutti nel grande prato erano stanchi ma felici.


 

GRANDE FELICITA’

 

C’era una volta un paesino di nome Felicità, era così meraviglioso che solo a vederlo ti scappava un sorriso.

Il paese in questione si trovava in una valle a circa 800 metri d’altezza, circondato da meraviglie: fiumi dalle acque limpidissime in cui ti potevi specchiare, alberi bellissimi e secolari, animali di ogni tipo e grandezza, fiori dai mille colori che tempestavano le valli; circondato da da montagne con le vette innevate che sfioravano le nuvole.

La vita nel paesino trascorreva felice senza mai un litigio, non vi era nulla fuori posto, le strade erano pulite…insomma una meraviglia di paese, dove vivevano all’incirca 300 anime, le case erano in pietra e tutte uguali, portoni, finestre, tutte uguali e terrazze piene di fiori .

Al centro della piazza c’era una bellissima fontana decorata con due grossi cigni bianchi dai quali fuoriusciva acqua cristallina creando un piacevole concerto di gocciole.

Al lato della piazza vi era una piccola chiesina sovrastata da un grande campanile da cui le quattro campane richiamavano tutta la valle; insomma era proprio un paesino semplice, pulito e sempre in festa .

A dieci chilometri da questa meraviglia , sorgeva un paese di nome Cattiveria, era collocato in una valle desertica, non vi era un albero, era sporco, puzzolente e brutto;la gente puzzava, non rideva mai, non vi era cenno di felicità, dove ti giravi ti giravi era una discarica, ruggine e bruttezze a non finire.

Il fiume che tagliava il paese a metà era di un colore che dava sul marrone, nero e verde mischiati, insomma nemmeno con gli occhiali si capiva che colore fosse.

Delle poche case che c’erano non ve n’era una uguale all’altra, le porte e le finestre non si distinguevano, la fontana in mezzo alla piazza era diroccata, il campanile con un’unica campana che quando suonava invece di fare din don faceva den din…stonava!Nel suo contesto questo paese era a dir poco bruttissimo.

Tra i due paesi descritti vi era molta rivalità, le persone di Felicità cercavano di far capire a quelli di Cattiveria che potevano cambiare la loro vita e il loro aspetto, ma questi non capivano, anzi si adiravano ancora di piu, verso i paesani di Felicità.

Le scaramucce fra i due paesi continuarono per anni, finchè un giorno gli abitanti di Felicità costruirono un muro che li divise da Cattiveria per la paura di essere contagiati da cotanta bruttezza.

Ci vollero la bellezza di cinque anni per chiudere l’accesso alla valle.

I cittadini di Felicità decisero di fare una grande festa per ricordare la fine dei lavori .

Era una bellissima giornata invernale, la neve imbiancava tutta la valle, la luce si rifletteva in mille cristalli, le piante disegnate dalla neve sembravano grandi statue di cristallo, i paesani erano tutti in piazza dove musica,canti e allegria facevano da coro ai rintocchi delle campane che con la loro melodia oltrepassavano il muro raggiungendo anche il paese di Cattiveria.

Il sindaco di Cattiveria ormai distrutto e pieno d’invidia verso gli abitanti di Felicità decise di vendicarsi,così chiamò i suoi uomini più fidati e li mandò a procurare danno ai loro rivali.

Quindi ordinò di prendere due grandi e rugginosi frigoriferi e al calar del sole avrebbero dovuto gettarli nel laghetto color smeraldo di Felicità;  così fecero.

Passò all’incirca un annetto e la natura intorno al lago di Felicità cominciò a imbruttirsi, gli alberi perdevano le verdi foglie, l’acqua era diventata color marrone, il paese si stava inquinando.

Le autorità decisero di mandare una squadra a controllare il lago Smeraldo; resosi conto della malefatta subìta decisero di scoprire chi fosse stato.

Indaga e indaga e come si poteva immaginare, indovinate chi è stato? Gli abitanti di Cattiveria.

A quel punto scoperti i colpevoli, furono cosi condannati a creare un nuovo paese che fosse pulito, ordinato e felice.

Ci vollero mesi ma il risultato fu eccellente. A quel punto il muro del paese Felicità fu abbattuto e si formò cosi un nuovo paese dal nome Grande Felicità.