Infondo all’amore

Perché vesti il tuo odio

con tanta neghittosa eleganza?

Saresti meno devastato se sapessi?

Continua a chiedertelo e vivrai.

Blu.


 

Andante, senza brio

Distese di cielo livido a guardia del mondo.

Vicino, lontano, vagamente accennato.

Laggiù, al limitare di una galleria sconfinata, tu,

improbabile, tu, impossibile, tu.

Sferraglia rapido il cuore,

come un treno passato e perduto : può accadere.

E’ accaduto a me.

Quel cuore era il mio.

Chissà quali parole, forse pioveva,

magari c’era silenzio e noi, senza una ragione,

avevamo camminato lungo la ferrovia.

Se? Ma? Per caso? Nulla, nessuno poteva.

L’assenza di suono

produceva un rumore assordante.

Ma noi non l’avevamo sentito : tra gli alberi nudi d’autunno,

ci eravamo smarriti, prima del tempo.

“Addio” fugace, svogliato,

l’attesa ci consumava con chirurgica destrezza,

forse la nostra ultima opportunità?

Ma noi, oramai, eravamo lontani.

Oggi. Senza parole, senza di te.

Rimani aggrappato a quel raggio di luce e aspettami.

Cercherò sempre di raggiungerti. Sento il cuore che batte.

E non è il mio.


 

Una giornata qualunque

Risveglio lento, punteggiato da rumori inconsueti.

Sono i suoni del sabato mattina, che molesti e sublimi, accompagnano il giorno del riposo.

In verità avrei molte cose da fare oggi ma nel momento stesso in cui i miei piedi sfiorano il pavimento, decido che non farò nulla e immediatamente assaporo l’agrodolce di una ritrovata libertà.

Oggi, nessuno potrà raggiungermi.

La casa è silenziosa, trafitta da lame di luce straniera nelle quali galleggiano particelle di polvere antica e di vecchi pensieri.

Mi lavo con cura e poi mi vesto a caso, già distante da questo luogo, già fuori da queste mura.

In strada, l’aria del mattino è una rivelazione : non più tesa e pungente come ieri ma tiepida, il retrogusto fiorito della primavera.

Mi siedo al volante della mia auto, accarezzando, per un istante, un’assurda felicità.

Potrei guidare per ore senza meta, in compagnia della mia dorata solitudine, per il solo piacere del viaggio.

E’ che le strade non hanno mai una vera fine, sono misteriose e si lasciano scorrere, percorrere con placida benevolenza, si snodano attraverso scenari anonimi, perse nelle lunghe attese di improbabili viaggiatori.

Mi fermo all’improvviso, senza nessun calcolo, spinta dal bisogno d’aria fresca.

Il paesaggio circostante mi colpisce per la sua diversità e solo in quel momento mi accorgo di aver guidato fino al mare.

Lo vedo il mare, in lontananza, è un piccolo triangolo di seta azzurra che sorge tra due ali di roccia scura.

Nel silenzio rotto soltanto dal mio respiro, arrivo anche a sentirlo, il mare.

Percepisco il dialogo sommesso delle onde quando toccano la spiaggia, quando rubano terra alla terra, nel loro eterno movimento.

Il paese è poco più in là, aggrappato alla roccia, come un equilibrista di consumata esperienza.

E’ il tipico paese di mare, variopinto, irregolare, le case strette l’una all’altra in un abbraccio quasi commovente.

Lo raggiungo a piedi e vi entro con tutto il rispetto di uno straniero in terra straniera.

Gli sguardi, i gesti e le parole, mi danzano intorno assumendo i contorni di un innocuo gioco di accerchiamento che ora allontana, ora avvicina : il mistero della conoscenza, di ciò che può legare a vita o dividere per l’eternità.

Un indigeno del luogo mi accompagna fino nel centro del paese e mi indica una trattoria dove mi fermo a pranzare.

E’ un pasto strano, senza tempo, condito dalle chiacchiere inutili degli sconosciuti avventori, colorato e piccante, che lascia tracce di sé sui vestiti, tra i capelli.

Giunta al caffè, si uniscono a me i proprietari della trattoria, due giovani sposi dall’accento che tradisce le loro origini liguri.

Sono nati in questo paese, mi spiegano, gestiscono la trattoria da sempre e gli va bene così; amano questa vita e questo luogo, non hanno mai pensato di lasciarlo per nessun altro luogo al mondo.

Travolgente semplicità, quelle frasi essenziali elargite con una sottile indolenza che si sposa perfettamente ad un pomeriggio ozioso, alla quieta felicità.

Più tardi, tornando sui miei passi, rifletto.

Cosa c’è di veramente attraente in questo labirinto di viuzze sgangherate che profumano di pesce, nel pugno di casupole graffiate dal tempo e baciate da un tramonto perfetto? Nulla.

Eppure qualcuno ama questo nulla con tutto sé stesso, ogni singolo centimetro di terra brulla, ogni scampolo di cielo, è caro a qualcuno.

E questa potente corrente d’amore, contagia il nulla, tingendolo di immortalità, rendendolo indelebile nella memoria universale, ormai anche nella mia.

Il sole morente si attarda sulle mie spalle nude mentre lentamente mi allontano da questi luoghi.

So per certo che non ritornerò mai più, dimenticando perfino la strada che mi ha condotto fino a qui .

Unico oblio di questa giornata qualunque.