ADOLESCENZA

Il sole quell’estate aveva braccia

tanto grandi da circondare il mondo,

ma stringeva me sola

e mi baciava tenero la faccia.

Il mare ad ogni alba

mi donava in segreto

le tintinnanti lune

d’argento e d’oro

rubate nella notte.

Raccoglievo conchiglie

di rosea carne nuda

grevi d’odori, di sussurri molli

e, turbata, le celavo nel petto.

Io dividevo l’aria con gli uccelli

e i prati coi papaveri fratelli,

fatta di piume e linfa come loro.

Mai più ho visto le spighe, lance vive,

splendenti in mezzo al giorno

levarsi aguzze ed alte

contro il cielo indifeso per ferirlo,

con voluttà dolcissima e crudele.

Né gli alberi di sera danzare piano,

tenendosi per mano,

con passi lievi, appena percettibili.

All’ombra afosa d’oziosi pomeriggi

dondolanti sull’amache del niente,

mi guardavo riflessa

nello specchio dell’acqua

e, come persa, mi chinavo piano

fino a bagnarmi le trecce e il viso,

nella mia stessa immagine annullata.

Le cicale stridevano gelose.


TUTTI INSIEME, TUTTI SOLI

Tutti insieme, tutti soli

nel frastuono assordante

delle vie,

avvertire d’un tratto

il battito del cuore

ed il proprio respiro

quasi fossero l’unico rumore,

nel silenzio improvviso

che diventa atterrito,

insostenibile,

come di un urlo muto.

Camminiamo sfiorandoci,

senza guardarci mai.

Ognuno disperato sa di sé

ed in sé disperato si nasconde.

Ci accomuna l’orrore

della guerra e dell’odio,

ci divide l’amore inappagato.

Talvolta ricordiamo

d’esser uomini

così per caso, senza una ragione.

Allora osiamo

cercarne appena il senso

in un altro sguardo,

che sfugge, si confonde

in maligno pudore,

indifferenza,

forse solo timore.

Ma basterebbe

tendersi le mani

per avvertire sulla pelle nuda

il calore comune della vita.

Dividere il dolore

come pane,

per riuscire a sorridere

domani.


VADO PER LA STRADA DEGLI OLEANDRI

Vado per la strada degli oleandri,

il mare mi attende

oltre le dune.

I piedi due crisalidi

bianche

da cui nasce il corpo

e s’erge.

I capelli son nuvole

nel vento,

le braccia alzate

sono rami tesi,

le mani

fiori aperti.

Vado felice d’essere,

figlia di questa terra antica.

Vado nella notte d’estate,

nella sua luce sacrale,

il cielo come un fondale

infilzato sul capo

dagli aghi delle stelle,

protagonista di una rappresentazione,

scelta per me dal tempo.

Gli oleandri profumano

d’incenso e di Dei

e non so che altro chiedere,

o non oso.