Silvia

Silvia non ha mai amato il freddo, non lo ha mai sopportato.

La giornata era tiepida e chiunque avrebbe goduto di quel timido sole di primavera seduto li sulla panchina che affacciava sulla Senna. Lei no, si stringeva in quel cappotto color terra di Siena in contrasto col pallore del suo viso e non godeva affatto di quel raggio impertinente che le colpiva il corpo, quasi a proteggerla, deciso a riscaldarla.

Assorta si, di certo assorta nei suoi pensieri, forse neanche nei ricordi. Pensieri troppo freschi per svuotarli nel file della memoria dove il titolo è : “ricordi”.

A Parigi non ci sono più artisti; la gente le passava accanto senza degnarla di uno sguardo, intenta a pensare un minuto oltre i propri passi. Silvia invece meritarava un soffermarsi, un fermo immagine.

Le mani incrociate sulle cosce così come i piedi stesi e tirati verso l’asfalto, lo sguardo assente a guardare un pezzo di mattonella che da tempo immemore faceva da tassello alla lunga strada . Un soffio di alito caldo si condensava appena varcava la soglia della sua bocca facendosi strada fra il bavero tirato su. La testa si reclinava senza poesia, era l’effetto delle spalle strette sul collo . Il freddo, quel maledetto freddo che lei sentiva anche in primavera.

Eppure aveva qualcosa di magico Silvia, quasi un clochard e una gran dama di classe contemporaneamente. Assente o terribilmente presente col suo essere un po’ bohemienne , un po snob, fuori dal mondo. Non aveva tempo, era una immagine. Qualsiasi pittore si sarebbe fermato a disegnarla , a dare anima a quella figura lasciando allo stupefatto osservatore il piacere di interpretare tutto e il contrario di tutto di questa donna, ma siamo in un altra epoca, Parigi ha fretta, Parigi non vede, Parigi non ha piu’ artisti che fermano immagini per vestirli di poesia.

E’ difficile trovare la stagione giusta per questa città. Parigi spande storie ogni giorno,si manta di odori e rumori come poche altre città al mondo, costruisce gli eventi come in un infinito romanzo. Ti coinvolge, ti prende, ti veste di una poesia indefinibile. La osservi all’alba ammantata di una nebbia che non sai se sia vapore o smog ma non importa, è un candore che non ha tempo. La sua torre impera dominando la città, è il punto di riferimento che conforta, che ti porta alla storia, è li che ti dice “sono a Parigi”.

Il piccolo appartamento di Silvia le regala una panoramica della città quasi come una cartolina che il turista ha fretta di spedire ai suoi cari.

Per Silvia aprire quella tendina è un rito mattutino a cui non rinuncia mai, come alla sua colazione. I suo occhi come aspirapolvere risucchiano il quadro della sua città, linfa vitale per staccare dal mondo contemporaneo dove è immersa, dove si deve immergere.

Il caffè fa schifo a Parigi, lo ingurgida mescolandolo a sapori diversi per non sentirne il sapore, per non sentirne il gusto amaro. Lo beve sempre in piedi appoggiata a quella finestra lanciando lo sguardo lontano. Il croissant affonda in qualcosa di indefinito e lo porta alla bocca senza guardarlo. E’ l’orrizzonte parigino il soggetto del suo sguardo.

I suoi pensieri… anche i suoi pensieri corrono veloci come le linee della metropolitana che spaccano la citta come arterie impazzite per poi soffermarsi per andare lenti come una vecchia carrozza. Un altro contrasto col suo essere lì, stantia, assente.

 

 

 

 

 

 

 

Attende ancora un po’ prima di immergersi nella realtà, ed e’ splendida anche con i capelli lisci che le arrivano alle spalle, appena spettinata, con una camicia messa a caso che le scende fin sulle gambe; gambe che non sono perfette, il ginocchio piccolo e’ una protuberanza che spezza le curve delle sue cosce, le spalle strette ed un seno appena accentuato ma dalla geometria che solo un artista dello scalpello poteva modellare.

Queste “imperfezioni” pero’ la rendono decisamente sensuale, intrigante. La sua bellezza non è per i comuni mortali che cercano subito l’esuberanza in una donna. No lei passa inosservata per chi non sa guardare dentro mentre colpisce chi in lei puo’ vedere qualcosa di inavvicinabile di etereo…

Quando la colazione termina, si accende la prima sigaretta del mattino. Quante volte ha voluto rinunciare a quel gusto amaro che gli uccide il sapore del caffe latte ma ogni volta sa che non è ‘ l’utima.

Ritira la tendina e via sotto la doccia per poi prepararsi. Lei non perde tempo a vestirsi, indossa le prime cose a casaccio , non ha crisi isteriche per il look, consapevole o forse no che qualsiasi indumento che indossa le si vestirà addosso con la perfezione del disordine a cui lei sa dare armonia e contrasto nello stesso tempo.

Il tocco finale e’ quel cappelino di lana che le scende distratto dalla fronte sino alla fine del capo.Non ci sono aggettivi diversi : bellissima…