Menzione speciale al /7° concorso di  poesia ARONTE

APUANE

 

Spoglie Apuane

palese segno

della materia

che s’offre all’arte.

Nude vestali

sempre violate

e possedute

da braccia ardite,

membra sudate

dei cavatori

spesso feriti

per un rifiuto,

e sempre ambite

da creative

mani irrequiete

degli scultori.

Grandiosa quinta,

vasto fondale

che il marinaio

scorge lontano,

meta agognata

del suo ritorno,

rifugio eletto

del suo rimpianto,

antro segreto

della passione.

Qui le sirene

cercano ancora

di mantenere

giovane Aronte

ma per volere

di antichi dei

vengono in marmo

ritrasformate.

Qui la natura

s’apre all’ingegno,

qui tiene in grembo

celati e stanchi

i semi magici

dell’ideazione.


 

AD ANNA MAGNANI

 

Vagando insonne in vicoli di Roma

nel cuore di una notte senza luna

quando i palazzi annullano i prospetti

mutandoli in selve primitive

mi sembra di vederti e di inseguirti

fino alle estreme buie periferie,

o distanziata lupa solitaria!

Rivedo come sempre i fotogrammi

di pellicole che scorro e poi riavvolgo,

soffro la corsa estrema disperata

e la caduta al suolo in “città aperta”

sotto il fuoco del nazitedesco.

Ma ti rialzi ed ecco: altri “si gira!”

sotto quei colpi di mitraglia e ciak!

Ed ai miei occhi sfuggi di continuo

come una bruna maga dispettosa,

“rosa tatuata” su “carrozza d’oro”

o popolana in un “campo di fiori”.

Cerchi di farmi perdere le tracce

con cambiamenti da gran camerino

ma ti rintraccio ed ancora ti inseguo.

Così ti ammiro diva di Visconti,

lui che ti rese l’immortale attrice

di sogni infranti a Cinecittà

come quelli che ebbi da ragazzo

nelle fumose sale in bianco e nero.

Musa inquietante, d’Ettore la madre,

suprema interprete pasoliniana,

a quel fanciullo in mantegnesca posa

ululi il dramma e la disperazione.

Forse alla fine infittendo lo sguardo

in cerca delle orme rarefatte,

che il primo albore rende ancor più vane,

mi sembra dover scorgere per strada,

sui sanpietrini tinti di rugiada,

frammenti d’un cordone ombelicale.


 

XXXII Premio Firenze

 

Eugenio Napoli

POESIA INEDITA

FIORINO D’ORO
EUGENIO NAPOLI

per la poesia inedita

HO RAPITO CON GLI OCCHI LE TUE MANI

con la seguente motivazione:

Siamo di fronte ad una poesia commovente per la sua capacità evocativa e gradevolissima alla lettura come alla rilettura, per la prosastica fluidità del testo. Metafora delle ingiustizie, dei soprusi indecenti come delle amenità dei nostri giorni sono le mani dei vari personaggi che affiorano ad ogni strofa come tinteggiati su una tela pittorica, grazie alla delicatezza di una mano ulteriore, l’unica capace di tutto: quella dello scrittore.


La Giuria Letteraria del Premio Firenze

 

HO RAPITO CON GLI OCCHI LE TUE MANI



Ho rapito con gli occhi le tue mani
che furtive frugavano l’erba
per cogliere i fiori dei campi.
L’indovina ha scrutato le mie palme
al color incerto del bugiardo lume
e una incredula mano
ha porto il soldo alla rugosa attesa.

Ho osservato mille mani smarrite
muovere l’aria in cerca di sostegno.
Ho visto l’anello d’oro
navigare nell’ondoso impasto
del pane mattiniero
e danzare i colorati pennelli
tra le dita macchiate del pittore
sulla ruvida tela.

Mani calzate da guanti
che, rinnovata pelle,
ostentano una classe o una finzione.
Mani baciate, mani riverite,
Mani orgogliose e mani pulite.

Dita frementi di grande passione
solcano la pelle dell’amante
o sfogliano avide un libro
indicano lontane luci,
una fonte, un gabbiano ferito,
la nave all’orizzonte,
ed altre dita muovon le note
lette al pentagramma.

Mani che tolgono
ai ventri dolenti e liberati
piccolissime mani al suon del pianto.
Ho visto mani ansiose
fasciare esitanti
le ferite del soldato.
Ho sollevato indignato lo sguardo
dalle dita obbligate
a premere un grilletto
d’insulse armi.
Ho scorto quelle
dannate del recluso
appese alle inferriate
nella luce accennata della luna.

Mani callose e stanche
reggon la vanga sulla nuda terra,
alzan la falce o allineano i mattoni
sudano alle catene di montaggio.
Mani tiranti reti sulla barca
mani silenti in forma di preghiera,
mani allungate in ombra verso sera,
che mimano i ricordi di una vita,
che esprimono gli sforzi e la fatica
che accennano un saluto di commiato,
a te ragazza che non temi il buio
e ti attardi fiduciosa sull’aia
nella notte argentata dell’estate