Sai
quell’aria di Pasqua
Quella pienezza di colori e di suoni
Quel mix di corse e passeggiate
Quella ricognizione con papà
da Sartena alla Stazione
lungo Cal de Formiga
per vedere
anno dopo anno
il paese che cresce
e che crescita!
Là dove c’era l’erba ora c’è una città.
C’eran le scuole nuove
Le strade appena tracciate in mezzo al verde
Il viale alberato
e la stazione in fondo
lontana lontana
un pezzo fuori posto
un avanposto
verso il greto delle “Arnere”
verso il Piave
senza più zattere a mormorare.
Improbabile come la giraffa
nella savana d’oggi
eppure è lì
con tutta l’eleganza del suo rango
un castelletto anni cinquanta
bizzarro ghiribizzo veneziano.
Ecco c’è pure quello a Santa
con le torrette, i merli
e una fontana nel parco
Quante volte
nella calura estiva
con quell’antico carro a quattroruote
si è fatta la corsa contro il tempo
per riportare a casa indenne il fieno
e la nonna in cima
si asciugava il sudore della fronte.
Quel verde
Quei prati immacolati
il carro della nonna
che andava a prender fieno
Formegan
in una sosta pressoché eterna
il treno alle sbarre
fermava il mondo
Il treno
Questa presenza
Nel solleone di luglio
che se ne va lontana
che se ne va in pianura
ma anche su
in Cadore fra i monti più belli.
Fossedela era in capo al mondo
Perfino il nome sa di lontananza
c’è e non c’è
come la marea di prati
ondeggianti al vento
il cielo plumbeo
di un temporale in agguato
e la corsa del carro
trainato dal cavallo in retromarcia.
Nel ventre
dell’enorme pancia
rossa
come il tramonto
e come l’alba
sballottate
qua e là
nel principio
la mia
e la nostra storia
dentro e fuori
su e giù
per dossi insormontabili
Nicchie
nella dignità
dove nascondersi
e portarsi dietro
la pelle.
Donde viene questa lunga ferita
le radici mozzate
una storia mal sagomata
un percorso alla cieca?
Si fa sempre più acuto
l’appello alla vita
Che parli
Che dica.
Mi coglie sfilacciata,
un’atmosfera
scomposta
mentre la nebbia
mantiene
uggiose le distanze.
E
mi sento
pigramente
d’appartenere
a questo microcosmo
una nicchia
che
avvolge i miei pensieri
visibile
nel suo
teneramente circondarmi
Un angolo che mi spinge
a sorridere dell’oggi
ritagliando
un pezzo del domani.
È la vita
quel flusso audace di luce
sull’acqua del fosso
sulla corsa incessante
reale o apparente
di cespugli
e di erba
in zolle
interrotte da tele d’asfalto
Quel flusso
che ti fa scrutare la corsa
è la vita
che s’affaccia
improvvisa
balaustra a sorpresa
dal ponte
che apre lo sguardo
sul tuo orizzonte.
Nel grigio
calibrato a metri
di un giorno vuoto
soppesato
pesato
sospirato
scandito dal brusio
del pedale
Il suono
del clacson del pane
diffondeva
l’allegra melodia del mezzogiorno.
Eccoti
Ti ho trovata
Ho fatto il bagno nei tuoi colori (33)
Mi sono immersa
nel flusso
delle tue atmosfere.
Le ho rincorse a lungo
presagi di primavera
l’alba che mi attraversa
con la vitalità delle sue luci
affondo gli occhi nel monte aguzzo
oltre la punta
le sue forme
i suoi colori
sei nell’immediato
vita
e ti ripeti
nell’intensità del ricordo.
Non te ne sei accorta, zia.
La vita è corsa altrove
se n’è andata
di soppiatto.
Altrimenti
non ti saresti arresa.
E all’improvviso
si è dissolto
quel flusso audace
di luce sull’acqua del fosso.
Il suono
del clacson del pane
ha smarrito la tua traiettoria.
L’entusiasmo sornione
per il campanello che suona
s’è bloccato di scatto.
È fuggita
la curiosità
per la risoluta scoperta
di quel che ha da darti la vita.
Solo qualche fugace ricordo
sta nei tanti bottoni
con cui hai cucito il tuo tempo.
Spingi sul pedale
per rilanciare ancora
e ti illudi di aver trovato l’infinito
ma no
la serie dei bottoni
giunge a compimento
smaschera l’ipocrisia
bonaria e sorniona noncuranza.
La vita è adesso
e ti costringe a venir a patti
Rilancia.
Tu stessa
sei eccitazione e batticuore
ma in guerra
si strapperà
anche l’ultimo bottone
e cadrà il laccio
che unisce i sogni alle tue emozioni.
Pienezza di tinte calde come il sole
sta nel sogno di senso
che riempie il mio pensiero
e talora
nella ripetitività del quotidiano
vicinanze
lontananze
appartenenze
tutto si fa emozione
Ho da rintracciare i capi
con cui
vacuo companatico
e insipida pietanza
ebbi a intrecciare
me stessa
con il pane.
A lembi
Li ho cuciti nella mente
per disperdere
ogni traccia
di quella disperazione esistenziale
che ancora
non vuol ammettere se stessa
Ecco
s’è chiusa una storia.
Non valeva un soldo bucato
e pure è avvenuta.
Tenace
stridente
irriverente e
fiera
nella dignità
nel pudore
nell’orgoglio
alla fine
certo
sarà piena di senso