Canzone di Settembre

Le tue mani sono virgole nel mio cuore,
poiché c’è sempre altro da dire
quando si tratta di te
e non è mai il momento di chiudere la frase,
né di accarezzare la notte
con le sue malinconiche stelle appiccicate all’immensità irraggiungibile…
E’ l’autunno:
le foglie gialle mi ricordano il sorriso del Buddha e la sua felicità,
il vento dolce è simile alle canzoni indescrivibili di Lisa Germano,
soprattutto nel grandissimo “In the Maybe World”,
oppure somiglia ai brani di Emily Dickinson, così inappuntabili,
come Settembre, su cui non si può discutere né criticare…
Ma Ottobre e Novembre sembrano proprio inafferrabili,
quasi fossero lucciole sfuggenti o pesci nelle profondità oceaniche,
ed i miei pensieri si abbandonano silenziosi
dove le onde portano a riva respiri agghiaccianti e ruvidi,
momenti di irrimediabile follia e tenerezza,
arditamente mescolati col sangue…
Questo è il periodo vuoto di certezze e coccole, dato che lui stesso
vuole essere una carezza per l’anima e per la voce,
speranza immobile oltre ogni paura ma anche ricatto estremo di una controfigura,
insinuata nello sguardo,
perché nessuno riesce più a guardare vicino a sé
e gli occhi vagano lontano,
dove cresce l’iris della tua invitta e suadente bocca, meravigliosa stella di sale…
Eppure il tempo, si dice, conduce lentamente sulla strada di casa
e ora che il sole scalda piano e la pioggia bagna la terra,
i frutti ci schiudono nel loro soavissimo profumo a stendere un sorriso sul mare
mentre chiamo il tuo nome o mia Venere Santa
dalle mie labbra
irredente e profondissime…


L’Ave Marion

Il cigno apre le sue ali lentamente tra i fari della notte,
copre l’orizzonte disegnato per l’occhio e solo per quello, lascia che il mare
possa osannare te, viola inarcata come il tuo sorriso:
conosco solo immagini, fotografie che immortalano splendide linee,
fisionomia magica, ho da un po’ scoperto che le donne più meravigliose,
sono francesi…
La pietra ti somiglia, la pietra bianca e lucente, sorta per la mano dell’artista,
il tuo scultore
si chiama Dio e vede l’infinito potenziale del tuo sguardo,
ti porterei oltre la sera dove fioriscono i bisbigli e i sussurri sul pelo dell’acqua,
e cade leggera la pioggerellina fitta fitta, sui dolcissimi capelli indistinti
quanto le stelle nella luce del mattino…
Le rondini costruiscono il nido sul respiro che emani dormendo,
la soglia è oscura eppure magnetica, vorrei sondare il mistero invisibile
della femminilità,
al pari di un grandissimo pittore o di un fotografo estroso per affiggere sulla
collina dei miei pensieri la vetta che ti ho scoperto dentro…
Ma è appena un passo che manca per raggiungere il tempo dipanato da lontano,
si aprono le memorie attente dell’universo in un tenero imprinting
lungo il dedalo arcaico di levigatissime lenzuola, non ancora schiusesi su di noi,
perché è solo l’attimo di guardarci ed immaginare lucidamente, senza tremore,
un vestito che scivola a terra da un corpo che sa di neve, oramai spiegato e
leggero come un’Ave Maria…


La Terra è una fanciulla

Sotto le stelle,
l’aria profuma di ghirlande e birra,
danze antichissime aprono una tenue sete di sogni,
e spero di incontrarti nella luce di Samhain,
apertura tra due mondi e tra due anime lontanissime…
Svegliamoci, svegliamoci
che i boschi accendono i nostri corpi quasi fossero
creature del Sidh,
e la luna silenziosa fra i rami sembra una Dea cristallina,
ma quanto il tuo sorriso le somigli,
non saprei descrivere con le mie parole nebbiose…
Mai so fermare questa voce,
che ci spoglia nudi come la selva infinita e malamente
riesco ad accantonare quella bellezza intramontabile,
della semplice femminilità tradotta nel linguaggio
dei frutti, dei rami, del cielo e dei corimbi
che amano la Terra…