Lettera prima di mezzanotte                                                              

 

Forse da un corriere inaspettato

ti perverrà prima che la mezzanotte

rintocchi una lettera. Ti turberai, forse

- lo spero – delle sue lente

frasi, delle sue associazioni

perfette, della sua impeccabile

sintassi. Ci saranno tramonti

e sorrisi che avevi dimenticato,

risate e corse a perdifiato,

profumi e colori di una verde

villa, lontana ora nel tuo cuore.

Ci sarà però gioia accanto al dolore,

ricordi di baci e abbracci, 

dimenticati, o così pensavi.

 

Se la leggerai quella lettera,

- il corriere solo per te ha intrapreso

quel lungo faticoso cammino -

forse ritornerai. Perché

quella lettera, da sempre,

è scritta nel tuo cuore.


Ineluttabile inquietudine         

                                                    

Dov’è il coraggio di essere uomo, 

dire no in questa immensità di sì,

in questa paura che ci portiamo

addosso, come un’altra pelle,

Ogni giorno, ora, minuto,

appresso ci portiamo i nostri

miseri carichi di poveri uomini.

Fra poco verranno, sono già alla porta,                  

con armi di odio, di lusinghe e dolore,

di morte che tutt’intorno nella mente

e nel cuore semineranno;

non dovremo crederli lontani,

e dormire in un imperturbabile sogno,

muti e chiusi nelle nostre comode case,

tranquilli o in ansia, incoscienti

comunque, perché tanti sono i gesti 

che questo demone hanno invocato.

In un attimo viviamo la vita

e ci si può tuffare nel suo splendore

e riscrivere gli episodi, i fatti,

con nuove parole, e riscrivendo

creare, scoprire, rendere vero,

di nuovo. Liberi uccelli del mondo

che migrano per ogni dove

si posi il loro cuore.


Esercizio tramviario                                          

 

Assurdo periodo che scorre,

Banale e uguale in questa

Consapevolezza così ricolma:

Domande senza vere risposte.

 

Esercizi da fare per camminare,

Forza da mostrare ogni giorno,

Gentilezza da spremere goccia a goccia,

Histeron-proteron di vita inversa,

Irreale se ti ci soffermi un attimo.

 

Libera ricerca di una improbabile via,

Moderazione nel gesto, nel respirare e

Non-sense dietro l’angolo della stanza,

Oscurità fuori e dentro di me.

 

Pazienza da dover rabberciare,

Quaresima, Quarantena, Quarantesima,

Ribellione forte nel cuore,

Sogno così surreale da creare,

Tensione, al primo mattino.

 

Umanità è una parola grossa:

Voglia di vivere ancora?

Zibaldone, zodiacale, bisesto.


 

Exercice d’ennui

(24.12.2008)
“- Exercice d’ennui, ce soir, vingt minutes à ne rien
faire avant de vous mettre au boulot. ”

Daniel Pennac, Chagrin d’école.

L’occhio nel vuoto non è esercizio
di noia, intrappolati in un perpetuo
presente, mentre scorre questa vita
e quella dei nostri cari, la vita
delle persone che ci passano accanto,
di cui ancora in uno sguardo scrutiamo
il cuore, ma loro nulla diciamo.
Lo sguardo nostro non è nel futuro,
ma adulti diventano i figli, e pure
per noi, i nostri amori, fluisce impassibile
il tempo, senza timore. Scivola
via e l’attenzione, l’affetto, passione
che chiedono rimane in noi. No, non era
così un tempo, come è ancora in fondo
al nostro animo. Eppure così noi ci
mostriamo, imprigionati in un eterno
affiorare, a fatica respirando.
E agli occhi che vedevano bellezza
anche dove forse non era, ora solo
nebbia pesante e impalpabile appare.
E letture ricercate e veloci,
dolci musiche e immagini quando è sera,
con ricordi lontani e sogni soavi,
per brevi istanti coprono appena
il continuo insopportabile rumore
del silenzio.


Il messaggio dell’imperatore

“un mostro dalla testa di toro e dal corpo di uomo
[…] si piegava sulle ginocchia in un’arena, sul punto di
morire. Dalla tribuna vicina una donna gli tendeva
la mano, come cercando di toccare la testa
dell’essere agonizzante; tra la mano tesa e la testa
gigantesca era rimasta una piccola distanza […] se la
mano avesse toccato la testa, il moribondo si sarebbe
salvato […]”
Benjamin Tammuz, Il minotauro (p. 106)

“L’imperatore – così si racconta – ha inviato a te, a
un singolo, a un misero suddito, minima ombra
sperduta nella più lontana delle lontananze dal sole
imperiale, proprio a te l’imperatore ha inviato un
messaggio dal suo letto di morte.”

Franz Kafka, Il messaggio dell’imperatore

“Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!

Cantico dei cantici (vv. 4,8-9; 8,6; 3,1)

Tre cerchi sono dati per entrare
a noi uomini sconosciuti,
ogni cerchio un cammino incerto,
ove non sappiamo se poter ritornare.

Tre personaggi concessi al lettore
per riconoscere la loro Thea,
dai capelli color bronzo scuro.
Tre finali e due inizi sono elargiti
per avvicinarsi alla sfuggente realtà.

Forse il terzo giorno la troveremo,
o, forse, il nostro destino ci attende
per mano di altri.

Una distanza incolmabile separa
la fronte di noi minotauri
dal contatto di un’altra mano,
che pure scorgiamo vicina,
protesa verso il nostro essere,
piegati come spesso siamo
in ginocchio nell’arena della vita,
in attesa del messaggio dell’imperatore
a noi soli – lontani sudditi – indirizzato.

Quel messaggio nascosto
che sempre cerchiamo,
incuranti di mettere a repentaglio
chi siamo.


Per ACATL

(16 marzo 2015)

Mute son le parole
invase dal dolore,
pur se tante parole
parlavano di te,
pur se per breve tratto
di strada su di te
ho posato lo sguardo.

Vuote son le parole
dissolte nel dolore
e breve il cammino
nei tuoi occhi, nel sorriso
del tuo viso di luna.

Altra è forse ora questa
nuova soglia da dove
incontrarsi, infine,
diversi, ma sognando
ancora …
come allora.


Non si può smettere di scrivere poesie                                  

(26.03.2015)

Con passo sinuoso e leggero

la giovane ragazza innanzi

a me spensierata cammina,

vicina ad un’altra amica;

e l’osservo da questo punto,

lento, più lontano,

anche nel tempo.

Neri i capelli fluenti sulle spalle

ricadono, nel giorno lucenti,

anche in questo cielo grigio,

come il mio cuore spaurito,

che inspiegabilmente sempre ridice

lo stesso invito:

Vorrai correre, di nuovo, ancora,

  come allora?”


SONO TE

(20-6-1984)

Bambina mia, un cielo limpido

di ricordi sereni ti sussurrerà ancora

di me nel tuo profondo cuore.

Ricordi?

Sulle mie ginocchia giocavi

spensierata e il tuo piccolo volto

delicato con dolcezza carezzavo.

Con una brezza leggera

avrei voluto soffiar via

lontano il tuo dolore,

con un bianco fiore asciugare

le tue lacrime d’oro.

Nel grembo della terra e del cielo

sono vivo per sempre e in questi

tristi giorni ti sono vicino

silenzioso.

… E i tuoi capelli piano,

mentre dormi ormai stanca,

carezzo la sera.


Dovevamo proteggere il nostro amore

(18 giugno 2016)

Dovevamo proteggere il nostro amore.

Non si lascia nascosta e lontana,

quell’introvabile pietra di luna:

tanto a lungo e disperatamente,

l’avevamo cercata.

 

Dovevamo proteggere la nostra poesia,

la sua corsa leggera e veloce.

Non si lascia senza voce,

per stanchezza e vigliaccheria

quel bagliore, che ad ogni passo

ci appare, perché fugga via.

 

Dovevamo proteggere quel che eravamo,

perché il mondo e le sue vicende,

le sue banalità e quest’ansia continua,

non ci rendessero ciechi,

perché non ci fosse nello specchio

quest’altra sfocata immagine

che ora ci appare.

 

Ma qualcosa rimane.

 

Lo vedi? Ancora amore è qui,

se scruti bene tra queste macerie.

 

Te ne accorgi? La poesia ti è ancora vicina,

pur impercettibile ad occhi distratti,

ad ogni momento e svolta della vita,

se sai fermarti, con coraggio,

un attimo ad ascoltare.

 

Qualcosa rimane.

 

Basta guardarci negli occhi

come un tempo, per essere ancora

spensierati ed allegri, per ritrovarci

di nuovo, in quella verde villa

profumata di fresco

amore mio.


V (Il rettilineo circolo mortale da “Figure”)

 

“  Circoli e linee rette limitano

e chiudono tutti i corpi

E il mortale circolo rettilineo

deve conchiudere e rinserrare

tutto.”

 

Sic Transit gloria Mundi


Sir Thomas Brotirne
(versione di R. Piccoli)

 

In memoria della gattina

di mia madre Napi,

morta nel mese di aprile 2009

 

Piccola e timida tra di voi venni

offrendovi, a mia volta, vita in dono.

Foste voi, senza più simili affetti,

il mio cosmo e la vostra vita.

Curioso il mondo ch’io osservavo,

fin dal primo giorno, per terra

scivolando. Finché ogni luogo

non divenne mio giaciglio,

e nido e mio il vostro cibo.

Con voi nella mia mente e nel cuore,

respiravo i ritmi, le gioie e i dolori,

portandovi il sereno con il viso:

io, esile chicco di riso.

Pel fato, ignara, entrai un giorno.

nel rettilineo circolo mortale

senza più uscirne:

con lieve cenno alle vostre

carezze rispondevo.

Vano fu – già lo sapevo – ogni sforzo

per la mia vita: muto il mio soffrire

per non allarmarvi. Per sempre sarà

il mio più grande dolore la vostra

tristezza di pianto infinita

nell’accettare la mia fin

 

– proprio al ritornar del Signore.

Ora la mia dimora è ai piedi

d’una rosa. Bianco e nero, su

di me, triste un gatto che sa

senza vedermi, ogni giorno

il suo sguardo posa – io che altri

non vidi all’infuori di voi –

attraversando questa terra.

Ma ora guizzo ancora,

rapida e breve, ad ogni

vostro passo o sguardo, visibile ormai

solo nel ricordo. Per gioco, come

allora, mi nascondo, rintanandomi

in qualche ripostiglio: ma qui e ancora

- non temete -, con voi per sempre.


Lì, dove s’inventano i sogni                                      

 

In luogo di nota in calce

 

Ma lì,

dove s’inventano i sogni

diversi per entrambi non bastavano,

uno noi ne vedemmo ma di forza

come quando irrompe primavera.

 

Anna Achmàtova

 

(Versi di mezzanotte. Sette poesie, 1963)

Poema senza eroe e altre poesie,1963,

1966 Einaudi)

Lì, dove s’inventano i sogni,

limpido era il suo sguardo

azzurro, sogno di onda marina.

 

Lì, dove si cercano i sogni,

inseguivo – con cura – parole,

veloce nel sogno della notte scura.

 

Lì, dove nascono i sogni,

passeggiavo in una verde villa

profumata di sogno con te.

 

Lì, dove si rincorrono i sogni,

speravo – solo – con la morte nel cuore

di poter, di nuovo, sognare.

 

 

Lì, dove si ritrovano i sogni,

un nome nuovo avevo dato

a quel sogno d’improvviso vicino.

 

Lì, dove svaniscono i sogni,

guardavo vuote le mie mani,

per strade che più non conoscevo.

 

Lì, dove si perdono i sogni,

triste i giorni trascorro, cercando

tregua in immagini e parole.

 

Lì, dove muoiono i sogni,

ogni giorno rincorre l’altro uguale,

tranne per qualche tenue splendore.

 

Lì, dove si sognano nuovi sogni,

nel rumore di questo silenzio

una sottile preghiera nel cuore

 

che non vuole smettere

di sognare

ancora.


Le pistole di Čecov                                                   

 

E sei tu, caro, che più non mi chiami

Dunque pochi brevi incontri, lontani.

Le nostre vite intime, pur per poco.

Adesso siamo lontani, di nuovo.

E per sempre vicine rimarranno.

Non noti tu le tante somiglianze?

Orchestrando dopo, però, nuove vie.

I sogni son cristalli di coraggio.

Non più restò comune il nostro viaggio.

E nessun segno mostrato mi avevi.

Ora io non posso che rimpiangerti.

Le tue movenze lunari, quel sorriso.

Ritrovarti di nuovo in quel tuo riso.

Ancora nel profondo sono, e vive.

Attendere in queste povere rime.