Follie ad Aushwitz

Gelida mattinata

ad Aushwitz.

Come bestie,

uomini dai vagoni merci

scendono.

Marchiati come animali,

rasati,

spogliati.

Ossa che vagano come zombi,

nel desolato,

sabbioso campo.

I camini fumano da giorni,

dissanguati,

sdentati,

bruciati vivi.

Ossa ormai cenere,

usate come concime.

Soffocati

con gas nervino,

in finte camere

per docce.

Occhi scavati,

persi nel vuoto.

Voglia di morire,

corpi senza vita

in decomposizione,

accatastati

come carcasse

nella savana.

Odore acre,

come di morte,

penetra nei polmoni.

Solo uomini

che ammazzano altri uomini,

in nome

di una follia collettiva,

chiamata Razza.


Il mio dio

Oscilliamo  come pendolo tra immortalità, vita,  composizione,

e   disfacimento,  materia , morte.

Un’  incessante guerra quotidiana

per acquietare l’abisso oscuro del nostro animo,

illuminandolo con la luce fioca della nostra lotta.

Il dio in cui io credo  rischia, freme,  urla.

Viene sconfitto e di nuovo rierge

dal fango che lo ha sommerso,

è  inquieto, insoddisfatto.

La salita più ardua,

il cammino pieno d’ostacoli.

Solo quello in grado di seguire ritmi superiori ,

sarà libero.

Il  mio Dio è solo il percorso verso  l’uomo.


Estate alle porte

Abbandonata su di una sedia

sul terrazzo della mia esistenza

in un meriggio d’estate,

il caldo avanza,

tutta la pelle trasuda calore.

Si ode in lontananza

il frinire delle cicale

sugli alberi d’ulivo in cui sono immersa.

Un caldo vento accarezza le mie membra,

una fila di formiche rosse

trasporta qualche granello di pane

nel proprio rifugio.

La salsedine,

la sento sulle mie carnose labbra,

un mare paradisiaco all’orizzonte,

piatto come tavola,

nessuna onda interrompe

la sua calma apparente,

una barca a vela passa indisturbata.

Un gabbiano si poggia

su di uno scoglio

per un breve istante.

Svolazza sulla distesa infinita d’acqua

si tuffa per accaparrarsi un pesce

luccica in superficie.