Quanto amarti è costato?

Piccoli sguardi, piccoli passi
dividono il mio mondo dal tuo…
Rimango ferma, attese che non trovano colore,
e spero in un tuo sorriso nel vento di una serata tranquilla,
immagino la tua mano,
che giunga leggera, a sfiorare le mie ciglia di sangue e sale in un giorno di sole.
Quanto amarti è costato?
Non è il cuore l’organo dell’amore come si crede,
ma è la corda che lega il petto alla pancia
perché è lì che un’emozione nasce vera
e muore sola.


SOLTANTO TU…E IO

Le bocche si sentono come melodie passate
Gli occhi si cercano come due anguille impazzite nel mare disperso di un ricordo
Le mani si trovano, intrecciate in nuovi gesti sommossi
Le membra si lasciano stare…per non ricordare ciò che ci ha mutati piano
Le gambe sono fatte per correre da te ogni volta che calpesti il mio amarti
I piedi per fermarmi alla tua ombra
Le scapole per portare pesi mai spenti, di entrambi
E le braccia, per stringerti in un nuovo cuore, in un nuovo corpo, in un nuovo sogno…
Dove soltanto tu …e io… viviamo.


Uomini del vento e della neve. (ode al Soccorso Alpino Trentino)

Una chiamata e tutto si ferma
come il fiato di chi soccorre per amore di un battito in più,
uomini valorosi
che cercano nel coraggio ,
nuove ancore di salvataggio
per le loro anime stanche ma sempre sveglie.
Si corre, si vola, si lotta contro la morte, la vita, la paura e la voglia di restare salvi.
E il grande elicottero pieno di speranza e voci
si avvicina ad una parete di ghiaccio,
di roccia,
di vento e sassi
e spera…
…dall’inizio alla fine,
che una vita sia ancora viva…
per non tornare in solitario abbandono alla base di un pensiero che mai troverà spegnimento.
Non è solo chi cerca una mano tesa e restare sospeso in quegli attimi di attesa …
rumore nel vuoto ,
salita in discesa…
perché chi cerca di aiutare altro non è che un funambulo di insicurezze,
dove anche la paura ha paura di avere paura.
Essere un soccorritore alpino è fiducia ma anche tremore,
adrenalina che sale e scende come un vortice,
cuore aperto come in una sala operatoria,
pronto a battere regolarmente solo alla fine di un intervento in quota;
tra le cime di un sogno da lieto fine.
Si sta come sentinelle ad attendere un grido,
e si scava nella propria anima lottando contro il tempo
come nella neve fresca.
Ancoraggi come armi,
verricelli come cavalli,
si alzano nel vento e nel mondo come principi ammaestrati ma sazi di novità,
e si riconoscono quando corrono
gli uomini del vento e della neve,
insensibili a bufere di noia e solitudine…
che si accingono a viaggiare , in gruppo,
verso nuove avventure che non sanno mai come finiranno…nel bene o nel male di un fardello così grande da portare..
E la vita c’è sempre, non si scorsa mai chi la sfida,
in ogni uomo del soccorso, anche quando la sconfitta si avverte implacabile;
perché correre per aiutare chi ha bisogno,
è un atto di amore rubato alle ali del vento,
senza parole e senza preghiere..
dove tutto tace muto,
tranne la voce di chi la montagna la vive … e la vuole.
Sempre e comunque, simulandone il grido.


Maurer il Selvan e la ninfa del lago.

C’era una volta, ma non troppo tempo fa, un uomo che viveva in una grotta naturale, nel mezzo del bosco di Heeran, ed era conosciuto da tutti gli abitanti come Selvan, uomo selvatico . Il suo nome era Maurer e Conosceva diverse arti magiche sapendo mutare, a suo piacimento, il tempo. Benché avesse un aspetto massiccio e rigoroso, con la barba color fuoco e gli occhi azzurro cielo, Maurer il Selvan era sempre in sella alla sua tavola di abete, una specie di mezzo sul quale saliva ogni volta che doveva scappare da qualche pericolo. Era pieno di energia ed entusiasmo, ed aveva la facoltà, data dalla sua discendenza divina, di apparire e sparire in qualsiasi momento, a gran velocità, mutando il corso degli eventi e del tempo. Molti anni orsono, nel periodo di mezzo inverno, tutti i Selvan della Valle di Heeran si riunivano per decidere le sorti e le unioni dei membri della comunità; ma Maurer era diverso . Con l’arrivo di qualche straniero, campeggiatore nel bosco e sulle valli imbiancate dalla fresca neve, lo strano uomo cominciò a desiderare di esplorare il mondo, incuriosito da tutta quella libertà e amore per la vita. Iniziò a sentirsi stretto nel suo regno di abeti e larici, e così nacque sempre più il lui il desiderio mettersi alla prova, coltivando la voglia di cambiare e conoscere il mondo al di fuori dal bosco. Ma come si può cambiare la direzione del vento? Una mattina, salutando amici e parenti, decise di partire all’avventura, anche se moltissimi abitanti del bosco non appoggiarono la sua scelta . Prima di lui, nessun abitante di Heeran aveva osato sfidare gli ammonimenti e le raccomandazioni del Santo Larice, l’albero secolare e più saggio del bosco, che appena saputo della sua decisione , rispose: “ Capirai che sei già a casa, ovunque tu vada” . Parole profonde che però il giovane Selvan non capì. Dopo diversi viaggi intorno al mondo, tra paludi, deserti, oasi naturali e alte vette, Maurer decise di tornare a casa, nel suo bosco , sperando che qualcosa fosse mutato, se non in lui almeno fuori da lui. Ma i veri viaggi sono dentro se stessi e spesso le scoperte finali fanno soffrire. Come quando un giorno di inizio inverno, girovagando nel bosco in cerca di licheni, incontrò una ninfa dai capelli ramati e dallo sguardo di lince. La ninfa, candida e dolce, gli aveva sfiorato il cuore per un breve attimo e il povero uomo del bosco non sapeva come comportarsi. Erano valse a poco le numerose avventure fuori radura, perché quando si trattava di faccende di cuore, il giovano uomo selvatico era davvero disarmato.La giovane ninfa aveva la pelle color della neve ed era scoppiettante di riso e felicità. Il suo volto aperto e senza paura ricordava la brina di prima mattina, che impavida solcava ogni superficie rendendola lucente. Circondata da colori , gli occhi della giovane erano grandi e luminosi, così lucenti da illuminare il cielo e anche se in lei viveva un qualcosa di selvatico, lo sguardo era sempre benevolo e dolcissimo. Il Selvan fu subito attratto da lei, e pian piano riuscì a conquistarne la sua attenzione. Con la ninfa al suo fianco, Maurer riusciva a tirare fuori il suo lato tenero e premuroso, riscoprendosi in una nuova veste, candida e delicata. Ma una volta tornato alla realtà, come un vento di libeccio che porta con sé nuove consapevolezze, reindossava i panni selvatici e rozzi di un uomo del bosco, andando a caccia di fanciulle da marito in cerca di passioni fugaci di una notte o capinere dalle sottili radici. Nonostante il suo desiderio di avvicinarsi sempre più alla ninfa …la paura che albergava dentro di lui era più forte, così tanto da metterlo in fuga. Dopo un bacio che risvegliò la vita in lui, ed una notte piena di amore e desiderio, il Selvan si congedò dalla bianca ninfa e si ritirò per 7 giorni in cima alle montagne di Molonec, a meditare, senza dire nulla a nessuno e sprofondando in un silenzio senza fine. La povera ninfa, confusa e scoraggiata per quella fuga improvvisa e convinta di non rivedere più il suo amato Selvan, si nascose in un tronco scavato dal tempo, al centro della selva di Heeran Piangendo. Lì a poco, il suo pianto fu interrotto da una carezza di cielo, dalle dea bianca Ideros. Consolata dalle parole della Dea Madre , decise di fare un patto con gli dei del bosco che cambiò la sua vita di fata per sempre. Una volta che il Selvan tornò al lago dei desideri per rincontrare la sua bella, dopo giorni di meditazione e silenzio, contento di poter riabbracciare la sua ninfa piena di luce, ebbe un’amara sorpresa: non c’era più nessuna ninfa. La semi dea era diventata un fiore dolcissimo, il fior di loto, sposato all’acqua ed al sacrificio. La regina del Lago, infatti, le aveva promesso bellezza e splendore eterni, trasformandola in una bellissima ninfea, la più bella e splendente di tutto il bacino. In quella dimensione da sogno, la giovane fanciulla non avrebbe sofferto se non in silenzio, immersa nello specchio d’acqua limpida di quel lago incantato, dispensando conforto e amore agli innamorati respinti come lei. Il Selvan, accortosi della perdita di quell’essere speciale, chiese al Dio Del Tempo e dello Spazio di esser trasformato in vento, mutevole e libero come la sua natura, senza mai arrestare il suo viaggio se non per brevi istanti di brezza quieta. E così, da quel dì, si può sentire ed ammirare il vento che soffia forte e costante sull’intera vallata, senza mai arrestare la sua corsa. Ma vi è un momento del giorno, alla sera, prima del tramonto, in cui il vento si acquieta ed una leggera brezza attraversa il lago incantato, accarezzando dolcemente il fior di loto, che in quelle ore, risplende fino al cielo come una stella.