Gioia

Sonorità pastello invertono
senza regolarità.
Coriandoli cielo piovono
lungo la dorsale del cuore.
E tu, in quella gioia
arcobaleno, doni strali amorosi
a me trafiggendo…
Del tuo ricco passaggio
lasci tele infinite di colori.
Scrigni di sfumature riportano
echi di lontana gioventù.
E tu, in quel bacio sì tanto
vergognoso, doni umiltà a me
nutrendo…


Percezione

Immaginarti immaginare
ricordarti ricordare
il salto del vuoto nel mio cuore…
Ginestre di sfondo gialle
come profumo inalo e sbuffo sul
petalo tremulo del tuo occhio e…
rincorro bacio desideroso e proteso
verso sorriso.
Tuo…languore velato
s’erge senza spine tra il non senso
e le tue parole esplose di rosso
stelle filanti senza corpo
giungono dietro mio spazio celato
da fari ricercanti e nell’attesa…
Ti assaporo con incalzante ingordigia


Letto

Riposo…riposo…riposo…
Senza voce cullo emozioni vergate
dal sangue di un amore che
ancora deve sbocciare…
Costrizioni ingenue come
sorrisi riluccicano senza darmi tempo…
e in esse odorano patimenti
trasbordanti di te…
In questo covo odorante
amo vederti esangue dopo il
mutevole deviatoio di sospiri e
lacrime corpose d’amore…
Resto là, ancora ancorato al silenzio
di un lamento di cui non oso staccarmi…
Deh…Lingua senza decisione mi darà
il tuo bisogno e di nuovo l’incontro
si sancirà del suo intento sul nostro covile…


 

Tempesta di Bimbo

“La pioggia di quel pomeriggio bussava incessantemente da ormai un paio d’ore e le foglie,

schiaffeggiate dal vento, parevano esauste. Il monte che sovrastava il dietro della nostra casa di

montagna, con la cima avvolta da un cappello di nuvole di grigio torvo ancora pieno d’acqua,

scherzava con il vento, suo fratello d’avventura. Era impressionante mirare con quale impeto la

natura si stesse preparando ad accogliere un temporale d’intensità sorprendente. Il temporale

“generale”, come da manuale bellico che si rispetti, aveva mandato in avanscoperta i suoi migliori

luogotenenti: “colonnello” vento e la sua “attendente” pioggia, nonché amante, che in tempi non di

guerra era solita giacere con lui su un letto di cielo…

– Questa notte non dormiremo – sussurrai impercettibilmente, quasi se, a sussurrarlo così

flebilmente, potessi scongiurare il pericolo e l’ansia che avrei vissuto senza dubbio quella sera.

Intanto l’oscurità si faceva avanti circondando ogni cosa. L’esercito si stava posizionando per

sferrare l’attacco decisivo ed io cominciavo ad essere insofferente. Più il temporale s’avvicinava e

maggiore era la mia angoscia. Mi capitava così ogni qualvolta che una tempesta decideva di passare

da quelle parti. Ero arrivato persino a pensare che il buon Dio, per punirmi dalle marachelle, me lo

mandasse come punizione e che la mia sofferenza diventasse una sorta d’espiazione per ripulire la

carta d’entrata per il paradiso…Erano tutti pensieri che elaboravo per giustificare il mio patimento.

Quella sera se ne stava preparando un altro. Mia madre, indaffarata in cucina, canticchiava un

vecchio motivetto, le cui note si tessevano di certo nella sua spensierata gioventù, e il temporale

pareva non interessarla più di quel tanto…Come poteva restare così tranquilla, pensai. I miei

occhi intanto scrutavano dietro il monte, nell’unico spazio di cielo libero che da quella visuale

potevo scorgere, e nell’oscurità, cupa, torva e paurosamente avvolgente, cercavo di cogliere quei

fragori luminosi che il tuono porta con sé prima di cantare la sua atavica esplosione rabbiosa…Il

movimento delle iridi era veloce e la speranza di non avvertire quei bagliori lo era altrettanto, ma

puntualmente questa mia speranza si vanificava quando la luce ramificata del fulmine esplodeva

palesando tutta la sua intensità rischiarando la sera. Solo a quel punto comprendevo che la

tempesta, ormai, era giunta anche sulla mia casa e che non avevo più scampo. Dovevo affrontarla

con tutte le paure che comportava…E, correndo vicino a mamma, la bocca pronunciò quasi

spontaneamente ”Vieni pure, ti aspetto…tanto non ho paura”. Sapevo in cuor mio che non era vero,

ma lei questo non lo sapeva…


 

Fata di Rosso

Difficile interpretare il silenzio, quasi quanto spiegarlo…Racconta cose profonde e sincere. Come

ascoltarlo? Chiudendo gli occhi leggendo il cuore…scrutando dentro di sé comprendendo,

capendo…accettando! In quel irreale silenzio si muove qualcosa…ombra di dama…Giunge volando,

scortata dai raggi di una Luna che lenta incede, trionfando su un giorno che, rosso di vergogna ,con

un inchino si congeda…Figlia del vento e della terra, del fuoco e dell’acqua…come lieve brezza

sfiora i petali dei fiori in una muta carezza…in un eterno movimento che ricorda il principio stesso

della vita…Si posa sul ramo dell’antica quercia che pare essere custode della radura…trae a sé le

gambe sottili, vi appoggia i gomiti ed inizia a guardarsi intorno…Il silenzio è sovrano in quella

terra, pochi versi di uccelli …un grido fiacco di corvo…Nulla che le paia degno di nota…i capelli

rossi disegnano una fiamma viva e gareggiano coi lumi che si irradiano dal suo serico abito viola,

paglie di luce che si accendono ad ogni movimento e refolo di vento…Il capo china a lato, mentre

un soffio alita vero l’esterno, gocce di candide perle si materializzano per incanto, stende il palmo

delicato e con una lieve torsione del polso le racchiude nella mano…Celata in un alone di bianco

incanto è lei, nessun dubbio su chi sia…E’ una fata…Vive sola in questa landa deserta, dove

lacrime e tristezza hanno solcato il volto della terra e degli uomini che l’abitavano..

Niuno è rimasto qui…almeno così ella sa e così si narra nel bosco…ove tutti sanno..e parlano

con voci che umane non sono…Lo racconta lo stormire delle fronde…il guaiolare lamentoso

della rossa volpe …l’ululato roco del capo branco cieco d’un occhio…le acque del torrente che

saltellano tra i massi. Oggi ha rivisto le rosse distese d’erica… tra cui ha voluto passare le dita..

l’azzurro del cielo in cui lo sguardo si è perso.

”Vorrei immergermi in Voi e ritrovare il piacere della vita..” sussurra piano mentre raccoglie a se lo

sguardo…Densa, un’ acre brezza lambisce le morbide guance della fata. Senz’alcun preavviso , ella

lascia il solido ramo spiccando il volo in direzione del fiume, ambiente a lei molto famigliare.

Frulla appena le ali e incede in traiettorie di volo equilibrate e ben dosate. Percepisce in cuor suo

che quella natura, da lì a poco, diventerà palcoscenico di vicende burrascose, eppur consapevole di

questa verità si porta presso il masso ricoperto da un tappeto di verde muschio…vicino a

quell’acqua, ove è solita riposare…Nel suo volare, da quell’altezza, giungono ai suoi vividi occhi

viola immagini di un bosco ancora animato da creature gentili e lievi come un sole che riscalda.

Una coppia di giovani daini muschiati erra tra i bassi cespugli nella ricerca di germogli freschi per

la consueta prima colazione, uno scoiattolo, saltando di ramo in ramo, rincorre una farfalla dall’ali

viola e gialle che, svolazzando irregolarmente, rallegra l’aria di quella mattina tersa…Coglie una

natura viva, sveglia e pronta a donare respiro al mondo ancora ignaro. La creatura del piccolo

popolo abita quel bosco da tempo immemore e le sue scorribande per le fronde verdi degli alberi

secolari hanno conosciuto avventure meravigliose, aveva saputo trarre da esse insegnamenti utili

per la vita …Mentre la sua mente va a questi ricordi, un lieve soffio d’aria la riporta a concentrarsi

sul volo. Vede il suo cuscino, che si trova vicino al fluire un po’ irruente dell’acqua, pare un’isola

in mezzo ad un mare ricco d’anime pronte a donare le proprie esperienze…Con un piccolo

cambiamento di traiettoria plana, abbassandosi il più possibile, verso quella roccia, luogo

d’avvistamento importante…Di nuovo tutto tace. Un imprevedibile turbinio, simile a neve, scende a

tratti…mentre una brezza improvvisa ne scompiglia l’ordinato cadere… il fiume è perfettamente

calmo, l’acqua scorre liscia… ma solo per poco… un gorgoglio chiaro ,pare per un attimo fermare

anche la caduta di quegli innaturali fiocchi.. gli attimi sembrano passare ancor più lenti …In un

luogo senza nome una invisibile mano scrive alacremente, rigo dopo rigo, ciò che la mente

ordina…Ed intanto, al bosco, lo sciabordio di piccole onde rompe nuovamente quello che non per

molto sarà silenzio… le onde lentamente si placano, ed è quando quel costante rumore di fondo pare

svanire, che un ruggito opaco, come schermato, ostacolato, scuote la riva del lago e le sue acque…

di nuovo in quel preciso punto, di nuovo quel vento anomalo…spariti i fiocchi come ingoiati da

qualcosa… e poi il levarsi delle acque, alte a scoprire lente squame e occhi da rettile… che

fiammeggiano in direzione della riva…