Francesco Brancato - Poesie

Ode a te…Aria

A te, mia dolce Aria
io tesso le mie lodi.
Dei cinque elementi,
di più virtù tu godi.

Nella preziosa vita
tu hai una grande dote,
sai sussurrar all’orecchio
le più soavi note!

Di una cosa bramo,
ché so che fai arrivare:
alla donna che amo,
le musiche a lei care.

O come è bello o Aria,
vedere in su al balcone
mentre s’alza leggero
dal cielo un aquilone.

Il pargolo è felice
se tu diventi vento,
la sua gioia gli dice
che giunto il bel momento.

O Aria adorata
fai che nel tuo cammino
tu porti alla mia amata
l’odor del gelsomino!

Noi lo sappiamo tutti:
se tu fossi nessuno
non spargeresti al mondo
il tuo grande profumo.

Lo sai quanto io adoro
quando t’alzi veloce,
io sento come in coro,
la tua soave voce.

E sempre mi domando
perché quando tu arranchi,
noi ci accorgiamo tardi
di quanto tu ci manchi!

 

 

 

Un altro treno

Un altro treno a scandire
un viaggio incerto,
come orologio senza
quadrante.

Poco bagaglio: solo esili
giunchi in fertile prato, i
miei dolci ricordi! Leggeri
come foglie di pumila
avvolte dall’abbraccio
dolce d’un vento d’agosto.

Il dondolio ritmato mi porta
tra le tue braccia. Calde e
morbide che mi avvolgono
in un tenero abbraccio, soave
gesto di tenera amante.

E rivedo, nel mescolio del
paesaggio mutante, la tua
dolce immagine: stagliata
ed elegante; gaudente come
iris; soffice come rosa;
cascata di iridescenti
orchidee.

E questo suono ritmato
a ricordarmi il tuo generoso
mare! Le onde scroscianti
fin dal timido mattino, promessa
gentile per curiosi turisti!

In questo mare si tuffa
dolce il pensier mio: lo
sento, mi bagna, ci bagna.
Il tuo mare, il mio mare,
ora foce e sorgente del
nostro amore sognante.

E ancora riporto nel mio
ilare viso le tue dolci carezze.
E le notti trascorse in un tenero
intreccio di mani e di braccia;
di guance su guance; di cuore
nel cuore; di corpi avvinghiati;
di mani affondate su onde
di mori capelli, ricordo di
un mare sereno e indomito!

 

 

 

Mutamento

Or ti rimiro mio oleandro
caro,
tu ch’eri fulgido di bianco
candore,
non rattristarti con tuo
pianto amaro,
porta allegria al tuo
beato core!

Perché natura, prima di
dar la vita,
segue la via, la solita
sua sorte,
le sue creature al mondo
suo l’invita,
prima la nascita, maturità
e morte.

Dolce alberello tu sai che
vita sorella,
le sue creature le vuole
sempre amare.
per questo adotta la strategia
più bella,
che è sempre quella del dolce
trasformare.

Verrà l’autunno e infin il
freddo in cima,
cadranno i fiori dal mitico
candor,
ma rivivrai più bella ancor
di prima,
perché la vita ridona il
tuo splendor!

 

 

Questa notte

Che far di questa notte,
notte di piena luna?
Riempirla di colori,
come san far le stelle!
Svuotar la mente colma,
senza lasciar lacuna,
e far parlar il cuore di
cose assai più belle!

La luna che dall’alto, giù
punta come un faro,
e guida col chiaror
il passo del viandante,
promette la certezza
di un suo cammino caro,
con luce che si alza, con
luce che s’espande.

Che far di questa notte,
se hai tristezza in core?
Sei come una barca,
davanti un grande muro,
e il marinar che rema
in seno al suo dolore,
in cerca d’un riparo,
d’un porto più sicuro.

Se vuoi abbracciar la
notte ed essere sereno,
dimentica del giorno
e il chiasso che diffonde.
Lascia cader il passato
e trova il tempo pieno,
come sa fare il mare
formando nuove onde!

 

 

 

Sbagliare

Ricordo un tempo, un dì assai lontano,
dei vergin scritti di quando ero scolaro.
Su protocollo, il tema scritto a mano,
pieno di linee, di blu, colore amaro.

Quei segni blu segnavan la vergogna,
il limitar l’espander dell’orgoglio.
Perché sbagliare era atrio d’una gogna,
meglio le rosse, le righe dentro il foglio.

In seno al core cresceva la paura,
di quella mano in cerca dell’errore,
per cancellarlo con perizia e cura,
e dare al foglio il suo bianco colore.

Penso alla luce, al suo colore bianco,
dentro quel bianco ci sta l’arcobaleno,
il blu, il rosso, il verde, tutti a fianco,
e pur l’azzurro d’un ciel mite e sereno.

Ci hanno insegnato delle bugie fuorvianti:
fare di tutto per non dover sbagliare!
Sbaglia la scienza, prima d’andar avanti,
senza l’errore nessuno può imparare!

Or benedico quelle matite blu,
senza le quali farei gli stessi errori.
Un foglio bianco è privo di virtù,
l’errore pio è dentro ai nostri cuori

Sbagliamo pure senza temere nulla,
sbagliamo ancora, usando la coscienza,
perché l’errore ogni certezza annulla,
per far fiorire la nuova conoscenza.

 

 

 

La parola

La parola è prudente
se mette radici
nel cuore e nella mente:
allora è un giardino ciò
che tu dici.

Parole che son vuote,
svuotate nel ventre,
son suoni, senza note
di musiche ormai spente.

Parola, pendice di monte,
diventa pianura,
se lì cresce un ponte
che getta giù le mura.

Parole fuori dai denti,
che possono ferire
come lame taglienti.
Allora è come morire.

Parole false ed amare
che infettan la mente,
si possono evitare,
senza dir niente.

D’atavica memoria
l’inizio fu il verbo.
Parola che fa storia,
da mettere in serbo.

Parole abusate
logorate nel tempo,
ormai son passate,
morte anzitempo.

Descrivono un mondo
che va sempre in fretta,
ti rendi poi conto:
son come saetta!

Allor meglio il silenzio,
per dire tante cose.
È come l’assenzio,
fragranza di rose!

Beata è la vita
di chi si consola:
il mondo ci invita
alla Retta Parola!

 

 

 

Odor di gelsomino

Nel giugno odoroso,
sull’irto mio cammino,
si sparge generoso,
l’odor di gelsomino.

Si rompono i pensieri
d’affanno travagliato,
non son più prigionieri
d’un logoro passato.

Finita è già la pioggia,
rugiada in su la calla,
sul fiore ancor si poggia
il volo di farfalla.

Ecco: torna il sereno.
Tace ogni lamento,
s’ode il suon ameno,
dell’alitar del vento.

Lo zeffiro leggero
che aleggia in seno al core,
del gelsomin sereno,
mi porta il dolce odore!

E l’ape laboriosa
d’adagia qui vicino,
non vola in su la rosa,
ma brama il gelsomino!

Seppur l’uomo l’adopra
per limitar il giardino,
sa che l’odor va sopra
ove non v’è confino.

O dolce liliale fior,
stellina mia amata,
d’aulente tuo odor
natura t’ha premiata!

O fior del mio dolor,
che dentro intriso sento,
ferita in dentro il cuor,
ché temi il forte vento!

Amato fiore mio,
soave fiorellino,
tuo nome è “Don di Dio”,
per tutti: Gelsomino!

 

 

 

Alla montagna vò silente

Alla montagna vò sempre silente
per udir forte l’alitar del vento.
Per fare spazio dentro la mia mente,
per liberarmi d’ogni turbamento.

Per riscoprir quel mistico silenzio
che dona pace, che regala mistero.
Quel delicato odore dell’assenzio
che porta via ogni tetro pensiero.

Alla montagna vò quand’essa piange,
tutte le lacrime che formano ruscelli.
Finita la tempesta nell’orecchio giunge,
battito d’ali e cinguettii d’uccelli.

Ed il camoscio riprende il suo percorso,
l’aquila sale a carezzare il cielo.
Ora che tutto ha già ripreso il corso,
alla montagna riprende il ciel sereno!

Alla montagna vò col core franto
per un amore sfilato dal mio dito.
Ora che gli occhi son liberi dal pianto,
vedo la cima e il prato più pulito.

Non ho timori e neppur rimpianti,
or che ho affittato un attimo di pace:
or che ho saldato il pegno con i santi,
godo dell’aria e il verde che mi piace!

Alla montagna vò nella stagione adusta,
quando in città ogni speranza è spenta.
Lascio i bagagli e la valigia angusta
d’un mio passato e una ferita aperta.

Ma non mi piace l’algida stagione,
liliale manto che copre ogni stradella.
Non sai se giù c’è l’erba oppure il fiore,
la stella alpina, l’azzurra genzianella!

Alla montagna vò implorando
gli scalatori in cerca d’una pista,
ché la montagna è li che sta aspettando:
la sua presenza è già una conquista!

 

 

 

I colori più belli

Nel pieno tormento dell’animo mio,
quando mi persi dentro un’accanita
sorte, il mio pianto parlò, sconsolato
e solo, con la purpurea rosa, saggia
paladina in una rigogliosa primavera.

Le raccontai dei frammenti di mondo
che andavo perdendo e di un sole che
abbaglia, tiepido e vano, un’incerta
speranza. Di quei contorni di cielo,
sempre più sfumati e pronti a fuggire
lesti, irrispettosi ed insolenti.

In quell’ umido giorno, il cielo piangente
cedette, garbato e pio, il posto ad
un accogliente sole, felice dispensatore
d’ arcobaleno. E la rosa mi parlò serena:
“Pochi occhi sanno vedere tutti i colori
iridati d’arcobaleno!”

Or che la notte avanza, fitta e implacabile
dentro agli occhi, mi sovvien la voce,
leggera e mite, della purpurea rosa. Ora
vedo i colori nascosti dell’arcobaleno, resi
più lucenti da uno schermo soffuso e nero.

Il colore di una tenera carezza della donna
amata. Il colore di una voce amica che mi
sprona alla saggezza. Il colore sempre eterno
d’un abbraccio di mamma. Il colore sottile
e penetrante di poesia ispirata. Il colore
disperso in tanti rivoli prestati alla tela.
Il colore, soave melodia udita dal cuore.

Sono questi i colori nascosti nell’arcobaleno,
che abbagliano gli occhi di chi sa cercarli!
I colori più belli non sono quelli rubati ad
una sfavillante primavera, son quelli cercati
in ogni stagione di vita. I colori più belli
son sempre colori di Vita!

Nota: la poesia è stata premiata in occasione del XIII concorso “Il volo di Pegaso” istituito dall’Istituto Superiore di Sanità per dare spazio espressivo ad artisti con malattie rare. Anno 2021

 

 

 

Attraversando il buio

Care, mi furono le dolci piogge
d’autunno: tendevo le mani per
sentire i dolci fremiti delle gocce
fresche e palpitanti; chiudevo
gli occhi, non ancora spenti,
ed era il suono divino della
pioggia.

Occorre essere audaci per
attraversare l’invisibile e
scoprirne le meraviglie;
vedere, nella notte più
nera, l’odore fresco della
timida alba che saluta il
giorno novello;
osservare l’odore di
dolce fragranza di rosa,
regalata dalla primavera.

Beato è il pittore che sa
dipingere il suono di un
petalo che cade sopra un
prato di cristallo. Che
riesce a portare, dentro
la tela, le note di sinfonia
scritte dal cigno o dalla
gola di una gaia allodola
nella stagione calda.

Ora gli occhi sono le mie
mani. La luce, un’aurora
schiusa dentro l’anima.
Il sole, una calda coperta
che mi avvolge il cuore.
Solo i poeti, come noi ciechi,
sanno scoprire i diamanti
attraversando il buio!

 

 

 

Accettazione

Ti prego, non indicarmi
le fulgide stelle, ora che
il buio silente cala ombroso
nei miei già stanchi occhi!

Non accanirti con l’insolente
sorte, innocente e schiva,
poiché non pronunciò mai
promesse audaci!

Non chiedermi di scrivere
versi quando la mia mano
è muta: aspetta il vento,
il suo alitar, viandante
messaggero.

Dimentica il girino c’ero,
curioso e lesto, a dimenarsi
inquieto nel paludoso stagno.
Sono la rana, la verde rana
nel grande prato di vita nuova.

Vedrò ancora le stelle,
luminose e ardenti, calare
dal cielo e visitare il fondo
dell’animo mio, ancora vivo
e lucente!

E ti sarò grato se supererai
l’affannosa onda del tempo,
e torni qui, accanto a me,
per salutare quello che sono
adesso!

 

 

 

Incontrarsi

Pensavo che bastassero grandi ali
per incontrare le betulle verrucose
e le arcigne querce.
In una notte buia, specchio d’animo
inquieto, le fronde mi parlarono quiete
e sagge: “Non servono ali ma solide
e fitte radici per incontrarsi!”

La mia flebile vista non aveva mai
guardato sotto il ventre molle della
terra, lì, dove s’abbracciano i lunghi
villi terminali dei tronchi, radici vaste
e profonde, fattesi relazioni che si
nutrono di eterna e rinnovata linfa.

Non fu la pioggia ad irrorarle, quella
sapiente notte, ma il mio copioso pianto
di gioia inattesa. Così albeggiò la mia
coscienza, che uscì potente dall’angusta
soglia di falsa credenza. Ero stato tante
volte con facce note: ci siamo sfiorati
senza mai incontrarci!

Ricordo un viaggio sopra una zattera,
promessa di terre lontane in mare aperto.
Il comandante mi disse di appoggiarmi
all’albero, maestro di vita. Poi aggiunse:
“Abbiamo un grande progetto comune,
non è una meta incerta ma un viaggio
in un’isola felice: si chiama incontro!”

Il cuor mi parlò con parole imploranti:
“Un tempo remoto fui solo, stagnante
nel corpo. Le cellule amiche implorarono
aiuto ed io mi feci arterie e infin
capillari per raggiungerle tutte! Fu
l’estatico incontro di fulgida vita”.

Quel viaggio salvifico fu fonte sapiente.
Ora so che incontrarsi è conoscersi,
ritrovarsi e scoprirsi nell’altro. Guardarsi
negli occhi e trovar ciò che manca a noi
stessi. Incontrarsi è avere gli altri dentro
un unico “Noi”.

 

 

 

Notte di San Lorenzo

Notte di stelle di tremulo pianto,
d’un cielo terso da sopra lo sguardo.
Scie luminose che formano un manto,
che evocano vie di dorato traguardo.

E non c’è tempo per un vano passato,
l’anima è persa nell’alto migrare.
Persa è la meta nel cielo stellato,
solo per gli occhi che sanno sognare.

Ecco lo sciame di liete comete,
rese più ardenti nella notte di pece,
apre alla mente le vie più segrete,
sveglia ogni cuor che ritrova la pace!

Or che la pioggia s’ è vestita di luce,
ora che bagna ogni verde speranza,
seguo la strada che essa mi induce,
seguo la Vita che è pura sostanza!

Notte speciale nel gran firmamento
dove si pendono cocci di stelle,
dove si spegne ogni cupo lamento,
là dove si odono le voci più belle.

Di San Lorenzo questa è la notte
che accoglie d’ognuno il forte desìo,
di chi ha vissuto le guerre e le lotte,
che ora crede in un futuro più pio!

 

 

 

I colori più belli

Nel pieno tormento dell’animo mio,
quando mi persi dentro un’accanita
sorte, il mio pianto parlò, sconsolato
e solo, con la purpurea rosa, saggia
paladina in una rigogliosa primavera.

Le raccontai dei frammenti di mondo
che andavo perdendo e di un sole che
abbaglia, tiepido e vano, un’incerta
speranza. Di quei contorni di cielo,
sempre più sfumati e pronti a fuggire
lesti, irrispettosi ed insolenti.

In quell’ umido giorno, il cielo piangente
cedette, garbato e pio, il posto ad
un accogliente sole, felice dispensatore
d’ arcobaleno. E la rosa mi parlò serena:
“Pochi occhi sanno vedere tutti i colori
iridati d’arcobaleno!”

Or che la notte avanza, fitta e implacabile
dentro agli occhi, mi sovvien la voce,
leggera e mite, della purpurea rosa. Ora
vedo i colori nascosti dell’arcobaleno, resi
più lucenti da uno schermo soffuso e nero.

Il colore di una tenera carezza della donna
amata. Il colore di una voce amica che mi
sprona alla saggezza. Il colore sempre eterno
d’un abbraccio di mamma. Il colore sottile
e penetrante di poesia ispirata. Il colore
disperso in tanti rivoli prestati alla tela.
Il colore, soave melodia udita dal cuore.

Sono questi i colori nascosti nell’arcobaleno,
che abbagliano gli occhi di chi sa cercarli!
I colori più belli non sono quelli rubati ad
una sfavillante primavera, son quelli cercati
in ogni stagione di vita. I colori più belli
son sempre colori di Vita!

Nota: la poesia ha vinto, il 23/02/2021, la XIII edizione del concorso “Il volo di pegaso”, organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità per dare spazio artistico espressivo a persone portatrici di malattie rare.

 

 

 

Fiorire in Autunno

C’è silenzio nell’aria
nel tiepido autunno.
Le foglie ingiallite
cadono silenziose,
non come turbinii
d’umani pensieri,
ma come lievi sospiri
di leggero sollievo.

Le ultime rose salutano
languide la calda estate:
non un addio ma una
dolce promessa di ritorno,
un solenne arrivederci.

I fiori più belli son quelli
capaci di bagnarsi di poche
ore di luce. Essi sanno che
daranno la luce e i colori
ad occhi curiosi di meraviglia.
I fiori più belli son quelli
che escono orgogliosi fuori
dai cancelli!

 

 

 

Attraversando il buio

Care mi furono le dolci piogge
d’autunno: tendevo le mani per
sentire i dolci fremiti delle gocce
fresche e palpitanti; chiudevo
gli occhi, non ancora spenti,
ed era il suono divino della
pioggia.

Occorre essere audaci per
attraversare l’invisibile e
scoprirne le meraviglie;
vedere, nella notte più
nera, l’odore fresco della
timida alba che saluta il
giorno novello;
osservare l’odore di
dolce fragranza di rosa,
regalata dalla primavera.

Beato è il pittore che sa
dipingere il suono di un
petalo che cade sopra un
prato di cristallo. Che
riesce a portare, dentro
la tela, le note di sinfonia
scritte dal cigno o dalla
gola di una gaia allodola
nella stagione calda.

Ora gli occhi sono le mie
mani. La luce, un’aurora
schiusa dentro l’anima.
Il sole, una calda coperta
che mi avvolge il cuore.
Solo i poeti, come noi ciechi,
sanno scoprire i diamanti
attraversando il buio!