A CAVALCARE LE ONDE

Rinuncio a quest’espressione

che mi è stata impressa

e che tutto riduce

in numeri.

 

Il tempo mi è stato imposto.

 

Non lo voglio più.

 

Lo rifiuto.

 

Altro non è

che una gabbia

e come in gabbia

non si può fare a meno

di segnare sulle pareti

il passaggio dei giorni.

 

Si segna in maiuscolo

la prima settimana

poi il primo mese

poi il primo anno

e questa ricorrenza

si cerca di perpetuarla

scemando però

pian piano

lungo l’esistenza.

 

Prima comunione

cresima

matrimonio

poi arrivano gli anta

e come prestigiatori

si vorrebbe tutto

indietro riportare.

 

Non è possibile.

 

Un’esistenza costellata

da convenzioni

e riti pagani

misurata

con un metro

ed un tempo

che nel cosmo

non esistono.

 

Vorremo anche ingannarlo

ma è così scaltro che siamo

noi ad essere ingannati.

 

Prigionieri siamo perciò

a doppia mandata

del tempo e della terra

e sulla capsula percorriamo

lo spazio a folle velocità

convinti di star fermi.

 

Non c’è scampo.

 

Pare quasi d’essere

all’interno di una recitata finzione.

 

Fuori della capsula

tutto è diverso.

 

Scompaiono i giorni

scompaiono gli anni

scompaiono i riti e le convenzioni

scompaiono le membra

e tutto il deperibile

che ci portiamo dietro.

 

Scompare l’aria.

 

Possiamo però veleggiare

e cavalcare le onde

dell’eternità accompagnati

e sospinti dal caldo respiro paterno.


NUOVI ABITI

Nel farfugliare di vita

ogni giorno come malattia

si presenta

senza ch’io

possa abbozzare

alcuna risposta

sul perché

sul come

dell’impotenza immane

dell’ignoranza completa

sull’eterno dilemma.

 

Alle discussioni

alle letture

affido

l’improbo compito

della ricerca

che porta sempre

a una continua introspezione

che dilata ancor di più

problemi e domande.

 

La matassa

all’ulteriore pensare

si aggroviglia

ed il traguardo

pare lontano

inesistente o irragiungibile.

 

L’immagine

di questo vivere

del suo inizio

della sua fine

continua a negarsi

occultando

contorni

essenza

finalità.

 

A volte si materializza

l’ipotesi

che tutto sia

il risultato

di un crogiolo

di vari vitali componenti

che in noi hanno trovato

possibilità di manifestarsi

e di comporsi

nella forma data

che poi è l’abito che vestiamo

senza poterlo cambiare.

 

Le origini pertanto

si perdono

nella notte dei tempi

e proseguiranno

in un perpetuo

fluire con abiti diversi

 

Ecco

proveniamo dall’infinito

con destinazione l’infinito.

 

Non c’è inizio

non c’è fine

c’è

un susseguirsi

permanente

di stagioni cosmiche

universali.

 

Nulla è distruttibile

e riducibile a nulla.

Siamo parte integrante

di un infinito inimaginabile

e di una rotazione cosmica

universale.

 

Quella che chiamiamo morte

altro non è che un cambio di vestito.

 

Il mortale corpo

corrodendosi indosserà

nuovi abiti.

 

E il mio essere pensante?

 

Andrà e sarà sempre

dove c’è la Mente

da cui tutto discende.


L’INDIFFERENTE

Assorto

atono

abulico

immobile

incurante

inerte

ebete

estraneo

ebbro

di vuoto

sazio

come cieco

il mondo

di nulla

osserva

e a spasso porta

come cane

al guinzaglio

la stolta

indifferenza.


Il calagio

Ogni volta

che a Colonnata

torno

non so

come e perchè

immediatamente

dai segreti della memoria

fluisce e schizza fuori

e qual spezzone di film

si propone

l’arrivo sbuffante

che dalla galleria appare

del treno

che il marmo

fino al mare

trasportava.

 

Arrivava fin qui

al Calagio

in mezzo

alle Apuane!

 

Ora dei binari

si son perse

pure le tracce

e asfalto

macchine

ed il bus navetta

per il paese

recitano

un altro film.

 

Così all’immancabile

mentale confronto

i segreti della memoria

sanno e trasmettono

una umanità

che l’arida realtà presente

ha cancellato.

 

Ferita sempre fresca

e nell’animo dolorante.


Esistenza cadenzata

Liberi un tempo

per piazze e strade

con poco o nulla

giocavano i bimbi.

 

Dimensione

e spazi

oggi assenti.

 

Il rumoreggiare

continuo

dei motori

sulle scorrevoli

rotonde

tutto

zittisce.

 

Tutto è più veloce

tutto è cadenzato.

 

Il carnet

dell’esistenza

offre

oggi

tutto ritmato

sveglia

lavoro

scuola

dopo scuola

palestra

musica

danza

e altro ancora.

 

Tutto è

a misura.

 

Tutto è

a battito

d’orologio.

 

Un’esistenza

zeppa

cadenzata

che s’insegue

senza vivere

la vita.


L’INCUBO

Groviglio

forte sensazione

dolore urlante

nel mezzo della notte

giri e rigiri

nel letto

coperte all’aria

nodo alla gola

soffocante

mani d’acciaio

tutto stringono

folla attorno

immobile

ammutolita

paralizzata

assiste

all’impari lotta

sforzo sovrumano

per non cedere

nervi tesi

arterie gonfie

paiono scolpite

su braccia e collo

alla fine

urlo potente

liberatorio.

 

Sconvolto

seduto sul letto

si mette

incredulo

attorno

si guarda

la mano scorre

la fronte sudata

dalla finestra

fa capolino

un filo di luce.

 

L’incubo è finito.