Domani

Le urla del cielo
rimbombano di lamentati indecifrabili
il pianto degli angeli
non disseterà le coscienze scorate.

Gli inverni violenti
circondano feste balcaniche nei relais tedeschi
le balere immobili
sovrastano la rivoluzione e gli addii.

I calli sulle mani
manifestano prese ferree a illusioni laiche
figlio unigenito
disperi al buio orfano di pace e di sonno.

I fogli di calcolo
incolonnano le paure di virus e solitudine
Le ancore galleggianti
aggrappate a volontà statiche e dati statistici.

Non sei mai pronto a domani
non puoi evitarlo domani.


Meno quattro.9

Gelide le braccia rivestite di onore
si spezzano tra i buoni propositi
Collane di bussole guarniscono i bivi
scongiurando scie di paura e solitudine.

Gli incubi orchestrano ninananne gotiche
la realtà arpeggia un’ottava sopra
L’eco dei tunnel riempie le strade
la neve aiuta a riconoscere il passo.

Le stalattiti blindano gli abbracci
ombreggiati dagli arbusti della paranoia
Intorno gravita la figlia del sole
scaldando l’anima di amore e bellezza.


La mia natura

Senti il rumore della pioggia ma non piove
Come teli di parole che coprono il sole
Senti rumori violenti nel cuore della notte
Come petardi veggenti ad augurarti la morte

Fulmini improvvisi nei sogni più spontanei
Come nemesi brillante di tutti i miei peccati
Folate di vento sui posacenere pieni
Come un sottile dispetto per i nostri polmoni

Satelliti folli si mischiano a stelle
Come insidiosi sciacalli tra le cose belle
Nuvole grigie ad oscurarmi i risvegli
Come nastro isolante dei nostri sbadigli

Estati e inverni scandiscono i progetti
Come escursioni termiche di cuori imperfetti
Grandine e neve a congelare i brutti ricordi
Come la luna nascosta quando di notte ti perdi.


All’amico pittore

Miserabili, affannate ore notturne

nutrono anoressiche meraviglie

morire giovani per non morire

fatali indigestioni vulcaniche.

 

Dalla prua di un veliero nero

incantano i pirati come muse

mi assaggio con lingua rattrappita

rigurgitando esistenze ataviche.

 

Io, che da me mi assolvo

scongiuro schianti controllati

inneggiando lode ai miei microbi

con velleitarie forme di insonnia.


Contabilità asettica

Quante volte ho leccato fortemente

le tue spinose non curanze.

Quante volte ho accarezzato dormiente

i tuoi solenni imbrogli.

Quanti sonni tra i mille odori

delle tue sgradevoli fughe.

Quanta disperazione venduta a Dio

per la presenza occulta delle tue mani.

Quante volte ho tremato piano

cullato dalle tue cure sintetiche.


 

In un bar

Pallidi i contorni dei morsi scampati dormendo

le giacche sulle sedie blindano le speranze.

Si incastrano le paure nelle fessure dei sogni

sudano le urla nelle gole gonfie e aride.

Gli sguardi dei matti scavalcano gli imbarazzi

gli abbracci dei matti sfidano la gravità.

Sensi di colpa impollinano le coscienze

orchestre di dubbi incombono nei teatri abusivi.

Rincorse affamate ad infanzie felici

distorte dai fondi dei bicchieri invadenti.