QUEL TRENO DEL SUD

Era una fredda sera di febbraio e Luca affrettava il suo passo tra i vicoli stretti del borgo inseguito da
una valanga di pensieri che affollavano la sua mente; le mani infilate nelle tasche del cappotto,il bavero
alzato, avvertiva sul suo volto scarno l’umidità che penetrava nella sua pelle,nelle sue ossa provocandogli
una sensazione di freddo pungente.
La luce della luna piena che si stagliava sull’azzurro del mare colse la sua attenzione nel mentre
svoltava nella piazzetta e per un attimo i suoi pensieri si fermarono e sentì il bisogno di affacciarsi
sulla terrazza per ammirare lo spettacolo che si presentava ai suoi occhi…proprio lì dov’era …. – ma
quanto tempo fa’ ? – era con Daniela…quanti ricordi.

Erano tornati da una serata in casa di amici e lui si era offerto di accompagnarla a casa…l’aveva
ammirata tutta la serata …i suoi occhi azzurri creavano un piacevole contrasto con i suoi capelli
bruni,un corpo esile ,abbronzato, un velo di trucco che faceva risaltare la sua bellezza naturale,la curva
del piccolo seno che si intravedeva nella scollatura del suo vestito a fiori;stavano ridendo di una sua
battuta ,forse un po’ stupida, e si trovarono d’improvviso su quella terrazza, sotto la luce gialla di quel
lampione che li illuminava, intimidita dallo splendore della luna.
Fu allora che i loro sguardi si incrociarono, che le loro mani si toccarono ,che i loro occhi si socchiusero e le
loro bocche si fusero in un languido bacio.

Un vociare chiassoso di ragazzi lo distolse dai suoi pensieri e a passi svelti riprese il suo cammino ..era
suonata la mezzanotte dal campanile della piccola chiesetta quando aprì l’uscio di casa e si avviò verso
la sua stanzetta:” Luca, sei tu?”…” Si dormi mamma, che è tardi”.
Entrò nella sua cameretta ,accese la luce e si guardò intorno , sulla parete bianca facevano bella mostra
foto di tanti anni fa’… lui e Daniela in riva al loro mare blu, suo padre in alta uniforme da carabiniere ,
l’ultima foto prima che venisse ucciso in quel tentativo di rapina , affianco una medaglia d’oro al
valore…erano passati oramai dieci anni …era un ragazzo di diciassette anni,studente liceale di belle
speranze e d’un colpo tutta la sua vita cambiò e d’improvviso tutto il carico e la responsabilità della
famiglia ricaddero sulle sue spalle; dai banchi di scuola all’officina dello zio il passo fu breve e le sue
mani affusolate che accarezzavano i tasti di quel vecchio pianoforte si sporcarono del grasso delle auto
da riparare; dieci anni ed ora era capo reparto in Fiat a Mirafiori, una valigia di cartone…le lacrime di
sua madre e quel treno che lo portava così lontano …..
Anche Daniela era venuta alla stazione quel giorno …non una parola lungo tutto il percorso ma solo la
sua mano che stringeva la mano di Luca quasi a volerlo trattenere …”non partire” sembravano dire i
suoi occhi che mai erano stai così luminosi poi le sua bocca sfiorò quella di Luca e mentre il vecchio
capostazione urlava “signori in carrozza” dalla sue labbra quasi in un soffio uscirono quelle parole “non
sarà uno stupido treno a separarci,ricordalo”.
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@

Quella notte il suo sonno era stato agitato, forse la tensione della ripartenza…il suo breve permesso era
finito e la sera sarebbe ripartito alla volta di Torino…la luce pallida del sole che filtrava attraverso le
imposte lo svegliarono..e la sua attenzione fu attratta da quei rumori familiari che provenivano dalla
cucina mentre l’aroma del caffè si spandeva nella stanzetta rammentandogli i tempi del liceo “alzati
Luca o farai tardi a scuola”; d’un balzo fu giù dal letto e si avviò verso la cucina quasi come se il
profumo di quel caffè fosse l’odore della preda fiutata da un cane da caccia.
In un attimo fu alle spalle della madre e la sollevò da terra come faceva quando era ragazzo e quel peso
era sempre più lieve ,quel corpo consumato dal dolore e dalla solitudine più completa da quando anche lui
era partito….
Quel giorno , come gli altri due di quel breve periodo di ferie, passò in fretta …era stato tutto così breve ma
non poteva mancare da casa in quei giorni …il passare di tanti anni non avevano assopito il dolore per la
morte del padre in quella fredda mattinata di febbraio.
E venne la sera e ancora una volta,l’ennesima in quei cinque anni di lontananza la mamma lo
accompagnò alla stazione….il vecchio capostazione era andato in pensione ed un giovanottino
biondo,tutto orgoglioso della sua divisa, urlò il suo “signori in carrozza” riportando il giovane Luca a
Torino,nella sua fabbrica.
Il viaggio di ritorno gli sembrò breve …è strano come ci si allontani velocemente dalle cose care e come
lungo ed interminabile sembra il tempo quando invece ti accingi a raggiungerle.
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@

Il suo primo giorno in fabbrica, in quella città a lui così ostile e così fredda, gli parve un ritrovarsi a casa
tante erano le voci ed i dialetti del sud che si incrociavano; ricordava ancora gli scherzi e le battute dei
compagni di lavoro e la pacca sulle spalle di quel gigante dai capelli bianchi che stranamente, per un
gioco del destino, festeggiava il suo ultimo giorno prima di andare in pensione “forza guagliò,mò tocca
a te, fagli vedere a questi polentoni che sapimmo fa’.

Quel sorriso gioviale che celava anni di dura fatica gli ricordarono il padre e gli dettero quella spinta
,quello stimolo a far bene quasi avesse raccolto i frutti di un’eredità, un regno da difendere …l’orgoglio
di essere lavoratori,di esser meridionali..forza Luca e lui andò avanti e seppe farsi amare dai compagni e
ben volere dai superiori.
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@

Quante volte era tornato a casa su quel treno del Sud e tante ne era ripartito….la stazioncina del suo
paese lo accoglieva ogni volta nel suo grembo e un insieme variegato di colori, di profumi e di sapori per
lui familiari prendevano il posto del grigiore della fabbrica e della freddezza di quella catena di
montaggio.
Quella sera di agosto sulla spiaggia erano soli e Luca e Daniela passeggiavano sulla riva del mare.. di
lontano una musica li raggiunse , un disco di Peppino di Capri “stanotte stu cielo e stu mare te fanno
chiù bella…” si ritrovarono a ballare goffamente sulla sabbia ma per loro era una pista da ballo e loro
erano Fred e Ginger … Fu l’incanto di quella notte , quel cielo stellato,lo splendore di quella luna “Scegli
una stella …è la stessa… è la nostra..” e poi il frusciare del mare coprì i loro teneri sospiri, il vento
accarezzò i lunghi capelli Bruni di lei e come un flebile giunco il suo corpo cedette alle carezze ed ai baci
di Luca sempre più audaci e il buio della notte li protesse dagli sguardi indiscreti del mondo…
e a Luca vennero a mente quei versi di Prèvert, ,quei versi che lui amava leggerle in quelle sere d’estate,
mentre la madre in cucina era intenta a creare quei piatti che sapevano del sapore e dei profumi della
sua terra
” I ragazzi che si amano si baciano
in piedi contro le porte della notte
…………………………………………….
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore”
E poi quei pomeriggi assolati, le pazze corse in riva al mare , le passeggiate in bici – lei sulla sua
Graziella…. – quei gelati in piazzetta scambiandosi baci al sapore di crema e cioccolata.

E poi la tristezza delle ripartenze nell’ansiosa attesa di un nuovo ritorno..e quel treno,quello stupido
treno che mai avrebbe potuto dividerli.

@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@

Erano passati tre lunghi anni ed era la vigilia delle ferie, quell’afoso agosto, quando il capo del
personale lo convocò nel suo ufficio unitamente al dirigente del reparto e con un fare paternalistico gli
consegnò la lettera di promozione a capo reparto con una stretta di mano ed una pacca sulla spalla, che
per niente ricordava quella ricevuta dal vecchio compagno di lavoro, il gigante buono dai capelli bianchi.
Con il cuore in gola quella sera ripartì da Torino alla volta del suo borgo marinaro, ansioso di trasmettere
la sua gioia a Daniela e d’un tratto si ritrovò a sognare una vita insieme senza l’affanno di quei
ritorni…. ma la stanchezza ebbe il sopravvento e i suoi occhi si chiusero mentre sul suo viso si disegnava
un sorriso….
Si risvegliò per l’improvviso arrestarsi del treno oramai in prossimità della piccola stazioncina, gente che
gridava …che correva giù dal treno…uno strano presentimento lo aggredì ed in pochi passi guadagnò
l’uscita e di corsa raggiunse la testa del treno…a terra in una pozza di sangue affianco alla sua
Graziella giaceva Daniela oramai priva di vita … quel maledetto passaggio a livello incustodito aveva
fatto un’altra vittima…
Un corpo straziato…un vestito a fiori tanto simile a quello di quella sera sulla terrazza del borgo e quelle
parole flebili che ancora risuonavano nell’aria “Non sarà uno stupido treno a separarci,ricordalo”.
E poi il rientro in fabbrica,la catena di montaggio ,i compagni di lavoro e il triste sferragliare di un
treno che risuonava perennemente nella sua mente fino a farlo impazzire… quel treno, quello stupido
treno che gli aveva rubato Daniela….


UN INCUBO TRA SOGNO E REALTA’

Era una meravigliosa giornata di primavera…la natura si era di nuovo risvegliata dopo una coda di inverno piovosa…il verde tutt’intorno, il giallo vivo delle mimose che piegavano dolcemente i rami sotto il loro peso,il rosa dei primi fiori di pesco mentre vivaci i colori delle fresie creavano chiazze arlecchine nel verde intenso dei prati…..
Incurante di tutto questo Fulvio stringeva tra le mani quel foglio , un’ingiunzione di pagamento che lo condannava definitivamente…irreparabilmente!!!Era oramai la sua fine…un dolore acuto in petto lo fece sobbalzare…un respiro profondo e via..
Meccanicamente buttò via quella notifica, uscì di casa senza chiudere l’uscio dietro di sé, salì sulla vecchia autovettura e si avviò verso l’ignoto..ma no lui aveva una meta…Tonia…mai l’aveva dimenticata e fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto doveva rivederla,doveva specchiarsi nuovamente nei suoi occhi e sussurarLe nuovamente “ti voglio bene… “anche se non l’avrebbe creduto.
Lasciò dietro di sé il cancello automatico che lentamente si chiuse quasi un sipario al termine di una commedia…la commedia della sua vita.
Novanta chilometri lo dividevano da Lei…novanta chilometri che tante volte aveva percorso ad ogni ora del giorno e della notte per raggiungerLa,con il cuore gonfio d’amore …il cuore… una nuova fitta lo colse d’improvviso facendogli perdere per un attimo il controllo della macchina.. ma subito si riprese e spinse il piede sull’accelleratore portandosi una mano in petto quasi a voler lenire il dolore con un breve massaggio.
Rapidamente i chilometri scivolavano via sotto le ruote, che calpestavano ancora una volta un percorso che avevano imparato a memoria…
All’ingresso dell’autostrada rischiò di abbattere la barriera del casello che,quasi fosse impaurita, si alzò lasciandolo passare e chiudendosi lentamente alle sue spalle .
Era quasi mezzogiorno quando, superata Castellammare di Stabia, stava per immettersi in costiera…un sobbalzo e la macchina si arrestò mentre nuovamente il suo cuore sembrò quasi arrestarsi all’arrivo dell’ennesima fitta… massaggiandosi lentamente il petto tentò inutilmente di riavviare la macchina..ma niente, il motore era ingolfato…ma lui non poteva fermarsi..
Scese lentamente dall’autovettura e si avviò verso la meta che si era prefissato…per un attimo barcollò evitando d’un soffio una macchina che sopraggiungeva…un violento suono di clacson e un‘imprecazione lo scossero e con decisione riprese il suo cammino.
Era oramai il tramonto quando raggiunse Sorrento…meccanicamente cercò nel taschino della giacca il suo cellulare per comporre nuovamente quel numero amato e ripetere ancora una volta”…sono all’incrocio… “ma si accorse che nella fretta aveva lasciato il telefonino in macchina .

Era finalmente arrivato all’ingresso della strada dove abitava Tonia quando ancora una volta fu colto da malore … barcollando si appoggiò a uno dei tanti alberi di arancio che costeggiavano la strada…
”Signore , signore si sente male? …” come era lontana quella voce poi altre voci …” chiamate un medico..un’autombulanza… ma presto sta male….”.
Si sentì prendere per il gomito….ma tutt’intorno le immagini lentamente sfocavano e lui sentì la Sua mano sfiorare il suo gomito, distoglierlo per un attimo dai suoi pensieri ed un bacio sfiorò le sue labbra nell’incanto del meraviglioso panorama di quel borgo medioevale…ma poi l’immagine cambiò dinanzi ai suoi occhi ed erano insieme passeggiando nelle stradine di quel porticciolo dove avevano tante volte consumato i loro passi e poi il nulla ….

Le voci si allontanavano sempre più …di lontano la sirena di un’autoambulanza ..per un attimo schiuse gli occhi…era a poche decine di passi da Lei e non aveva potuto rivederLa..una lacrima rigò il suo volto mentre una mano pietosa chiuse i suoi occhi quasi a voler conservare per sempre l’immagine di Tonia negli occhi di Fulvio.


 

Una passeggiata tra i portici

Una dama tutta di bianco vestita
Prometteva fortuna per poche monete
E poche monete sono bastate per farti sognare
Al dolce suono di una fisarmonica che spargeva
Nell’aria dolci note di un antico motivo
Mentre la luce di antichi lampioni e dall’alto
Una piccola fetta di luna illuminavano i nostri lenti passi
E le nostre parole si mescolavano al sottile vociare
Dei passanti tra lo sfolgorio di mille vetrine illuminate a festa.