Ho rubato una penna, ho rubato una penna, ho rubato una penna!!!

Ho rubato una penna con la speranza di rubare, con lei,
anche tutte le parole che potevano essere scritte
dal suo incauto vecchio padrone.

Ho rubato una penna con la convinzione di restituire, a lei soltanto,
tutto il potere e la libertà che merita.

Ho rubato una penna a causa della mia perversa bramosia di avere
sempre, sempre, sempre qualcosa da dire, raccontare o da denunciare!

Ho rubato questa penna con la presunzione che la mia mano,
la rendesse libera di sfogarsi, senza però, alla fine,
lasciarla davvero libera.

Ho rubato questa penna con l’orgoglio di chi può davvero dire cose diverse,
ingannandomi nel mio sogno anarchico
di sovvertire il suo destino.

Ho rubato questa penna facendole credere che ero solo io
il suo accondiscendente mecenate,
malinconico e ignorante rivoluzionario.

Ho rubato questa penna e l’ho voluta libera,
ed insieme costretta, nella mia mano,
ancora troppo acerba per trovare un senso compiuto a ciò che scrivo.

Ho rubato una penna destinata a logorarsi
risolvendo sterili equazioni matematiche ed a smarrirsi
in una vecchia scrivania di terza mano.

Ho rubato una penna convinto che per lei
la schiavitù dei numeri e dei cassetti doveva finire,
enon sapevo altro, credevo di renderla libera solo così.

Ho rubato una penna che fu dimentcata da un irriverente,
uno sbadato professionista del dovere, e l’ho fatta ugualmente prigioniera
di una mano, che si eleva a n uova benefattrice,
a sregolata fonte di fantasia… ma che alla fine
non gli ha risparmiato lo stesso trattamento:

Dolce e lenta agonia,
Implacabile emorragia di inchiostro.

Ho rubato quella penna, l’ho liberata, l’ho fatta mia
e in un solo giorno l’ho logorata, sfinita. Ora è esausta.
Molto prima di quanto potesse usurarsi col suo primo sfruttatore

Ma… mi giustificherò sempre, di fronte ad una morte
della quale risponderò davanti a Dio, in questo modo:

Oggi è morto un eroe!
Oggi ha lottato per la mia libertà! Oggi ha combattuto per una rivoluzione!
Oggi ha dato tutto! …Ecco, ora è davvero finita________la penna.


IL PIEDE SINISTRO

Ho il piede sinistro giacobino, radicale, estremista, non avvezzo al compromesso, solitario ed egoista.
E quando lui si scoprė tale, non mi fece camminare per lungo tempo. Fu cosė che me ne resi conto.
Era arrabbiato.
Era arrabbiato con me. E si arrabbiō tutto a un tratto.

La cosa esplose come una bomba, con lo stesso impeto di una giornata di sciopero non annunciato,
e quel gesto lo si potč riconoscere subito come un deciso tentativo di ammutinamento nei miei confronti.
Non conosco la causa profonda o il preciso evento scatenante, ma posso solo intuire o ipotizzare una
improvvisa presa di coscienza; la scoperta spaventosa e sacrosanta della Volontā Propria;
la consapevolezza di essere capaci nella scelta; il rammarico per aver trascorso tutti questi anni
nel pių bieco silenzio, la pių totale abnegazione e la pių vergognosa accondiscendenza.

Quante volte avete messo i piedi dove non dovevate metterli?…. Avete mai pestato una merda?
Ecco, era tipo mi dicesse: “Ora basta!!!” Comprensibile… ma…
Comunque, un gesto, un atteggiamento ingiustiicato per un piede! Un piede sinistro, un piede sinistro
qualsiasi, come almeno lo avevo considerato dalla mia nascita o fino a quel momento.

Insomma da un giorno all’altro mi ritrovai con un nuovo e obbligatorio interlocutore, col quale
dovevo concordare ogni mia mossa ed al quale dovevo giustificare ogni mio passo: Il mio Piede Sinistro.

E non andavamo affatto d’accordo.

Bastō poco, qualche giorno, e tutti i miei appuntamenti saltati, i miei imperdonabili ritardi e la mia vita
ormai in balia di un ribelle, mi convinsero a trovare una soluzione prima di subito.
Non ne potevo pių, ed era insopportabile! Soprattutto quando mi accorgevo che aveva ragione e che
certi passi che facevo erano davvero superflui o altri che mi ostinavo a non fare erano davvero necessari.
Risolvere il problema con una sana ed aperta discussione si rivelō l’unica strada percorribile e, per la
prima volta, con mia grande sorpresa, dovetti prendere appuntamento con una parte del mio corpo.

Gli dissi serio: ” Parleremo stasera, in bagno, dopo la doccia…” – aggiunsi anche, con tono pensieroso –
“Puntuale, mi raccomando!”
Come se avessi il timore che, per quella sera, il mio Piede Sinistro avesse preso talmente tanto il controllo
della situazione, che potevo correre il rischio di ritrovarmi io, da solo, sotto la doccia.
A tarda sera tornai a casa, dopo la solita smazzata sul lavoro, e di corsa in bagno.

Alla fine si dimostrō un piede disponibile al confronto e, con sorprendente e ritrovata accondisccendenza,
mi accompagnō dentro la doccia, docile si fece lavare e mi assecondō in tutto.
“Nostalgia dei vecchi tempi…” cosė sospirai.

Ad un tratto lo percepii talmente assorto nei suoi doveri e talmente coordinato col piede gemello, talmente
naturale – davvero sembrava avesse fatto solo il mio piede sinistro da tutta la vita – che iniziai a
pensare che tutto fosse finito, che non sarebbe mai pių accaduto. Che non avrei mai pių avuto dubbi su
dove andare, come andare o se andare.
Che non fosse mai successo nulla, che, in veritā, mai avessi sentito quella voce!
Mi dissi: “Sarā stato lo stress…mha”

Passarono alcuni secondi ed invece di sentirmi libero o completamente ritrovato – proprio nel senso fisico,
completamente ritrovato – iniziō a salire, dalla parte pių profonda del mio cervello, come un tarlo famelico,
come una febbre africana, un incontrastabile senso di colpa:
Avevo fatto la doccia… La doccia, l’acqua… Quell’abbondante acqua scrosciante della mia fottuta doccia bollente.
Potevo averlo annegato, affogato, ucciso il mio piede… o almeno la sua volontā, o quella voce….
Assassino, criminale, fascista…. mi rimproverai e quasi mi sentii mancare. E mi sentii, a quel punto, addrttura,
forse solo.

La mia angoscia svanė solo quando il ritmico gocciolare fu interrotto da un presuntuoso: “Ohh, hai finito?!? Ti senti
abbastanza pulito per i tuoi gusti? Ora parliamo!” Terrore e angoscia: vacillai.
E fottendonese letteralmente della mia evidente costernazione, come se non avesse capito che fossi ad un passo
dall’infarto, il mio Piede Sinistro iniziō la sua serrata requisitoria nei miei confronti.
Non riuscii a fare altro che restare a sentire, di pietra.

Sbigottito, rassegnato, tachicardico e ancora umido, avvolto dal vapore denso, che riempiva ogni angolo, sfocava ogni cosa
e trasformava quel piccolo spazio in un luogo senza dimensioni e senza vie d’uscita, mi accasciai sul cesso…
Una strana poltrona quella, ma forse la pių ideale per un cosė singolare spettacolo…. restai lucido per poco, poi bum!

Ripresi conoscenza nel pieno e pių desolante buio che avessi mai sperimentato, di soprassalto, di nuovo umido,
ma di sudore stavolta. Ero in bagno e ancora seduto sul cesso e ancora gocciolava implacabile la doccia.
Arrancai verso l’interruttore, e quasi abbagliato dal lampo del neon, riuscii a percepire a mala pena la mia
immagine riflessa nel grande specchio sopra il lavabo. Un’apparizione, un fantasma: ero io.

Avevo le ossa a pezzi, chissā per quanto tempo e chissā in quale assurda posizione mi ero lasciato andare su
quelle gelide piastrelle… Ne avevo il disegno stampato su gran parte della schiena. Un mostro, ero sconvolto!
Sembrava mi avessero pestato per davvero, o forse mi avevano pestato per davvero… Erano le tre passate…
“E’ il mio piede! E’ stato il mio piede, č stato lui! Ovvio! Mi ha preso a calci, cazzo mi ha preso a calci. Mi ha
preso a calci per pių di due ore e mi ha lasciato tramortito al suolo…. ” – E mi chiesi: “Ma come cazzo ha fatto
il mio piede a…” – Provai a pensare al modo, al gesto, alla tecnica… Ma come cazzo mi ero potuto prendere
a calci da solo? Mi ero preso a calci da solo?!?!?…
Impazzivo! Era tutto davvero confuso e senza senso, ma era troppo tardi, stavo una pezza e dovevo dormire.
Subito a dormire!
L’indomani in ufficio sarebbe stato troppo pericoloso arrivare ancora una volta in ritardo e nessuno avrebbe capito
fino a che punto potevano arrivare i capricci di un piede sinistro qualsiasi.
Sembrava dormisse ora, e forse era anche lui stremato e in qualche modo evidentemente turbato… Era tutto contratto
e si muoveva a spasmi. Le vene sottili, ma gonfie e fitte fitte disegnavano sul suo dorso una rete: una rete pulsante, quasi innaturale.
Come un animale appena catturato, come un prigioniero, come lo schiavo che tenta l’ennesima fuga ed č ripreso….
“Ma fino a quando?” sibilai mentre mi dirigevo verso il letto ancora tutto in disordine, dopo la lite di quella mattina, che mi aveva costretto
ad usare la forza per infilare gli scomodi scarpini in pelle e ad arrivare col solito ritardo in ufficio.
Ero terrorizzato si svegliasse!
Mi avvicinai al letto senza far troppo rumore, con la massima cautela, trattenendo il respiro, a luci spente… e mi
lasciai andare sul cuscino.

Mi svegliai prestissimo, ma riposato, come da un sonno eterno…di tre ore scarse. Il sole si sarebbe fatto ancora attendere
per una buona oretta, ma, non capivo, io ero fresco e rinvigorito come in uno di quei sabati mattina, che mi vedevano poltrire
tra le lenzuola, fino quasi ad ora di pranzo.
Cercai di ricordare in tutti i modi cosa mai fosse potuto accadere la sera prima, cosa avessi sognato in quella “lunga” notte,
cosa mi avesse potuto regalare quella pace, quel senso di quiete, quella sicurezza. E mi sforzai di trovare la ragione delle mie
nuove consapevolezze. Giā, consapevolezze, perchč era l’unica cosa che in quel momento avessi di certo.
Perchč non avevo alcun ricordo, nessuno in assoluto, nulla se non quello delle ore tremende che mi avevano visto schiantarmi
intorpidito nel mio cesso e restarci per gran parte della notte.

Eppure ero conscio, sicuro, certo che ciō che era accaduto, ma non ricordavo, mi avesse fatto capire molte cose.
“Cose impotanti e senza senso…” mi dissi, “cose importanti e senza senso…importanti e senza senso…” ripetevo.
Tipo quanto fosse bello ed importante poter camminare nella direzione che volevo, quella giusta; e quanto potevo esser fortunato
nel poter scappare dalle mie stesse paure; quanto fosse importante non sprecare un solo passo e quanto avessi voglia di tornare
presto, il prima possibile, ad affondare, scalzo, nell’erba appena tagliata del mio giardino.
“Il prossimo week-and, anzi domani!” promisi a me stesso.
Ed anche di quanto potessero pesare i miei dubbi, le mie angosce, i miei pensieri, anche le mie passioni, a volte pių del mio stesso peso…
E che nonostante tutto si andava avanti e che, di tutto questo, dovessi essere grato a qualcuno.

“Cose impotanti e senza senso…” dicevo “cose importanti e senza senso…importanti e senza senso…” Come una litania, una preghiera,
come un mantra. E ripetevo, ripetevo, e ripetevo e sorridevo, mentre uscivo di casa di buon’ora, certamente molto in anticipo rispetto a tutte
le altre mattine, deciso a comprare, subito, almeno un paio di scarpe nuove, e certamente pių comode, prima di andare a lavoro, pronto
a rassegnare le mie dimissioni.


Se non esiste divieto

Intervento puramente Squallido. Non lo legga chi è profano o stitico.

Quasi tutti i grandi scrittori, storici, poeti hanno scritto di cose
fantastiche e meravigliose. Testi lodevoli, prose e rime per le quali sono
ricordati e osannati in tutto il mondo. Forse non tutti sanno che tutti i
più grandi scrittori, storici, poeti hanno anche scritto di gran
porcherie! Orge , banchetti osceni, persone sconce e flautolenti
personaggi non limitandosi nei particolari… Ecco questo è il mio modesto
contributo alla letteratura flautolente e cruda cronista di volgare
fetenzia.
Questo non è tanto un voler raccontare una cosa di cui mi curo o tengo a
cuore, quanto è il dimostrare che chi parla bene, non parla sempre di Bene,
vedi politici o predicatori indefessi; e che si possa parlare con classe,
eleganza e linguaggio forbito anche della merda!

La Macchia

Tutti, nessuno escluso, hanno provato il terribile stimolo prima e la più
sublime gioia poi. Tutti, nessuno escluso! Non ci si può scandalizzare di
fronte a tale impellente e primitivo atto naturale. Non se ne parla, non
lo si descrive, non lo si nomina in pubblico, ma è la cosa più necessaria
e l’impegno più improrogabile.

La procedura da seguire è la stessa, ogni volta e per chi piace, o per chi può,
una sana sigaretta; per ben evadere dalla dovuta apnea contingente all’effetto
dell’atto. E poi, sicuri di un ambiente tanto intimo quanto igenicamente sicuro,
ci si abbandona a ciò che più è di personale produzione.
Tutti in religioso raccoglimento…
I momenti successivi al doveroso atto sono fatali: un senso di soddisfazione
e pienezza, o meglio di sano vuoto, ci pervade il corpo e la mente.
I nervi si sciolgono al ricordo e i sudori freddi scemano il loro persistere.
La tentazione è forte e appena finito si lascia sempre cadere lo sguardo
su di cui si sono concentrati gli sforzi, per verificare e compiacersi
del prodotto.
Non sempre si riesce nell’intento, dovendo far i conti con la spessa coltre
di cellulosa che, oramai usurata e lisa, ha salvato la mano e deterso
il sacro loco.
In ogni caso tutto si conclude nell’appagamento totale e si procede con
la poderosa sciacquata, che linda il vaso regale ed empie l’ambiente con
il suono dei suoi vigorosi flutti.
Eccoci, vuoti e felici, si può tornare alla triste vita di sempre dopo
aver vissuto un dolcissimo quarto d’ora di isolamento.
Ma il fato vuole che non tutto sia giusto: la forte onda non è riuscita a
trascinar via l’intero fardello e resta, come un manifesto alla mancata
perfezione, una Macchia.
Con il restare di lei salgono i pensieri e con i pensieri, la quiete
del processo si disfa in pura frustrazione. Allora si cerca di leggere
quell’auscpicio malvagio come fosse un fondo di caffè, lo si scruta dentro
e lo si interroga del suo improvviso e sfacciato e prepotente apparire.
Come con una sfera di cristallo, come con lo specchio incantato.
Nessuna risposta ci torna e gonfi di rabbia sguainiamo il baffuto bastone
per compier pulizia il più presto possibile.
Distrattamente, senza neanche adoperarci tanto, sicuri del nostro, giriamo
gli occhi e andiamo oltre. Lontani già da quella alcova segreta, rifugio
incantato dedicato a momenti di pura liberazione, non ci accorgiamo
che neppure il nostro rancore ha reso puro il divin trono e la Macchia
non ha demorso. E’ lì che aspetta un nostro ritorno, per sfidarci a viso aperto.
L’avrà vinta lei ancora una volta la prossima volta? La lotta contro la Macchia
continuerà implacabile fino a quando saremo avvezzi alla sua presenza,
rispettabili avversari, inconsapevoli amici. Noi e La Macchia.