Dosi mai più
Una dozzina di uomini scesero dal cielo
schivando le nuvole sovrappensiero.
Mantelli volanti aleggiavano sospesi
tornando da enormi sentieri scoscesi.
Indicavano me, impietrito a guardarli
spingendo le mie piccole ossa ad imitarli.
Nuvole striate del colore più puro,
guidato attraverso il buio più oscuro,
solcando distese di acqua impetuose
perdendomi tra steppe e lande piovose.
Villaggi, paesi e paesaggi incompresi
fievoli, effimeri, rimasti indifesi.
Un istante.
Parlò al mio orecchio la donna dagli occhi blu
e fu allora che chiusi gli occhi e non vidi mai più.
Una dozzina di uomini emersero dal suolo
e tutti noi il giudizio aspettavamo al molo.
Le fiamme mi bruciarono e mi trasportavano
tra laghi ghiacciati che il sorriso rubavano.
Colline di fuoco e grida disperate nel vento
mentre vagavo errante impaurito e spento.
Perché fossi lì non lo sapevo
mi sentivo tradito e offeso
da falsi miraggi di terre magnifiche
a un pozzo di morte in balia del mio peso.
Un istante.
La morte giungeva, lamenti si accesero poco più sù
Guardai impaurito un uomo tra loro e dissi mai più.
Una dozzina di uomini si crearono dal sangue
mi aggrapparono forte trascinandomi esangue.
Tra organi viventi essi mi presero per mano
realizzai di essere all’interno di un essere umano.
Scesi con loro sino al suo cospetto,
un organo avviluppato e sospetto.
Respirando affannato, pompando sangue al sistema,
sopravviveva a stento, un cuore, in una posa estrema.
Tristemente afflitto da quel muto e simbolico funerale
sprofondai ancor più giù per la colonna vertebrale.
Succhi gastrici in eccesso mi accolsero frementi
mentre mi crogiolavo inerme tra i miei lamenti.
Mi chiesi di nuovo perché,
il motivo dov’è? Non c’è!
Un istante.
L’uomo accanto a me dalle gengive disfatte sorrise dicendo: “Questo sei tu!”
E, perdendo i sensi, una massa informe nel buio sussurrò “Mai più”.
Il Fondo
Lascia il suo odore su di me
che brucia sulla mia pelle.
Rilascio il mio respiro e tutto il vuoto della stanza
mi riempie spasimante asciugando la speranza
e mi raffredda sotto colpi amari,
e mi congela dietro le sue spalle.
Prima di sparire ancora riempimi il bicchiere,
ignorami ancora mentre soffoco il mio dispiacere.
Il pavimento è la vittima del mio umore,
il mio sbocco per sempre intriso del tuo odore.
Non lo sai mai,
confondi e scappi.
Corro sulle sue braccia
e scalo il suo collo.
Ad un palmo dal suo naso tutto sembra rallentare,
ma vicino alle sue labbra tutto sembra accelerare.
Affondo tristemente la mia faccia nel cuscino
e mi ferisco… Finisco il drink sul comodino.
Prima di rialzarmi riempirò ancora il bicchiere,
ignorerò il perché ed ingoierò il mio dispiacere.
In silenzio, inerme sotto il peso del mio umore,
queste lacrime daranno fuoco al mio rancore.
Ti volti e te ne vai.
Sorridi e te ne vai.
Ti osservo sommerso dal mio dispiacere,
seduto sul fondo di questo bicchiere.