8 marzo

La bellezza delle donne tu la studi quando non son centro d’attenzione

se con guise indifferenti all’opra riversar all’altri solerte dedizione.

S’esalta allora la materna inclinazione, si fa tenero e amorevole il guardo,

e non dipende dalle primavere che han raccolto o se belta’ e’ al traguardo:

lo sfiorir di leggiadria terrena non è icona di declino o frustrazione;

nessun solco pur profondo su quei visi che han fatto della vita il loro altare

può svilire la beltà che diviene allor divina se dall’anima traspare.

Dell’eterna vocazione siamo sempre affascinati; di quest’angeli hai riguardo

e vedrai che tanto vellutato il volto delle donne alla carezza ti sorprende,

la stessa porcellana ch’illumina la mamma quando nei dolci mesi attende.


L’antico mastio del castello di Montecchia (*)

Sovra il Mottolo (1) minuto m’ergo e impongo la mia mole,

dal declivo benchè lieve a mezzogiorno miro tutte le Ceriole (2).

Dell’arme udii giammai il cozzar aspro sotto le mie mura,

regno’ pace e una vera cinta l’ebbi mai in difesa dell’altura.

Alcun mio cavaliere per disputa o contesa scoccò ferale dardo

salvo sul destriero cacciar preda forse un Transalgardo,

tra què nobili lignaggi ch’ancor pria dei Comuni, dice il cronista,

succedevan alterni cangiandosi i nomi tra Forzatè e Capodilista.

Fra i rami di mia stirpe rifulge il lume del beato pio Giordano

ch’accecato ne fu, e abbassò il furor, l’ Ezzelino dei Romano.

Il mio abate d’un fraticel di Padova fu anche testimonio

e da quei sermoni, arditi e dolci, del portoghese Antonio.

D’echi antichi, muta è adesso la Contea de la Montecchia,

d’immemore rimango ma qui fra i campi la mia pietra non invecchia.

Ad un tiro d’archibugio, da sei secoli nel mirarla si rallegra la pupilla:

poco a oriente, sovra il colle più elevato, erma e bella sta’ la Villa.

Mai non vidi in quel boschetto a portata di bambino

daino o cervo e invano se n’informa il cacciator dal contadino.

Qui tra querce e ippocastan abbracciati ai carpini e l’alloro

gode il passegger nel serpeggiar su quel sentier ristoro…

dell’alma; e sotto la collina dormon gli avi, dal notabile al giurista,

antenati di epoca recente ma sempre dei casati Emo e Capodilista.

Intra quei sovrani, sovrana pace vige nella chiesuola di guisa palladiana

adornata a festa in su la prua da picciol brolo all’italiana.

Occhieggian i lobi delle guglie, quelle perle tra le foglie lei rifugia

ch’equilatera dimora – non pari a me – casta, celarsi al viandante indugia.

Cavalieri e dame d’altro tempo qui intrecciar d’amor le tresche,

le stesse stanze dove in ciel a fresco s’annodan i tralci di grottesche.

Testimone di gaiezza e di splendori, in maestà lei si riposa,

ne le Venezie, infra nobili magioni, gemma rara e ancor preziosa.

(*) Castello e Villa dei Conti Emo-Capodilista di Montecchia di Selvazzano Dentro (PD).

(1) Nome della piccola altura sopra la quale si eleva il Castello.

(2) Antico nome dell’attuale frazione di Feriole di Selvazzano.


San Martin (dialetto padovano corrente)

Ea nebia par na piova ma tanto fina fina,

se alza come i monti tra ea sera e ea matina;

e soto un ventesèo che vien da maestrae

e’l fa la s-ciuma bianca e urla anca el mar.

Ma per le vie del borgo i boje i caretei

e i fa contenti tuti: i omani e i putei.

Un omo col so s-ciopo e’l fis-cia con la boca

e s-ciochesando e’l gira un speo su la soca.

E’l varda verso sera, sua porta e spae posae

un s-ciapo de oseleti tra ‘e nuvoe infogonae:

i xe osei neri che pare drio scampare,

someja a quei pensieri che voemo desmentegar.

 

Traduzione

(vuole tentar d’essere una versione dialettale del “San Martino” del Carducci)

La nebbia sembra una pioggerella fina fina

Che si alza come monti tra la sera e la mattina;

e sotto un venticello che vien da maestrale

fa la schiuma bianca e urla persino il mare.

Ma per le vie del borgo ribolliscono (di mosto) i tini

Facendo contenti tutti, uomini e piccini.

Un uomo col suo fucile (da caccia) fischia con la bocca

E schioppettando gira uno spiedo sul suo ceppo (o zocca).

Lui guarda verso sera, spalle alla porta poggiate,

uno stormo di uccelletti tra le nuvole infuocate;

Sono uccelli neri che sembrano scappare,

rassomigliano a quei pensieri che vogliamo dimenticare.