Fragili anime meravigliose.

L’esistenza
è una questione immortale.
È una poesia:
non andrebbe tradotta
né interpretata,
solo condivisa.

Inversi, conversi, perversi.
Siamo
tragicommedie incompiute,
foglie in balia della corrente
nel piazzale scosso dal vento.
Siamo
fragili anime meravigliose,
fragili anime meravigliose.

A tutti spetta
un ruolo preciso
privo di significato.
Eppure
non possiamo
rinunciare alla possibilità
di scrivere la pagina successiva.
Non dobbiamo
lasciare in bianco il nostro foglio.

Inversi, conversi, perversi.
Una sola destinazione,
molte direzioni.
Siamo
fragili anime meravigliose,
fragili anime meravigliose.

Gli ultimi non possono
che essere santi in eternità.
Alcuni, rari, sono beati.
Tutti gli altri sono benedetti.
Siamo
fragili anime meravigliose.


Godog!

Ho seguito poeti ispirati e delirati in quei luoghi enigmatici in cui il sole sempre splende accanto alla luna, figlia del mistero più fitto, sorella della sorte in perenne equilibrio fra essere e divenire;
che omaggiavano la libera espressione frequentando i quartieri in rovina, in cerca di versi ed altri versi ancora da declamare come se potessero spalancare loro le porte dell’infinito, emancipati dalle mode di costume vestendo come paggi di un re buffone e cialtrone impresso su quattro carte dal seme diverso, degno protagonista di una commedia dell’assurdo;
che in misericordia e disperazione e vertigini e sobbalzi traevano ispirazione onirica accomodati dentro aule asfittiche colme di oculata disattenzione ricreativa con foglietti scarabocchi e svolazzavano aeroplanini spiegazzati mentali;
che seguivano lezioni di cervellotici e dismessi insegnanti imparentati con il demonio e durante le ore di religione osservavano l’Arcangelo trafiggere con la spada ardente la materia cerebrale di futuri commessi servi rassegnati delle multinazionali;
che giungevano in università fatiscenti e ridipinte con passi lenti e stanchi ed incerti trascinandosi lungo consumati corridoi per ascoltare e riascoltare lezioni tutte uguali;
che attraversavano il vento all’alba immaginando gli Amanti volteggiare sopra le loro teste metà vuote e metà pesanti come i bomboloni che si mangiano alle quattro di mattina alla famosa bottega; che si radunavano in piazze storiche prive di nome per manifestare contro la globalizzazione e finivano per acquistare gli ultimi apparecchi tecnologici sotto consiglio di quei commessi un tempo compagni in scuole estremiste senza partito solo per non restare indietro quando il mondo prende la rincorsa;
che venivano incastrati in piani tariffari all-inclusive pubblicizzati dai divi della televisione maschere di burro e si trovavano con molto più tempo a disposizione di quanto potessero immaginare di possedere;
che credevano nel sentimento sopra ogni cosa e venivano persuasi nell’acquisto di regali per il giorno degli innamorati da fantomatiche campagne di promozione e finivano così per riempire le dispense e gli scaffali di robacce che non sapevano a chi sbolognare destinate ad ammuffire con ratti e scarafaggi ingordi e grassi e satolli;
che si lamentavano per la mancanza di prospettive, di futuro, di lavoro, di spazio e per la crisi, per la politica, per la nazionale, per le tasse, per i comizi, per i quiz e poi non trovavano il coraggio di ribellarsi e non avvenivano mai rivoluzioni a mani conserte e nessuno marciava verso l’utopica libertà;
che andavano e venivano sempre di corsa sempre di corsa sempre di corsa e si sentivano eternamente giovani ma poi sentivano il peso della giornata disordinata e sconclusionata;
che si reputavano gli eredi di mezzo di una generazione poco significativa e si smarrivano lungo il cammino che porta dal boschetto a casa e perduti si mettevano ad intonare rauche strofe di vecchie canzoni stonate;
che terminavano prima che l’esistenza li finisse e si prodigavano nella raccolta di incandescenti sistemi di vincita in cui balenavano raggi ultravioletti destinati a dissolversi nella polvere della sera
narcotica e tabagista;
che imparavano sulla strada a studiare la vita mentre il copione restava lo stesso da quando qualcuno lo trasmise ad un interprete cinico e spietato e credevano che almeno l’arte potesse ancora preservarli dall’oblio e speravano che il confronto non fosse solo scontro e che si potesse ancora esprimere liberamente quei passi dettati dal cuore alla mente, ma poi si rendevano conto che l’unica salvezza possibile consiste nel restare fedeli alla linea e così proseguivano lungo questa retta invisibile fino a quando riuscivano ancora a percepirla oscillante e luminescente.
Poeti ispirati e deliranti…
… che ridipingevano le squallide stanze con manifesti futuristici destinati ad appassire a causa dell’inesorabile scorrere sempiterno;
che mitigavano le tensioni sociali incantando vene serpenti dentro cesti di vetro opaco perché solo loro sapevano riprodurre la vibrazione della fantastica, orribile, ossessionante piattezza spudoratamente sprofondata in questo mondo incantevolmente terrificante:
che si fingevano originali per non essere costretti ad improvvisare battute suggerite dalla grande voce dell’imprevedibilità supposta ed ipotizzabile;
che braccati perché ricercati trovavano rifugio in qualche partito mai arrivato erede di partiti mai prevenuti né pervenuti per confondere la massa solitaria e silenziosa con semplici ed approfondite bugie sincere;
che tutte le porte a loro in faccia chiuse e così tremanti e febbricitanti altri metri da percorrere nella fredda e mite notte incontro a mattini di periferie urbane;
che il tempo e lo spazio ed altre acerbe prospettive fatte invecchiare dentro mosti colmi di ipocrita fiducia nei confronti del prossimo e di smisurato amore per il genere di appartenenza che mai conoscerà né consolazione né direzione;
che non rimandavano mai a domani quello che potevano fare benissimo anche dopodomani perché consideravano ostile alleato il proprio percorso imbottigliato in menti scioccate da messaggi subliminali oscenamente pudici;
che consideravano le parole capaci di scalfire la pietre e di sorvolare gli oceani in un mondo ove niente pareva più meritevole di venire scoperto né conquistato né inventato né posseduto:
che studiavano notti intere da rivoluzionari e poi si laureavano come sostenitori del sistema per ritrovarsi a scandalizzarsi ogni volta che il mondo andava a puttane mentre la prima troia ingoiava il loro sacro seme a bordo di nuove automobili già usate acquistate a rate;
che seducevano l’aldilà con proposte indecenti e soddisfacenti insinuazioni e poi raminghi senza scopo ritornavano nel proprio abisso domestico ove il culto per il loro dio a lungo cercato e solo certe volte intravisto lasciava la mano alla passione per la più sfrenata perversione;
che si accontentavano di una vita come tante perché alla fine conta solo il risultato ed il risultato spesso era inadeguato alle aspettative un tempo amorevolmente cullate e coltivate perché addomesticati e viziati non trovavano più un minuto per riflettere su chi stavano diventando e cosa stavano aspettando…
Poeti ispirati e deliranti…
… che erano perennemente alla deriva mentre il vicino spariva perché chi non ci arriva non può raggiungere la riva;
che avrebbero partorito esseri umani simili a poltrone e a cui avrebbero raccontato dei campi e dei giardini intravisti quando erano dei bambini;
che in un secondo potevano raggiungere l’altro capo del mondo…
Poeti ispirati e deliranti, superficiali ed artificiali; governati dall’apparenza poiché l’essenza pareva diluita in qualche strana sostanza… E poi… Beh, poi c’erano quelli che alle elezioni erano crocette a caso neanche si fosse trattato della schedina, che si mettevano a coltivare l’orticello, che compravano all’ingrosso e rivendevano al dettaglio, che desideravano veder spuntare l’erba voglio nell’orticello annaffiato da poco, che venivano scelti sempre per ultimi e finivano in porta quando non restavano in panchina… E c’erano pure quelli che non c’erano e mai ci sarebbero stati…


Velocemente al rallentatore.

Mi è sempre piaciuto camminare per strada la tarda notte, quando non c’è più nessuno e solo le fosche luci ti tengono compagnia e solo gli edifici silenziosi paiono disposti ad accoglierti. Ma chi ci dovrebbe mai essere?
Questa strada riconosce l’orizzonte si confronta con l’infinito, questa strada esiste da prima che io la immaginassi e ci sarà anche quando l’avrò lasciata. Nulla si lascia indietro e niente si rincorre.
Occhi bramanti luce. Le tue mani riconoscono le mie cicatrici. Passi incerti nella notte.
Il cortile rammenta da dove proveniamo e dove siamo diretti. L’altalena mossa dal vento.
Siamo stati bimbi pure noi e pure noi siamo stati felici. Poi siamo stati costretti a crescere ed un poco ci siamo allontanati.
Ho interpretato i tuoi silenzi. Ho assecondato i tuoi timori. Ho proteso la tua mano verso un vuoto colmo di rumore. Ho spiccato il frutto quando era ancora acerbo.
Adesso però siamo di nuovo qui, a domandarci quanto durerà questa sensazione di serenità.
Occhi bramanti luce.
Ma non avrei mai immaginato che qualcosa ci sarebbe sfuggito mentre era intento a rincorrerci lungo la chiara linea d’ombra.
Nel tuo sguardo confondo i miei perché. Non ne avrei bisogno, ma mi infondono una certa sicurezza. Il domani è terra di conquista per il mistero. Il passato è un sogno che svanisce inseguendo qualche parvenza di presente. Occhi bramanti luce.
Ho invocato il tuo nome ignorandone la pura sostanza. Ho tracciato traiettorie invisibili impresse per sempre in un attimo evanescente.
La candela piange e brucia e consuma la nostra anima prima che giunga il giorno prima di poterla osservare tutt’intorno.
Occhi bramanti vita.
Ma non avrei mai immaginato che qualcosa ci sarebbe successo quando ancora eravamo intenti a scrutarci dall’altra parte del cielo.
E dentro la testa i pensieri invitano le visioni a danzare sulle note di una sinfonia interpretata per l’occasione dall’infinito.
Se tutto fosse già scritto sarebbe possibile sottrarsi dall’impegno di rispettare la traccia assegnata?
Ho rinunciato al tentativo di far scorgere nuovi mondi al mio vicino, niente ha più senso ormai.
Se invece niente fosse scritto si potrebbe imparare a leggere fra le righe?
Ma se niente ha senso, tutto può acquisire un significato profondo di continuo.
Ed è così dolce osservare la vita al rallentatore mentre il mondo si sta avvicinando velocemente verso la fine.