Poesie
IL CIELO SEMPLICE DEI BAMBINI
E’ sufficiente una cartolina
un nome scolpito in alta marea
– per inondarmi d’infanzia –
lassù nel punto più alto della parete
dietro la porta di casa.
E l’onda, tutto travolge
ricordi emozioni paure
i vuoti
baratri incolmabili
nello stemma di famiglia
quando il tacere concedeva – curiosità -.
Un ansito mi prende
se rivedo, il tenero Ghost
smorfiare sui chicchi d’uva amara
in catturabile io
succhiavo arance e
un antico odore
– in agguato l’orecchio alla fenditura –
mentre dilatavano i sogni
nell’intrigante immobilità
di occhi obliati.
Non è facile, rimettere ordine
alle radici
agli eventi inconsumati e così
discendere
lungo il perimetro della lacerazione
nei segni occulti della vita
fra perdita e attesa:
stelle inquietanti
che abitano tutte le profondità
del nostro cielo
il cielo semplice dei bambini.
L’INTIMITA’ DELLA NOSTRA SOLITUDINE
Profaniamo le notti
sussurrando fra le lenzuola
oscurità e rimpianti
cercandi di fare a pezzi
i rimorsi
così grandi i simulacri
che si gonfiano come aquile
entro i confini
del nostro pazzesco presente.
Anche mio padre
al cospetto di mia madre
aspettava
attirato sotto l’onda
che un canto di preghiera muovesse
l’inutilità di un futuro sospeso
tra gola e gola
nel silenzio d’ossa della corsia
con una ferita che bruciava.
Ah! Se fossimo capaci di amare
oltre i misteri, oltre le ciglia
sopra i muri di parole taciute
ma ora come allora
ci trasciniamo, lasche sembianze
lungo svitate rotaie
(di un breve transito)
portando addosso l’assenza
ed è così che misuriamo
con gocce di sudore
l’intimità
della nostra solitudine.
PARLARE CON IL TEMPO
Potrei parlare con il tempo
districare i fili ai giorni
per un sortilegio di serenità
se solo avesse un senso.
Potrei costruirmi la vita
riaggiustando ossa scardinate
se solo una preghiera
riuscissi a decifrare
ma come l’alga ho strane movenze
melliflua m’insinuo
ramifico
coloro di nero
lo scorrere della vita.
Forse c’è un legame
fra la gelida solitudine di Meursault
e il mio modo di pensare
che non mi è stato comunicato.
Corteggio la pelle
per non perdere la mia ombra
e
devo bastarmi
con la fame di coscienza
se conosco bene questi pensieri
l’innamoramento
con cui tento fughe dalle piaghe
del mondo
da un’altra ora che si richiude
fra senso e non più senso
liquida
nel passato e nel presente.
Ma sono io?
O incredibilmente memoria
febbricitante danza di fanciulle
nel rituale empirico della vita
quando credo di essere pazza
se sento brividi di speranza?