Era primavera

Era primavera,
Sui prati verdi
Punteggiati di fiori
Dai mille colori,
Correvo instancabile
Quand’ero bambino.
Mia madre seduta
Sulla panchina,
All’ombra d’un tiglio
Ricamava un giglio
Sul mio vestitino
Per la festa vicina.
Quel vestitino
Non ho mai messo
Quel giorno, del resto
Fu un giorno funesto.
Mia madre si spense:
Ero ancora bambino.
Nel tempo ho cercato
Quel caro indumento
Per averlo come ricordo:
Quel giglio, che più non scordo,
Era la mia innocente
Purezza di bambino.

 

 

 

Tu che stai seduto

Tu che stai seduto,
Solitario e invisibile,
In quell’angolo del bar
Che guarda sulla via
Passi il tempo a osservare
Le varie generazioni che
Ti passano davanti e,
Tra un drink e l’altro,
Rivivi il tuo passato.
Rivivi i tuoi pochi o tanti
Amori cominciati e finiti,
Con tanti momenti felici.
Così ti prende la malinconia,
Vorresti rivivere il passato:
I dolori e le gioie che
I tuoi occhi fan trasparire.
Il tempo, che passa inesorabile,
Non torna indietro mai
E tu, solo e invisibile,  stai
Seduto in quell’angolo del bar,
Tra un drink e l’altro,
In attesa che si compia
Il tuo destino senza sogni
E, ormai, senza speranze.

 

 

 

In un nuovo Eden

Ci sveglieremo di nuovo
In un nuovo Eden,
Nudi, senza ombelico,
Distesi sotto l’ombra
Dell’albero della conoscenza
Del bene e del male.
Tra noi striscera’, bieco,
Il serpe tentatore:
Convincerà ancora
La compagna a gustare
I dolci frutti dell’albero,
Modificatori genetici.
Si ripeterà, di nuovo,
La storia dell’umanità
Su un’altra terra
Sospesa nel cosmo infinito.