Andare e venire

Troppe cose da fare
ANNOIATO
e sensuali
due bottiglie, ci sono, identiche
restano sul mio tavolo
nella città in cui son naufrago
Mi attendono
il collo umido e schiuso
E non mi muovo, ancora
e NON RIESCO a scrollarmi di dosso
i giochi dell’ultima notte

DIVORATORE ERRABONDO
leggevo nell’aria gli odori vermigli
nella sala INFUOCATA

inconsunto e indeiscente
il sapore amaro
mentre ognuno offriva timido i suoi dolciumi.


Somiglianze, inversamente

A nulla più somigliante.
D’imbalsamati animali e gabbie,
di questi sordi modi,
tu, la responsabile.

E ogni giorno quattro risvegli
privi di scopo, o analogie.
Quattro lune, quattro testi muti
a insanguinare il doppio di pagine.
Quattro stagioni, quattro bestie destinate
ai tempi di pace.

E a nulla giovi qualsiasi potenziamento
e accordi e tregue e venti di guerra
e or tu vivi, sebbene ancor manchino
quel timido gallo dell’ultima alba
e l’umana esistenza,
ancor sotto i piedi tuoi scalzi.

Di significato densi,
come riassunti, i chiari tuoi seni,
in bianca cornice
e marmorei.

Ricordo, naufragai precedentemente,
nell’oltraggiosa sofferenza, di te pervasa.
senza sospetto, non controllato, né avviso,
in questo momento, mai atteso,

non disturbarmi.


Poesia fuori firmamento

Nel maestoso ammaestrato firmamento
immaginava sottile e lieve esser frescura
la grazia che mai rese grazie
la gioconda che mai imparò a giocare
lo stormo dei delatori che mai fu sterminato

solleviamo a mezz’aria
ogni possibile dubbio
a ogni riguardo
e attendiamo
e attendiamo

e

poi

attendiamo

Nostalgica smemorata
attonita affranta
immaginava dell’ombra esser luce scura
la parola che mai fu atto
la sagoma che mai fu forma
la lama che mai fu arma

Pressiamo nel pozzo di cartelle mal stivate
ogni possibile inadeguato giovamento
godendo di funestri funesti ininterrotti coiti
nella cartella dei dubbi
fissata a mezz’aria

virtualmente

adeguiamo
i piedi ai passi
e i caratteri allo schermo
sempre più appiattito
stirato

e attendiamo

Anima
che infondi nettare e miele
accorri
e calpesta
ti appiattisci fino a svanire
nel bianco che mai fu bianco
nel gioco che mai fu gioco
nel poco che mai fu poco

e destiniamo
il sorriso al passato
e destiamo
imprecisate attenzioni
e detestiamo
ogni rancore

ma siamo immobili
fermi a quel ricordo
di qualcosa
che forse mai è esistito.