QUEL POMERIGGIO COSI’.

Sfiorano quasi terra le canne sotto la sferza del vento e la sabbia ruffiana spande nell’ aria la notizia.
I gabbiani spavaldi invece accettano la sfida, virano continuamente, picchiano sulle creste marine e
risalgono per poi planare in nuove battute.
All’ orizzonte spuntano due sagome che sciano sul mare eccitato dal libeccio.
Nel cielo libero a sprazzi si intravede di tanto in tanto uno stormo di migratori multiforme, mentre
più in basso le gazze gracchiando si ergono dalla fitta boscaglia.
Le sagome intanto prendono forma di due barchette scolorite invecchiate dal mare e dall’usura.
Su quella più grande imponente vi è la figura di un uomo appoggiato al cassero con le mani sulla
barra.
A proravia dell’ uomo un ragazzotto dal tono esile tira le reti.
Sull’ altra barca il mezzo tronco di un uomo sporge dai bagli, la testa è circondata per intero da una
chioma bianca che il vento si diverte a svellere.
Le mani remano e tengono le reti disposte a circolo, il ragazzotto ammassa lunghezze di rete vers
o prora, il cerchio intanto si restringe, i pesci imprigionati si concentrano ai bordi cercando un
impossibile varco.
I gabbiani si ammassano nello specchio delle reti pescosissimo, centinaia di uccelli tingono di
bianco lo sfondo attorno ai pescatori, uno spettacolo sublime, estasiante accende il mio animo,
sussultano le mie membra scosse da un fremito.
Giro lo sguardo oramai inebriato , scorgo enormi forni con immense ciminiere, l’ aria tutto intorno è
d’ un grigio opaco , indifferente.
I pescatori frattanto scendono dalle barche, il pesce salta vivo nelle casse, l uomo vecchio sorride
poi porge la mano sulla testa del ragazzotto e la strofina scherzosamente tra i capelli arruffati dal
berretto, si guardano sorridono tutti e tre e spariscono nel crepuscolo della darsena.
Alle mie spalle fumano ancora i comignoli ma io penso al ragazzotto, rivedo i gabbiani impavidi
e…Sento ancora su di me il vento.


LA NOSTRA ETA’.

Odi questo sentiero di note stanche?
E’ il vecchio Omero che intona
col suo flauto di canna
una storia nuova.
Una misera storia di miseri uomini in un misero tempo.
Non importan le parti, né le parole
né la stridula musica.
Sono le note beate
della pace trovata di un vecchio
e dello sforzo ultimo di un flauto di canna
che non vuol tradirlo.


NOTA IRONICA.

Stanco , abbattuto mi accascio sul letto.
Tutto intorno a me è silenzio.
Lo spazio si è tinto di nero,
greggi disordinati sono i miei pensieri,
come branchi di lupi ululano i ricordi alla luna.
Lei vecchia saggia sorride,
i lupi si stizziscono,
azzannano i pensieri.
La sua dolce amara ironia
Ha bevuto i miei gioviali miti…
Del grinzoso fiume che era in me
Mi è rimasto solo…un arido letto.