Amore

Scorre la vita
come fiume in quiete pianure
od anche fra rapidi e gorghi
ma sempre scorre
fermasi pare e allor più nulla sovviene.
Prima ch’ella alfin ceda all’inevitabile morte
mille dolori dovrà sopportare
di essi uno volentieri rifugge
ma non l’è affrancato
di esso vive con esso muore.


 

Come cime di alberi
abbiamo atteso che il vento
facesse sfiorare le foglie
erano le nostre mani, vogliose dei nostri corpi,
come il sole che attende le nuvole
per baciarle,
così i nostri visi sovrapposti hanno lasciato
le labbra socchiudersi ed avvilupparsi
in un lungo bacio morbido, soffice come la neve
caldo, denso come il cioccolato
offerto nella più bella tazza
dell’esclusivo servizio del dì di festa.
Io vengo con te, tu vieni con me
insieme ,
non c’è argine, e giù, fluisce veloce
il piacere,
è una cascata di rose
di vellutati petali,
di sogni che gli occhi socchiusi accarezzano
e rimangono fra i nostri corpi
e si scolpiscono nei nostri occhi
e si proiettano nell’infinità dell’amore.
Ora fuggente certo tu passi e vai
sei come tuo padre tempo
invecchi le stagioni
sfiorisci le cose
quantunque la gente ti rincorre,
fermarti anelerebbe,
di te non mi curo
di ogni tuo battito m’appago
ogni tuo tocco a noi concede la sostanza del piacere
e l’attimo dopo è ancora nostro e poi ancora.


“Dal colle”

L’occhio che si perde nell’infinito,
dal silenzio del colle
fin al frastuono della valle,
nel colore autunnale di foglie e rami ed erba.
Su per il sentiero
a passi sicuri su sassi destabilizzanti il cammino,
per mano,
ancorati al desiderio
del respirare uniti,
e la valle pur senza eco ha ascoltato
l’eterno piacere del solo amore.


(Ogni notte)

Ogni notte, pur sapendo che non c’eri,
mi sono saziato
mangiando con gli occhi la luna
ho lasciato che allungasse la mia ombra su questa scura sabbia.
ho lasciato che ascoltasse i miei pensieri,
ho lasciato che accogliesse le mie lacrime
e che il vento le asciugasse
ho ascoltato il mare
e nella dolcezza della risacca c’era la tua voce.
Ogni notte, pur ricacciandolo,
mi sono addormentato abbracciato al tuo ricordo.
Mille volte, ogni notte, mi sono risvegliato per paura di non trovarti
e ho ancora, della tua bocca profumata di rosa,
il sapore che mi scuote da questo torpore,
ho ancora la morbidezza delle tue labbra,
che docilmente si lasciano baciare e baciano,
socchiudendosi teneramente dicono “ti amo, ti amo veramente”.
Ogni notte mi sono incamminato per sentieri luminosi
e sempre m’inebriava, quel a me caro, profumo di rosa
e quella mano, oh si!
La mano, la tua, quale amorevole tepore m’infonde,
non voglio aprire gli occhi,
non è un sogno! non è un sogno!
Quante notti ancora veglieranno le ore,
incessante cadenza di secondi,
opprimenti ombre erranti di funeste scelte,
fino alla morte…
e che venga allora!
Perché se amore non è, che sia morte.
Perché morire fra le braccia tue
val più di mille vite senza.


(Ti chiamerò amore)

Ti chiamerò amore,
quando nessuno potrà vedere né udire.
Ti chiamerò amore,
nei silenzi di questo deserto della vita.
Ti chiamerò amore,
allorché raccolgo una rosa e non ho a chi regalarla.
Ti chiamerò amore,
al sorgere dell’alba, quando il mio corpo freddo e nudo
cercherà calore tra le viscere della terra,
ma parlerà solo con i vermi.
Ti chiamerò amore,
quando il sole stanco si riposerà dietro a quelle dune,
avrà riscaldato la terra, il cielo, il mare, foreste, cani e gli animali tutti,
i cuori, ma non il mio,
non me, infelice essere amato e disprezzato, desiderato e allontanato.
Ti chiamerò amore,
quando nella notte i sogni mi terranno sveglio in un bagno di sudore,
e quando vagherò senza meta implorando pace
e ancora, quando i morsi crudeli della disperazione
attanaglieranno i miei pensieri
rendendo i miei passi, le mie braccia come pietre saldate alla terra
ed ogni mio passo darà un dolore lancinante al mio corpo.
Ti chiamerò amore,
quando le onde del mare spumeggianti e fiere si ritrarranno
trascinando i ciottoli nella profondità delle acque
torbide, putride, opache, specchio di questa anima persa,
di una persa vita.
Ti chiamerò amore,
seduto sulla sabbia,
lasciandomi accarezzare dal tepore di questa sera di settembre,
guardando la luna che vanitosa si riflette e si allunga in questo mare.
Ti chiamerò amore.
Tu ti chiedi perché ti chiamo amore?
Amore, ti chiamo amore perché t’amo.
Perché t’amo è speranza,
perché t’amo è respiro,
perché t’amo è la luce, l’aria, il sole, il vento,
perché t’amo sono le tue parole, le mie,
perché t’amo è ogni cosa, è l’universo…
è la vita.


Vola via la vita

Vola via la vita come il volo degli stormi,
distogli per un attimo lo sguardo da essi
e li ritrovi molto in là,
fino a che l’orizzonte
ti negherà la loro presenza
come la morte ti nega la vita
Ti distrai per poco e ti ritrovi cresciuto
la guardi e vedi che essa s’allontana
portando con se le cose belle
e a volte ti lascia con quelle amare.
Passa e và.
Appena la locomotiva sbuffando ti passa accanto
e non ancora ti ha lasciato la sorpresa
che l’ultimo vagone è già oltre la coltre nera
e l’occhio più non vede.
Ti resta l’acre sapore del vapore
e solo la sensazione di un lontano rumore,
un tempo armonia e sospiro di vita.
Lo vedi quel bagliore laggiù ove il mare è più profondo?
E’ la luce di una folgore
è come te,
accecante, intenso e rapido, freddo e caldo, affascinante e deprimente,
proprio come te vita,
che ora dai ora togli…
incurante degli spasmi che a larghe mani spargi,
indifferente agli orrori, agli amori, ai piaceri, ai tormenti,
egoisticamente solo vita,
in attesa della lunga notte senza sogni
sospirata notte,
insopportabile notte.


“I miei anni”

I miei anni,
come ingiallite foglie
vacillano allo scorrere del tempo,
pervicaci s’aggrappano all’illusione,
cadono alla folata dell’abbaglio
si posano stanchi su di un bianco marmo.
E’ il vigore di giovine vite
a dar fiato ai ricordi, quelli verdi,
di spavaldi giorni dell’osare intrepido.
Eppure ora rinvigorisce l’alma
il sospiro di una bianca fata,
raccolgo con enfasi la sfida
osare mi pulsa in petto,
mai deposto dall’oblio
questo mio essere guerriero.
Orbene al tempo e alla ragione affido
l’altrui decidere,
non importa,
in me fermezza germoglia
più di ramo ringiovanito in primavera,
non più preda ma libero
seppure nel deserto del vivere
spinto dal vento amico.


Non ti amo

Non ti amo. No! Io non ti amo.
Eppure qui resto.
Consumo l’ardere del desiderio
qui
fra pareti ostili.
Insopportabili.
Qui rimane l’orma della mia ombra
testimone della lenta, ineludibile, ineffabile
agonia, di un vivo già morto.
Qui fra rumori penetranti,
profumi nauseanti,
suoni di voci inconciliabili,
qui l’insipienza ha relegato l’inesistenza
ed è qui che resto
a crogiolarmi nel dolore.

Non senti questo freddo vuoto che ti circonda?
No! Non lo senti.
In me scava feroci baratri
io lo percepisco,
cupo e rassegnato,
perché solo io ho amato.

Va! Vai dove ti porta la fredda tua mente
e non ascolti ciò che dal profondo del petto
risale fino alla tua bocca
e muta resta la tua lingua,
perché la forgia atavica così ti ha intagliata,
ligia al dovere, lungi dal piacere.

Col capo chino la croce indossi
ma non sei vestale
alcuno della scelta vorrà merito insignirti,
sola nel tempo e nel pianto affogherai gli affanni,
e l’animo tuo ritorna affranta sui passi ormai sbiaditi.


Ho udito un suono strano

Ho udito un suono strano,
l’eco degli anni che furono
l’udito mi feriscono
e gli occhi mi socchiudono
e persino i palmi delle mani,
le ginocchia si piegano
si contrae il viso nella smorfia scontata
del rammarico del vissuto,
t’accorgi male
ma che non si può rimediare.
Odo la sinfonica melodia
del giorno che vivo
che ancora mi sfiorisce
ma che promana un vellutato tepore
dal sapore della bocca tua schiusa
come una rosa dal profumato incanto del gelsomino
quando s’accosta alla mia
nella penombra della piazza antica
coperta dal sole e dal manto di pietre di passata fattura.
Udrò, passando per caso nel mezzo della gente
alcuni, che hanno vissuto gli stessi miei anni,
con voci ispirate raccontare i begli anni della primavera
dei fiori lasciati ad appassire e mai colti,
dei baci caduti e raccolti dall’ipocrita pensare,
degli abbracci perduti nel giardino del domani
che ad aspettare oramai si palesa arido e spoglio
che ora serve solo al rivangar la tristezza del ricordo
di quando potevasi amare
amor negato, amor buttato,
consumato fra attese ed inutili sospiri.