Sole di una mattina d’agosto

“L’odio, l’invidia e la malvagità sono strade da sempre percorse e inneggiate, facili da prendere e da mantenere, ma la pace e la libertà personale sono le uniche ambizioni alle quali un uomo dovrebbe abbandonarsi, il rispetto e la fratellanza le uniche alle quali dovrebbe inchinarsi, il mondo intero ne ha bisogno, in questo istante e per sempre.”

Gima

 

La pioggia battente da giorni non voleva dare tregua.

Il vecchio si alzò puntuale da anni, le sei e un quarto, poi un po’ indeciso infilò i piedi nelle pantofole e lentamente si diresse verso il bagno.

Passando d’innanzi la stufetta a legna controllò che fosse ancora accesa e la caricò nuovamente, un gesto che aveva ripetuto moltissime volte.

Finirò per incontrarmi nel corridoio una di queste mattine pensò, un lieve sorriso accentuò le rughe sul viso.

Un forte vento, la pioggia, facevano scricchiolare gli infissi di cipresso della casa come fa un peschereccio in balia del temporale.

 

Louis aprì l’acqua del lavabo e passò il pennello della schiuma da barba sulle guance e sotto il mento, con l’acqua tiepida e il rasoio affilato, i movimenti lesti, si pulì.

Un forte dolore si ripresentò alla gamba destra e il vecchio dovette stringere i denti per non lamentarsi più forte.

 

Il suo viso, riflesso sullo specchio lo rimandava ai ricordi di gioventù, altrettante immagini gli passavano veloci davanti, ma fu una in particolare a fissarsi nella sua mente, facendolo borbottare tra se e sé.


Falaise, 14 agosto 1944

Il ricordo nitido si quella mattina, quando una leggera calura si stava già alzando pochi chilometri fuori dalle porte di Falaise, sarebbe stata una giornata lunga e rovente, lo si capiva.

La prima armata statunitense era in marcia da qualche giorno, il piccolo carro armato M4 Sherman avanzava a passo d’uomo, tra le case ormai sgombre, scortando il reggimento d’avanguardia.

I fumi dei carri rendevano l’aria ancora più pesa di quanto già non fosse, quando i due fratelli Martini a pochi metri di distanza l’uno dall’altro si scambiavano battute ironiche, nonostante il momento critico che stavano affrontando come facevano molti commilitoni per abbassare la tensione, si lanciarono un pacchetto di sigarette.

Una leggera umidità saliva dai campi circostanti e l’erba aveva un particolare e fresco odore che si mescolava ai fumi.

 

Un strusciò di foglie mosse l’aria, impercettibile sotto il rumore dei motori, l’ombra scattò da dietro le macerie della stretta strada.

Il ragazzo sempre attento, aveva scorto un movimento veloce tra le macerie.

<<Louis, forse è sembrato a me, ma ho visto muoversi un’ombra la dietro!>> il rumore rendeva le parole distanti e il fratello non rispose subito, ma intese e fece segno al capocarro di prestare attenzione ai lati, il quale scrutava assonato dinanzi.

Furono pochi gli attimi prima di sentire il fuoco addosso, <<al riparo!>> gridò il tenente Buck sempre in prima linea vicino ai due fratelli, il piombo scivolava sugli uomini che si gettarono rapidamente dietro i muretti, dalle finestre delle case uscirono le MG42 tedesche che come il vento aprirono il fuoco scaricando una pioggia di morte sui giovani, centinaia di colpi mortali finirono sull’avanguardia, poi un forte boato coprì ogni cosa circostante, perfino gli spari delle mitragliatrici tedesche nascoste dietro le finestre cessarono per qualche istante.

 

Il piccolo e mal corrazzato Sherman era stato colpito al lato dal panzerschreck nemico nascosto al di là un mezzo muretto e una coltre di fumo nero si alzò in cielo, urli forti e attimi lunghissimi, una scheggia pazza si conficcò nella coscia destra del sergente Martini, strinse la bocca con le orecchie che fischiavano per il gran boato, il male era quasi insopportabile, <<Robert, dove cazzo sei!>> provò a gridare, l’uomo strisciò frettolosamente nelle scole dell’acqua per ripararsi e senti suo fratello piangere, poi lo vide, accasciato a terra con le mani strette sulla pancia, la paura lo colse, una paura strana e mai provata.

L’odore del sangue e della polvere da sparo si mescolava creando un’intreccio aromatico fortissimo, difficile da scordare per chiunque lo abbia sentito.

La situazione sembrò precipitare fino all’arrivo della retroguardia che scatenò l’inferno sulle casematte riportando ordine e silenzio, gli attimi sembravano non finire mai, i morti erano più dei vivi e il soldato parlò tra le lacrime <<Luois, stò morendo, Louis, aiutami… Louis!… Rose, dov’è Rose?!>> il sergente guardò dentro gli occhi più giovani di suo fratello, poco più che un ragazzino, magro, con i capelli neri ricci e gli occhi grandi, spaventato, sapeva che se ne stava andando, le mani tolsero l’elmetto e lo lanciarono distante, i capelli sudati e grondanti sangue lo facevano sembrare un pittore che sie era rovesciato addosso un barattolo di vernice <<resisti Robert, resisti, arriverà presto un medico, vieni qui!>> un forte abbraccio, <<medico! Mi serve un fottuto medico!>> furono le ultime parole che gridò quando si accorse che suo fratello era già morto, tra le sue braccia.

 

Il ricordo delle mani ricoperte di terra e sangue, poco dopo, che strapparono la medaglietta dal collo di suo fratello, l’avrebbero accompagnato per sempre, il ricordo di quella maledetta mattina di un’estate del ’44 lo avrebbero svegliato la notte, per sempre.

 

Poi piano, il ritorno al presente, come un soffio d’aria gelida attraversa i tempi.

 

Davanti a quello specchio imbrunito, <<fratello, ci rivedremo presto>> le parole di Louis, leggere ma pese come un macigno.

Il vecchio sergente fece pian piano ritorno ai suoi giorni e si ridiresse in camera, nel letto che lo aveva cullato per anni, nella casa che aveva ospitato i suoi figli e i suoi nipoti, in una vita di apparente felicità, si vestì con l’uniforme e si rivide allo specchio d’armadio anni prima, giovane e forte, nuovamente in quegli anni di piombo e sangue, nuovamente in braccio al tempo.

 

I pensieri affolavano la sua vecchia mente.

L’unica cosa che fece prima di uscire di casa fù baciare sua moglie sulla guancia, la quale ancora dormiente chiese <<vecchio mio, dove stai andando a quest’ora?>> Louis sapeva bene dove si stava dirigendo ma non avrebbe voluto rispondere <<non preoccuparti tesoro, andrò a fare una passeggiata da mio fratello>> Maggie che conosceva bene suo marito, la sua storia, non indagò oltre in un dolore mai veramente affrontato, mai veramente superato.

 

Louis chiuse la porta alle sue spalle e mise i piedi sul selciato, la pioggia gli stava già inumidendo il cappello, ma sembrò non disturbarlo, il vento forte faceva sventolare il cappotto e i rami si incrinavano a destra e sinistra com se diretti da un regista, l’ombra avanzò piano, poi più forte.

 

Quella mattina una finestra poco distante da casa sua aprì le tapparelle, insolitamente, come se sapesse già le stranezze degli uomini, facendovi scorgere dentro una piccola figura, che una volta probabilmente era stata giovane, bella… e che adesso salutava e basta, gobba agli anni.

<<Ciao piccola Rose>> furono le parole che sottovoce pronunciò il sergente, carico di ciò che era stato.

 

La strada andò avanti per una buona mezz’ora, Louis arrivò a una lapide bianca, dopo averne passate almeno altre mille; Robert Jeffe Martini, in eterna memoria, recitava, Genova 15 giugno 1923- Falaise 14 agosto 1944.

 

L’uomo era fermo, il vento e la pioggia non erano calati ma adesso non lo disturbavano più, quasi gli facevano compagnia, lo ascoltavano ormai proprio come lui, non più arrabbiati ma solo rassegnati.

 

Ho dimenticato l’ombrello sulla porta pensò in un attimo di lucidità, quando un lieve movimento sembrò sfiorargli il viso e una voce mai andata parve sussurare <<ti voglio bene, fratello, ma devi finire i tuoi giorni in pace>>.

 

Attimi al susseguirsi delle epoche.

Louis si perse quella piovosa mattina, nel far ritorno a prendere l’ombrello, sulle strade da sempre percorse.

 

Gima


Storie del fiume d’oro

Dedicata a chi porto sempre nel mio cuore.

“Tramonto,

non devi guardare il sole se non vuoi ferirti,

ma il sole fievole di un caldo autunno!

<<Amami, puoi farlo?!>>

 

La pioggia da poco scesa sulla strada di pietra

che forse una volta portava alla collina di faggi,

il vecchio mulino abbandonato dal regresso

faceva apparire un leggero bagliore incrociando il torrente, le finestre.

 

<<Non si inizia così un bel racconto!>>

Cosa ne può sapere uno di come si inizia un bel racconto, se non l’ha mai fatto.

Una bella poesia, finché non l’ha scritta.

<<Le poesie non devono essere belle, devono essere vere!>>

<<Ne sei sicura?>>

 

Noi.

ombra in ultima luce,

pur non sapendo di volere o poter andare avanti,

chiusi in noi stessi al mondo,

attimi al buio…

sognando soli e ricordando insieme,

quella cosa che potrebbe chiamarsi vita.”

 

Gima


 

I Giorni della nostra vita

Un ringraziamento speciale alla casa editrice Pagine, per il supporto che da alle nostre passioni.

 

“Scriviamo per molti notti quello che ci spacca il cuore,

perchè poi cosa rimarrà di noi un giorno?

vedere realizzati i propri sogni non è per tutti,

tra molti anni da adesso…

soli in un letto che odieremo,

dovrà pur essere servito a qualcosa,

un dono al mondo.

Quello che so è che,

l’uomo non vive altra vita di quella che vive in questo momento,

né perde altra vita che quella che perde adesso…

certezza è non precludere a ogni giorno che ci è stato dato,

di essere il migliore della nostra vita.”

 

Gima