Un mattino d’inverno

Quasi stupisce col suo sole,
che riluce immerso nell’azzurro
ed al grigiore dell’inverno
ancora non si arrende
– questo terso giorno.

La luce che fende l’aria di cristallo
si insinua tra i rami, ormai spogli,
che orlano l’orizzonte
e dove lo sguardo si perde.

La nebbia del respiro
riveste il volto di mistero,
e vela anche i pensieri,
mentre superflue le parole
rotolano via,
insieme alle foglie.

Solo il sorriso
risplende più del breve giorno,
e brillano dagli occhi i colori
– che già sanno di primavera.


Onirico

D’incenso era il riflesso
che dalle braci rosse saliva
e di armonie scolpiva
l’immagine del desiderio

e sfumature d’ambra
carezzavano gli attimi
che il tormento dalla gioia
dividono.

Si diffondeva il canto,
dei silenzi e degli sguardi,
risplendente delle parole
del più segreto sentimento

e solo l’abbandono all’abbraccio,
di un respiro con un respiro,
leniva lo straziante inganno
di un istante che sembrava eterno.

Spietato l’inesorabile destino
e il tarlo del risveglio;
insopportabile,
il sogno.


Viver che tacito ignoro

Trafiggono frecce di corallo
il saluto del giorno stanco
e riluce d’ambra il raggio
al soffio dell’aria di cristallo.

Svanite son le nubi di metallo
e già rispecchia l’argento
su l’acque restituite alla terra
con il cielo a far da mantello.

E della sera il prepotente avallo
ancor non d’ombre risuona
sul viver che tacito ignoro;

rapito dai silenzi è il cuore,
che se pur d’amore invaso,
a gioir della tristezza duole.


Il ritorno

Stride il ferro ed i sensi sentono il ghiaccio
e non ricordo come ma il tempo ancora
mangia il rapido paesaggio oltre la goccia
che lenta declina vicino al caldo respiro.

Ascoltano gli occhi nel dolce abbandono
al di là dell’abbaglio la vita intravedono,
veloci si susseguono operose moltitudini
ed un cane che intento scruta l’assenza.

Un ronzio invisibile rivendica l’esistenza,
molto altro vive oltre il giorno annoiato
e conosce il travaglio di un altro ricordo.

Frenetiche mani parlano al traguardo
e mentre abbraccio il vortice lento
vedo i miei occhi, ecco sono a casa!


Degli occhi di ciliegia il sorriso

Ascolti paziente le parole
del cespuglio di more
che anche l’aria leggera
sfiora e le spine ferisce.

Ancora lontano è settembre
con i frutti rossi e mentre
sfuma un altro giorno,
risale sulle spighe curve
il lento profumo del rosso
affaccio della sera

e morbido dell’acqua è il lamento
mentre si rispecchia d’argento
degli occhi di ciliegia il sorriso.


Soffio

Amica e leggera divenne la dura aria
l’abbraccio di un sospiro ti cinse
qual soffio lontano portò l’anima
e nulla al demone che carne vinse.

Chi in vita momento tuo rimpianse
ora mesto guarda il sereno viso
né più dolore sul corpo tuo che giace
ma perso sguardo di chi non ha più sorriso.

Non più speranza ma non cercata pace
e silenzioso ascolto di chi ora tace
di quel cuor che vivo parola ammiro.

Soffio dirada il doloroso pensiero
di chi le tue mani strinse sincero,
non l’amor mancò se non il respiro.

(….a mia sorella)