A DOMUSNOVAS da Pietro

 

La sera stende un manto di velata aurea luce

sui monti e le sue ombre danzano tra gli alberi

al ritmo degli armenti che mansueti, in ordine

raggiungono i notturni ricoveri.

 

Dalla vicina chiesetta la campana annuncia il vespero

ricordandomi una prece di ringraziamento

per il di che mi saluta con un tramonto

che emana l’eterna luce del ciclo della vita.

 

In questo momento di pace mi interrogo:

<<Quale destino, quale arcano disegno divino

mi ha spinto qui a Domusnovas?

E’ in questa “Nuova dimora”che la mia anima

troverà nuova luce, nuova libertà?>>

 

Son certo:

Qui si trova un Angelo del Signore che

privato, per la stoltezza e ignoranza degli umani,

della sua libertà, potrà restutuirne a piene mani

a chi pellegrino andrà a curare le sue spezzate ali.

 

Sento :

tra queste,  “Nuove Mura” della fede,

dove la pietas umana realizza un dolcissimo

messianico messaggio d’Amore che

una vita innocente, violentata da ingiuste

leggi terrene, sta diventando speranza e fine

di vera e giusta Divina provvidenza.


CANTO IL CANTORE

( Testo di una mia canzone)

 

Un grazie per quello che ci hai lasciato                                                                                                                                                                                                                                                                

pare solo scontato.                                                                                                                                                                                                                                    

Tutta la vita tra quelle rime, scoperta

e da riscoprire.                                                                                                                                                                                                                                                                

Quella migliore quella peggiore                                                               

gioia e tanto dolore.

Ma soprattutto il puro amore

un profumato fiore.                                                     

                                                                                                                                                    

E ci hai fatto sognare e ci fai ancora sperare :                                                                                                                           

in un mondo migliore

in un mondo sincero                                                    

in un uomo più vero.

 

Dio tu l’hai cercato, forse anche trovato.

Per te si è incarnato tra la povera gente:

i derelitti,diseredati, piccoli eroi del niente.

Dalle passioni degli umani, sono fiorite

le note delle  tue canzoni.

 

E ora che tu non ci sei più il tuo spirito

è puro pensiero che si espande nel cielo,

e si posa leggero, rendendo il respiro

del mondo più vero

 

La lunga schiera di tutti i tuoi amici

ora danza con te,

lungo i giardini dei Campi Elisi

saluta con lievi sorrisi,

sopra le note delle tue canzoni

che fanno dei peggiori i più buoni.

 

Ride Bocca di Rosa che col Nano si sposa.

E’ felice anche Piero che non trova più

guerre sul suo sentiero.

E Jones il suonatore che aggiustato

il suo flauto suona per il Signore.

 

E tu da saggio maestro col  sorriso e non più

sguardo mesto, guidi le celesti melodie

coi tempi della vita e le sue misteriose vie.

Ogni arcano ogni dubbio con verità   

unisci in connubio.

Senza rimpianti senza rancori

contempli il mondo da fuori.

Ricanti  la tua luminosa esistenza

giocando ogni giorno con

la tua silenziosa presenza.

 

Canto il cantore la sua poesia

tutta la sua maestria

nel penetrare l’animo umano

sia del gigante sia del nano

e dell’amore  la fine e l’inizio

grazie Fabrizio.

E della vita la fine e l’inizio.

Grazie per la tua musica, grazie di esistere sempre

grazie Fabrizio.


Le rughe amare della pelle

(testo di una mia canzone)

 

Il sole si spegne quasi in un istante

dentro un mare gelido, plumbeo,’ indifferente

umida la sera con occhi di cristallo

scivola nel cuore che si sente quasi in stallo.

 

Fremono le foglie come la tua pelle

alito di nebbia ad offuscar le stelle

e nel vasto scrigno di ombre della notte

sibila un dolore come faro intermittente.

 

E pensi a quando il suo respiro

forzava il tuo sorriso

specchiandoti nel viso

soltanto la parola:speranza

delirio dell’anima sola

 

E cerchi stringendo tra le mani

il vuoto del passato

il dolce straziante ricordo

di quando tutto era intatto

 

Sfuma così dietro la tua luna

l’odio ed il rancore verso la fortuna

ma neppur l’oblio ti può dare pace

quando attorno tutto il mondo tace

 

Quasi ti difendi dagli attuali affetti

sembra lenta pioggia che si infrange ai tetti

tenti di scacciarne anche il ricordo:

un cane che segue col suo passo sordo

 

E sogni che non c’è mai stato

quel triste passato quel solco crudele

che tanto a segnato di rughe amare

la tua pelle

 

E senti che nel tempo il dolore

ha fatto crescere in cuore un prato

fiorito d’amore, donando per sempre alle stelle

le rughe amare della tua pelle.


MI MANCHI PIETRO

 

Il destino dal volto umano

una sera di autunno ci ha presentato.

Il tramonto accarezzava il mare

con luce dorata come i tuoi occhi buoni

accarezzavano il mio spirito.

 

Mi scrutavi con fare sincero.

E’ stato un attimo infinito:

niente convenzioni

niente diffidenza

niente ipocrisia,

solo essenziale esistenza

e un muto dolore

traspariva dal tuo chiuso linguaggio.

 

Ho voluto offrirti quella parte di me

che ti aiutasse a capirti e capire.

ma sei stato più tu che mi hai aiutato in questo:

con i tuoi silenzi

le tue assenze

le tue autistiche esternazioni.

vere, genuine innocenti

come i profondi tuoi occhi neri.

 

Ora che mi manchi inizio a a capire

sempre meno

l’ingiusta, irrazionale, crudele normalità.


Nonostante tutto ti amo ancora

 

Sento che nonostante tutto ti amo ancora.

 

E’ stato stamattina al risveglio.

 

Tu dormivi sul tuo solito verso

rannicchiata come un bambino nel ventre materno

immersa in un amniotico sonno.

 

Avrei voluto sfiorarti, lambire le tue labbra ,

accarezzarti lievemente i capelli, ma non ho voluto

interrompere l’incantesimo di poterti amare in silenzio

con le carezze dell’anima e i baci dello sguardo

senza ridestare in te i crucci del presente, la realtà

delle nostre incomprensioni, l’incertezza del nostro futuro,

il ricordo di anni di terremoti e ricostruzioni.

 

Eri lì piccola, inerme, semplice, senza tempo,

in quel momento di vita, dove questa non sembra più tale

e da dove invece pare rigenerarsi distaccata dalle tensioni della coscienza e dalla schiavitù dello spazio e del tempo, come

è, nell’oblio.

Avrei voluto tuffarmi nel tuo sonno, nel fluido

di quegli attimi fuggenti ed eterni e nel labirinto

del tuo inconscio, per vivere pienamente e totalmente

la nostra dimensione onirica

e scoprire veramente

attraverso il linguaggio ancestrale del sogno

chi veramente siamo stati, siamo e dove stiamo andando.

 

Interpretare i simboli universali dell’esistenza, riuscire

a capire se ancora pulsa nei nostri cuori il rosso fuoco dell’amore.

 

In quell’attimo, al risveglio, intriso di questa pioggia

assurda di pensieri, un lampo di emozione mi ha fatto

sentire che ancora ti amo.