SCRIVERO’

Scriverò d’amore
Di spiagge dorate e ritagli di luna
Di labbra a rubare sospiri alle foglie.
Scriverò nel vento
Sui ruscelli incantati, su brume assolate
Sul corpo di donna abbracciata a un’estate.
Scriveranno sui sassi le mani smaniose
Scriveranno di suoni, di luci soffuse.

Scriverò di ricordi
Di volti dispersi tra ruggine e neve
Di libri sfogliati da brezze spaurite.
Ne avrò scritte di lettere stanche
Tra le pieghe e i silenzi di notti assonnate
A colei che mi ha amato una volta soltanto
E agli amici di ieri aggrappati al rimpianto.

Scriverò di paure
Di attoniti sguardi e di rabbie taciute
Di cuori spezzati alla morte del sole.
Scriverò su ogni muro
Di un’assenza annunciata, di un vile abbandono
Di qualcuno che soffre e non chiede perdono.

Scriverò del destino
Dei percorsi del mondo alle soglie del caso
Di chi tesse le fila e irretisce il domani.
Scriverò sulla pelle
Di chi ha spine a scalfire un bisogno d’amore
Sulle braccia del giusto immolato al dolore.

Scriverò di uno scempio
Di quel viso di cera all’odor di catrame
Di un sorriso impettito al sapore di inganno.
Scriverò il mio disprezzo
Con l’inchiostro più nero di un cielo ormai spento
Scriverò del mio sdegno e di un triste sgomento.
Scorrerò come fiele sui bianchi papiri
Sopra il carro melmoso a bramar di potere
Può ferire e far male una penna che traccia
Di parole al veleno su ignobile faccia.
Graffierà la mia biro
Muterà i connotati a quel viso di gesso
Che cadrà come sterco sul fondo del cesso.

Quella faccia in un video che fiera sorride
Che non sa che una penna, colpisce e poi uccide.
Colpirà come spada
Scoppierà come ordigno su casa abusiva
A tranciare una lingua ignorante che sbava.
Scriverà rosso fuoco
Come lampo di lava su terra che trema
A spazzare nel vento l’idiozia di un sistema.
E lasciate che scriva
E lasciate che sgorghi il mio fiume di rabbia
Come fosse in deserto tempesta di sabbia
Che travolga i signori assetati di guerra
Come mummie di pietra che il tempo sotterra.

Poi finalmente ripongo la biro
E guardo dall’alto in un film già vissuto
I fetidi resti e le vili carcasse
Di chi senza ritegno accecava le masse.
Poi devio lo sguardo sul cielo d’Aprile
Rivedo una spiaggia e un ritaglio di luna
Un corpo di donna a inseguire un’estate
Ruscelli incantati a sopir la mia sete.
E allora riscrivo di amori e di vita
Di un’alba di luce su un nuovo pianeta.


TUTTA COLPA DI CHI AMA

Se solo mi insegnassi a non amare
A raggelare il mare, a inaridire un prato
E se imparassi ad abbassare gli occhi
Per non guardare il cielo e non guardarti in viso.
Fingerò di non amarti
Affogando in un bicchiere il mio sconforto
Tanto chi ama come sempre ha solo torto.
Fingerò di avere spalle da voltare
A una tastiera da picchiare con le dita
Tanto chi ama perde sempre la partita.

Se solo mi insegnassi a farti male
A calpestare un fiore, ad arginare un fiume
E se imparassi a leggere al contrario
Le parole del mio cuore, i silenzi della sera.
Fingerò di non cercarti
Mi inventerò più duro e più deciso
Tanto chi ama prima o poi verrà deriso.
Fingerò di essere un demone di pietra
O un Dio bambino che fatica a venir vecchio
Tanto chi ama prima o poi cade in ginocchio.

Ma il mio mestiere è amar malgrado, amar comunque
Amare il mare, il cielo e carezzare il vento
Ma se imparassi a leggere la vita
Disegnerei la luna e il sogno sul tuo viso.
E allora fingerò di aver capito
E archivierò tra i miei ricordi un’emozione
Tanto chi ama non può avere mai ragione.
Mi fingerò truce guerriero senza nome
Perché l’amore incide il tempo come lama
Tanto si sa che poi la colpa è di chi ama.

Ma il mio mestiere è amar malgrado, amar davvero
E fingerò di essere un cieco che non vede
Che il sentimento è l’illusione che sorride
E che la colpa è di chi ama e di chi crede.


Dormi compagno

Dormi compagno dormi
dormi e non prender pesci
dormi col pugno in aria
e i sogni tuoi ormai mosci.
Dormi e disegna piazze
di barbe incolte e austere
di ruvidi pastrani
e fumanti ciminiere.
Dormi e pennella cori
al buon lottar di classe
divelti i sampietrini
a spopolar di masse
Dormi e assapora il rosso
di un calice al barolo
col labbro sul megafono
e il panfilo sul molo.

Dormi compagno e sogna
quel drappo rutilante
taglio di falce indomita
su capo tracotante
Dormi e respira al sonito
spietato di un martello
frugando tra scaffali
con scorta e con carrello.
Ridi pagliaccio ridi
che il sonno adesso è coma
ridi e prepara il conto
che presto paga Roma
ridi che tanto il pugno
ormai tende a mezz’asta
compagno all’oppio dedito
tra il golf e la canasta.
Ridi pagliaccio ridi
che il coma è ormai profondo
la gente ormai ti accredita
di salvator del mondo
Ridi che ormai il pastrano
ha tinte cupe e fosche
e il pugno chiuso scivola
nel liberar di mosche.

E dormi e ti dimeni
tra sogni riciclati
di proletari attoniti
di volti cartonati
Dormi e son già trentanni
ma il tempo è un’illusione
da quando i più bei sogni
son quelli del padrone.
E allora dormi e sogna
e non badar mai a spese
se strette son le foglie
saran larghe le intese.
Dormi e disegna stanze
di facce bianche e austere
Tu cuore del bracciante
e conto del banchiere.