Una rosa a Sarajevo

Nei mattini candidi
ti aspetto a Sarajevo
come fossi la prima neve,
una rosa screziata
imperlata da pallide gocce,
freschi odori, un sapore come
d’acqua e miele.
Un’esistenza incerta
e spine
spine di profondo dolore.

Lì dove Dio non doveva esserci,
in quella terra di sassi e pietre,
dove dai minareti
il canto del muezzin si lega
placido a monti calvi e spogliati,
lì io ti aspetto

Lumi

giovane donna,
pelle bianca, un aspro candore,
ma splendore
splendore di occhi chiari,
di morbide trecce che attraversano
un viso dolcissimo.
Spesso piangi ricordando grigi istituti,
le sgridate dei precettori,
il bruciore
delle percosse,
quando ribelle cercavi piacere
ai tanti giochi proibiti,
alla vivacità
di una tua più tenera età.
Mai sorridi
all’angoscia
di una passata ma troppo recente guerra,
alla morte
che hai sentito nel terrore,
allo sguardo
atterrito verso un cielo
foriero fra oscure nubi
del sibilo dei caccia;
il botto sordo delle esplosioni
e la paura
nello sfuggire agli attentati
il nascondersi degli assassini,
quelli che senza pietà
là in alto, da terrazze o finestre potrebbero
ancora sparare…
Ma non lo faranno

Lumi

ora che una nebbia leggera
riempie di caligine le distese
quelle che per tanto tempo roventi
nelle ceneri degli incendi,
si concedono a verdi
pozze d’acqua,
in questa terra di sassi e pietre;
ora che i guerriglieri hanno abbassato le armi,
ora qui per tutti
si ritorna a vivere
tra palazzi cadenti, chiese ricostruite
frati che ascoltano, e con te osservano
sguardi sfuggenti fra gente affollata alle fermate degli autobus,
il saluto di un barbuto rabbino che passa correndo in bicicletta.
Dove tra bancarelle, caffetterie
tutto e un poco di tutto tu puoi trovare
viziarti al fumo di troppe sigarette
o alla fredda luce delle gallerie, dei negozi alla moda,
ai colori e alle forme
di un vestito che forse ti farà più carina…
“Ah potessi vedermi così libera, così elegante
o cara ma tanto odiata mamma…”
Pensi a lei
a una donna come tante
sopraffatta da un violento sconosciuto
e pur stuprata; una mamma coraggiosa,
generosa per averti portata in grembo,
premurosa nel volerti cresciuta,
ma che povera e in più afflitta
di molto e più ti ha pur privato:
di un focolare, d’intimità…

Lumi

Volto pallido di giovane donna
occhi chiari come un riflesso
di cieli d’oriente,
il viso dolcissimo raccolto
in un velo come da mille colori,
non sorridi al pensiero
dei tanti pensieri,
a quando e come usare
quella pistola nascosta nella borsetta
trovata chissà dove
e con il colpo in canna:
“Come mi vorrei vendicare
dell’uomo che diceva di proteggermi,
di tutti coloro
che mi hanno adottata, sfruttata.”
Sospiri.
“A chi ho chiesto aiuto
per sopravvivere, guadagnare un così facile denaro?”
“Con chi ho condiviso il mio destino
un cuore infranto, spaventato?”
Senti disprezzo, ma lo stesso alzi gli occhi al cielo.

Dove dai minareti
il canto del muezzin
eleva la sua accorata preghiera di pace
tuttora inascoltata e tanto
tanto disillusa,
in questa terra di sassi e pietre,
qui, ti riscopri a sognare..
Getta quella pistola

Lumi

Tu che da sempre sei
così bella, malinconica
tenera d’euforia
come ad un gesto di stizza, pensaci
già crederai di essere
un po’ più importante
anche, solo per mostrarti fiera
a tanti uomini,
reagire a quella rabbia in un momento..
Ah se mai ci fosse o potesse esserci stato
un padre.. Il tuo ragazzo…

Lumi

Ti trucchi appena
un rossetto accennato ma appari gradita,
il lieve rotondo seno sulla camicetta colorata
la gonna scura corta,
due gambe magre un poco graffiate
lucenti di calze chiare un poco velate,
mi appari gradita cercando;
sperando ancora
di ritrovarci ad una festa
e ballare, ballare una polka inarrestabile
sentirsi
sentirci fra sguardi o silenzi
di più e ancor più
quasi a fermare il tempo,
come a specchiarsi
e ritrovarci ancora,
sempre più in un sorriso
finalmente…

Lumi

Volto stupito di giovane donna
occhi chiari come gemme
d’acquamarina,
il viso dolcissimo,
l’espressione sorpresa
come a chiarire
una felicità improvvisa
e cercar di parlare
spiegarlo in italiano un po’ esitando,
gioire ma sentire
sentire un’esistenza, un mare oscuro;
annaspare in un rancore, dibattersi tra malumori
ma cercare
cercarti in un Disegno, in una rosa
quella rosa screziata e la sua forza,
la forza di un mistero, il desiderio:
amare, essere amata…

oh cara Lumi…


Pensiero per Todi

E’ bello ricordarti ma pure rivederti
quando tante e più finestre
mi sorridono festose,
quando un suono di campane
si eleva gioioso, incantato.
Sapore di muschio, afrore di un evo pacifico,
stupore di reggia fatata:
dove sarà la tua principessa?
E dove mai perduti
mille o più cavalieri
la stanno ancora cercando?
Città Beata,
poggiata
su crete profonde, tenere pietre
ma salde millenarie fondamenta,
piazza grande e
sorgenti pure di acqua dolcissima.
Da un passato glorioso e indipendente
ti piacque conoscere un futuro mondiale e luminoso:
disadorna comunque piangi la fiamma
di vecchie torce,
desideri appagata
scorci di fresca ombra
tra strette vie a gradini
che si aprono in piazzette,
a volte terrazze solitarie,
splendendo lucida al sole.
Tutto è tranquillo,
tutto canta fra gli anfratti dei vecchi palazzi
fra le crepe di una vecchia porta,
naviga come in un mare
tra i tetti, i rustici comignoli
e a tratti fra i campanili a vela,
echeggia austera
proprio
come fosse lauda
tua o fra Jacopone…
Todi meravigliosa
ancora grida perigliosa
l’Aquila
ancora sospira rigorosa
dal nido delle Lucrezie
pronta a volare al crepuscolo
di un tempo che mai
dovrà venire…
Pronta a far la guardia
vigile
svettando pungente
al cielo
da dove pure guarda
san Fortunato
nella sua alta torre.

Pronto a difendere te
Todi
che la nuova nebbia d’autunno
rende invisibile, spettrale.
A difenderti come persona cara
come figlia prediletta
a proteggerti da piogge insistenti
rovinose,
dalle frane del tempo,
dalle forti scosse della terra:
palpiti di agonia…

Distante
dispersa nelle nevicate
di inverni
sempre più rigidi
ti rivedo come una fanciulla infreddolita
avvolta nel silenzio
quasi senza vita:
sotto di te un giovane germoglio
cresce ancora su di un verde colle;
non sei morta, sei solo addormentata
e sei bellissima,
con la tua Consolazione
distesa fra boschi di conifere
e mille o più rondini
che come angeli
alla sera ti custodiscono
pregando,
lodando Dio…

G. Paoletti 18/10/2014


Primo amore

Non ricordo come fu
che un giorno
lasciai i miei soldatini,
la mia adorata macchinina
e mi innamorai di te
di un amore così forte
di un amore così intenso…
Come poteva essere per noi
ancora così piccoli,
così imbarazzati
sentire…
Sentirci così vivi
per questa serena grande passione
troppo piccoli per avere una così grande
certezza…

Ti ricordo
dolce ragazzina
lasciasti la tua bambola
per un momento
e giocando a nascondino
dopo una corsa tutti e due
accaldati
tra sguardi sorpresi e sorrisi
scoprimmo una nuova tenerezza …
Doveva essere una penitenza
ma quel bacio
fu il tutto per te,
un tutto per me.
Divenne tutto per noi
che non sapevamo nulla
dell’oscuro mistero dei sensi.
Ma che intuivo già
come in un chiarore
fra il fresco dell’ombra:
la piccola gonna un po più scostata
dalle ginocchia,
le tenere guance arrossate,
il tuo volto di bambina
che già mi sfidava…

Mi credevo già forte,
fra mille esitazioni però
balbettavo accarezzandoti
un flebile “Ti amo”.
Avessi potuto stringerti,
sentirti tra le mie braccia
sudata palpitante
e
fra le tue braccia
percepire
quel piccolo seno,
un cuore che batte;
non ti avrei lasciata là
in preda alla nuova paura,
allo sconforto di un rifiuto,
non ti avrei lasciata sola
a cullare la tua bambola,
a sentirti così inutile
nel tuo magnifico donarsi:
un nuovo
piccolo grande dolore…

Tante volte ti ho cercata
nelle notti senza luna,
Tante volte ti ho creata
dopo grigie giornate che
mi sferzavano in un diluvio di pensieri e di parole:
ed erano lacrime.
Ero io
sono io
così disarmato, così volgare
ma sempre,
sempre
innamorato…

G Paoletti