Poesie
Gente di vetro
Arrivano facce nuove
di gente di vetro
le vedi sui giornali,al caffè,sui treni,sui bus.
E’gente che clicca,che faxa,che muore
distillando parole di vetro.
Indifferente,non piange,non viaggia,
ha occhi sbarrati,
non spera né dispera,
mai alla ricerca.
Son fantasmi,camminano,
corrono,cadono.
E’ un rumoreggiare di condomini,
è un russare nelle stazioni.
E’un ritorno al punto di partenza,
è un vuoto di vita non vissuta.
Liberazione
Il ricordo di occhi
come evanescente cielo
cortocircuita l’attesa.
Si rinnovano albe gelate
e scintillanti notti
quando il cuore batteva in attesa
e noi,rossi in viso,
parole smorzate,ci chiedevamo,
in quegli attimi densi,
perché il mondo fosse così strano,
perché il tempo corresse veloce.
E quando la carne si stringeva dolente,
volavamo alti,con ali lucenti,
sentendoci liberi.
E,riscuotendoci,lei anima azzurra,
io anima tenebrosa,ma ambedue
con radici divelte,forze pure,
accostavamo labbra e occhi
e né il fuoco,né l’aria né l’acqua
ci limitavano più,
e ci ritrovavamo
due anime in una.
Tsunami
Occhi di bimbi,sangue,dolore.
L’onda immensa,inumana
ha sommerso,ha colmato
di morte l’aurora,di dolore il tramonto.
Malinconico è questo sole,
chiuso ormai è questo spazio.
Forse siamo,
ma non ci specchiamo più
in questo mare
in questa vita stanca.
Torna il verde smeraldo,
un uomo vorrebbe parlare,vorrebbe capire,
ma il disordine l’attraversa
e tutto è fermo,immobile.
A sera voli di cormorani
e una statua di sale respira.
E’ una ferita dura da rimarginare,
una ferita alla radice dell’essere.
E la luce si fa piana
Come cosa remota e vana
LEVITA’
Brilla
l’eterna distesa
del mare
obblio effonde
sull’anime stanche.
Dalle grotte profonde
alla bianca arenaria
è tutto un incanto.
Nudo sull’acqua un tritone
trafigge le nuvole
con rapida freccia.
Nel dormiveglia
L’orizzonte è più puro.
Scorgo aprirsi ad oriente
uno squarcio di nubi
e dilatarsi la riva.
Mi sento leggero
Capriccio di primavera
La natura lavora stille dorate,giocano nel
tramonto
Violette e campanule e i fanciulli scalzi vestiti
d’ambra
la fresca rugiada gli occhi svela,brillanti
diamanti.
Un’immagine sognante e allegra:grazia in fiore
Che corre,balla e,zufolando,musica effonde.
Il botton d’oro,umile fra i fiori,s’inchina
Nel vuoto.
Sboccia dalle nebbie l’aurora,s’alza al cielo fra
Le viole di campo.
Madre
Volto ancestrale,
rigato da tenue malinconia,
mani che il tempo
non ha deturpato.
Un cuore che ha dipanato
schegge di dolore
Ed il tuo amore
Che tutto ricompone,tutto distilla
e della mia vita
ha ricomposto i frammenti.
Un uomo qualunque
Con me sei nata
E ovunque mi accompagni
fino a quando troncherai
il mio ultimo respiro
sorella morte.
Compagna di celere vita
fai nascere un vivo desiderio.
Quando traghetterai
sulle tue fredde mani
il mio spirito
che non sia l’anima
di un uomo qualunque.
Troppi uomini qualunque,
vivendo in piccolo abito,
chiuso il loro cuore
al pensiero degli altri
hanno avviato il mondo
alla sua fine,
che porta un nome diverso dal tuo:
indifferenza.
Caduta e disfacimento di una rosa
Rosa,nessuno ti ha reso giustizia.
Fiorendo hai dato frutti e parole di follia.
Invano.
Calpestata,infranta;
l’uomo è troppo grande per te.
Guardo la sconfitta del cielo;
guardo la morte degli alberi,
guardo la caduta del desiderio vitale.
Un duro cuore vittime aspetta,
sconfitta fatale.
Nulla ti chiederò,
ma nella voglia di nuovi fiori mi struggo
e frutti maturi aspetto.
Acqua di piombo
Roteante la luce,alta sugli alberi;
pensavo se ne andasse col vento amico,
così fedele e con la luna sulla radura.
Il bosco vidi camminare,sparire
ma in assenza dei tuoi ricordi.
Fuori del mondo l’uomo non arrossisce,
ha imparato a nuotare.
Avvicinare le cose o stare dall’altra parte?
Voglio correre,non strisciare in ginocchio;
mi chiedesti di conoscermi meglio,ti danno addosso.
Per la strada mi sentivo giovane e forte,
sperduto di giorno fra i depositi di rottami,
nascosto su fondi di piombo.
Contatto nervoso del mio cuore?
Volevo essere un piccolo gnomo
per scaricare l’acqua.
Sulla riva del fiume abita l’angelo del cantiere,
ha la mia coperta; e dentro il suo letto un cadavere
GIOVANNI SCRIBANO