Gente di vetro

Arrivano facce nuove
di gente di vetro
le vedi sui giornali,al caffè,sui treni,sui bus.
E’gente che clicca,che faxa,che muore
distillando parole di vetro.
Indifferente,non piange,non viaggia,
ha occhi sbarrati,
non spera né dispera,
mai alla ricerca.
Son fantasmi,camminano,
corrono,cadono.
E’ un rumoreggiare di condomini,
è un russare nelle stazioni.
E’un ritorno al punto di partenza,
è un vuoto di vita non vissuta.


Liberazione

Il ricordo di occhi
come evanescente cielo
cortocircuita l’attesa.
Si rinnovano albe gelate
e scintillanti notti
quando il cuore batteva in attesa
e noi,rossi in viso,
parole smorzate,ci chiedevamo,
in quegli attimi densi,
perché il mondo fosse così strano,
perché il tempo corresse veloce.
E quando la carne si stringeva dolente,
volavamo alti,con ali lucenti,
sentendoci liberi.
E,riscuotendoci,lei anima azzurra,
io anima tenebrosa,ma ambedue
con radici divelte,forze pure,
accostavamo labbra e occhi
e né il fuoco,né l’aria né l’acqua
ci limitavano più,
e ci ritrovavamo
due anime in una.


Tsunami

Occhi di bimbi,sangue,dolore.
L’onda immensa,inumana
ha sommerso,ha colmato
di morte l’aurora,di dolore il tramonto.
Malinconico è questo sole,
chiuso ormai è questo spazio.
Forse siamo,
ma non ci specchiamo più
in questo mare
in questa vita stanca.
Torna il verde smeraldo,
un uomo vorrebbe parlare,vorrebbe capire,
ma il disordine l’attraversa
e tutto è fermo,immobile.
A sera voli di cormorani
e una statua di sale respira.
E’ una ferita dura da rimarginare,
una ferita alla radice dell’essere.
E la luce si fa piana
Come cosa remota e vana


 

LEVITA’

Brilla

l’eterna distesa

del mare                              

obblio effonde

sull’anime stanche.

Dalle grotte profonde

alla bianca arenaria

è tutto un incanto.

Nudo sull’acqua un tritone

trafigge le nuvole

con rapida freccia.

Nel dormiveglia

L’orizzonte è più puro.

Scorgo aprirsi ad oriente

uno squarcio di nubi

e dilatarsi la riva.

Mi sento leggero


 

Capriccio di primavera

 

La natura lavora stille dorate,giocano nel

                                                                    tramonto

Violette e campanule e i fanciulli scalzi vestiti

                                                                     d’ambra

la fresca rugiada gli occhi svela,brillanti

                                                                 diamanti.

Un’immagine sognante e allegra:grazia in fiore

Che corre,balla e,zufolando,musica effonde.

Il botton d’oro,umile fra i fiori,s’inchina

                                                                 Nel vuoto.

Sboccia dalle nebbie l’aurora,s’alza al cielo fra

                                                  Le viole di campo.


 

Madre

 

Volto ancestrale,

rigato da tenue malinconia,

mani che il tempo

non ha deturpato.

Un cuore che ha dipanato

schegge di dolore

Ed il tuo amore

Che tutto ricompone,tutto distilla

e della mia vita

ha ricomposto i frammenti.


 

Un uomo qualunque

 

Con me sei nata

E ovunque mi accompagni

fino a quando troncherai

il mio ultimo respiro

sorella morte.

Compagna di celere vita

fai nascere un vivo desiderio.

Quando traghetterai

sulle tue fredde mani

il mio spirito

che non sia l’anima

di un uomo qualunque.

Troppi uomini qualunque,

vivendo in piccolo abito,

chiuso il loro cuore

al pensiero degli altri

hanno avviato il mondo

alla sua fine,

che porta un nome diverso dal tuo:

indifferenza.


 

Caduta e disfacimento di una rosa

 

Rosa,nessuno ti ha reso giustizia.

Fiorendo hai dato frutti e parole di follia.

Invano.

Calpestata,infranta;

l’uomo è troppo grande per te.

Guardo la sconfitta del cielo;

guardo la morte degli alberi,

guardo la caduta del desiderio vitale.

Un duro cuore vittime aspetta,

sconfitta fatale.

Nulla ti chiederò,

ma nella voglia di nuovi fiori mi struggo

e frutti maturi aspetto.


 

Acqua di piombo

 

Roteante la luce,alta sugli alberi;

pensavo se ne andasse col vento amico,

così fedele e con la luna sulla radura.

Il bosco vidi camminare,sparire

ma in assenza dei tuoi ricordi.

Fuori del mondo l’uomo non arrossisce,

ha imparato a nuotare.

Avvicinare le cose o stare dall’altra parte?

Voglio correre,non strisciare in ginocchio;

mi chiedesti di conoscermi meglio,ti danno addosso.

Per la strada mi sentivo giovane e forte,

sperduto di giorno fra i depositi di rottami,

nascosto su fondi di piombo.

Contatto nervoso del mio cuore?

Volevo essere un piccolo gnomo

per scaricare l’acqua.

Sulla riva del fiume abita l’angelo del cantiere,

ha la mia coperta; e dentro il suo letto un cadavere

 

                                         GIOVANNI SCRIBANO