ESCURSIONE NOTTURNA
Il lento salire diviene silenzioso, cadenzato
e il cuore si regala alla fioca luce di una lanterna.
Lontano dal mondo e il suo frenetico girare
tutto appare più chiaro.
La meta è quella stella solitaria
che illumina il fianco del monte, che si staglia,
elegante, e fa paura
a chi, quassù, teme di incontrare
la parte più profonda di se stesso.
Si ode appena il profumo delicato
di un fiore nascosto fra le rocce.
Non posso vedere il suo colore, ma
nella fragranza soffice, che già
riempie l’aria, ritrovo tutto il bello
di un vivere profondo, sincero, rinnovato.
A TAVOLA
L’acqua versata in un bicchiere e
il profumo intenso del caffè.
La lama di un coltello e
un segno di rossetto, lì, sul tovagliolo.
Le dita tamburellano nervose.
Risponde il fumo stanco di una sigaretta.
Una macchia di vino, soddisfatta di
essersi allargata a dismisura,
ha raggiunto quel che resta del pane,
accanto al piatto, vuoto.
Un fiore solitario, nel vaso di cristallo,
fa la sua bella mostra
al centro del concerto:
unico testimone di un antico stare insieme
che si consuma nel ricordo
di un passato, migliore, ormai sepolto.
VETRI ROTTI
Ed ora che vai via, cosa rimane della nostra storia?
soltanto vetri rotti che fanno tanto male se ci cammini sopra.
Magari a piedi nudi perché un dolore così intenso
possa arrivare al cuore e dimorare.
Il rumore è stato sordo, profondo, netto
come il ramo di un albero che, ormai secco,
si spezza e cade al suolo;
come una porta che sbatte perché
il vento forte di un inverno imminente
non ha rispetto per colui che dorme.
E guardo i vetri rotti che riempiono la stanza e
qui sul pavimento, brillano e scintillano
solo per un attimo.
E’ stata passione, è stata complicità,
è stato coraggio, è stato dare un senso
a ciò che, in solitudine, senso non ne ha.
Poi è accaduto, ed io non so perché,
che anche l’ultimo brillare si è spento,
la musica è svanita, e la brezza di una calda estate
ora non soffia più.
E i vetri rotti sono qui, per terra, in questo giorno che finisce
l’ombra che si allunga soffoca quel brillare,
tutto diventa opaco….
son cocci, solo cocci.
Un cuore che aspetta
Nel silenzio, buio, della stanza una valigia accanto alla porta
ed io, il viso fra le mani, che cerco di ordinare la mia vita.
Non è passato tanto che passi felpati accompagnavano
il cullare lento di braccia, forti, accoglienti e calde e tu,
uno scricciolo paffuto, fra sogni ancora incerti ad occhi chiusi.
Crescerai, pensavo, crescerai e immaginavo una corda per saltare,
un pallone colorato, un disegno a tinte forti che raccontava di treni in corsa verso il mondo.
E sembra ieri, non è passato tanto, che sotto un albero addobbato
si intravedeva appena, in carta d’oro e fiocco bianco e rosso,
il regalo di un tempo da venire, di balzi e di cadute, di “Ho paura”
e “voglio cambiare il mondo” insieme a giochi alla playstation,
dolci, sorrisi e amici di una sera, di un mese o una stagione.
Crescerai, pensavo, crescerai e immaginavo due occhi grandi ed una bocca rossa lì per te,
una vacanza al mare e qualche notte insonne per quell’esame che ” prima o poi lo devo superare”.
Poi le lancette hanno preso a girare senza sosta, un’ora dopo l’altra,
c’è stato sempre un altro inverno, pronto a fare capolino fra soli e lune piene.
E poi l’uomo che ora sei è entrato nella stanza e, di colpo, ha cancellato
gemiti, sospiri, sogni, le prime delusioni, quello che per anni avevo solo
immaginato ed ora aveva un cuore, un profumo, un volto nuovo.
Crescerai, avevo detto, crescerai e, senza inspiegabile magia, senza mistero,
nella fredda consapevolezza che ciò sarebbe stato, questo è stato…
E guardo la valigia che, pronta, è qui che aspetta colui che, insieme a lei,
percorrerà nuove strade, deserti e oceani profondi, ma troverà,
di sicuro, nuovi porti per fermarsi ed ancorare il cuore.
E guardo, tutto intorno un grande vuoto da riempire
e urge andare a capo e, dopo un punto e virgola, dover ricominciare.
Tornerai, io spero, tornerai. Tornerai, ripeto, tornerai
perchè fra i miei seni resta il nido da cui spiccasti il volo
e il caldo delle lacrime che saprà sempre di pace e di rifugio.
In bicicletta
Pedalo in fretta e mi lascio alle spalle il paese che vive:
strade, piazze e, nelle piazze, voci che si mescolano, indefinite.
La mia meta: la campagna di grano, uva e ulivi centenari
dove i ritmi vitali son quelli di un cuore generoso.
L’asfalto lascia il posto alla polvere di un vecchio sentiero
dove ogni buca ha ospitato pozzanghere di vita, nei pomeriggi
di acquazzoni estivi e grandi arcobaleni colorati.
Pedalo al ritmo dei ricordi che tornano alla mente improvvisi:
una bambina scalza, un cane bianco e il canto di vecchi
contadini fra ceste di vimini consunto e bicchieri di vino
a festeggiare la raccolta, l’amicizia, la vita.
Serenata
Il vento muove piano i rami degli alberi,
nell’oscurità non si distinguono i colori,
ma il senso di una danza malinconica
dedicata al giorno che muore è nelle ombre
intorno.
Nel silenzio si percepisce appena lo scroscio
dell’acqua nel ruscello, sempre uguale,
corre verso la meta e porta con sé l’argento
che si è spento con il finir del giorno.
Estate.
La luna è alta in cielo, ma non credo abbia capito
che questa serenata è dedicata a lei.
Maestosa, sorveglia le poche stelle intorno
e sembra la vera regina di questo universo.
Immensa.
I TASTI DI UN PIANOFORTE
Se dovessi pensare alla mia vita, per un momento,
mi verrebbero in mente i tasti di un pianoforte.
Il bianco che accarezza il nero
in un gioco di armonie
che non è sempre semplice capire.
La danza dei colori non è lì alla rinfusa,
al bianco segue il nero perchè
non può essere altrimenti
e il nero si staglia nitido e distinto
perchè c’è il bianco per contorno.
Così nella mia vita:
per ogni alba c’è un tramonto,
per ogni fine un nuovo inizio,
nella partenza si respira un ritorno
nella gioia profonda un dolore
senza fine.
E tu che suoni, lì seduto nel silenzio,
con mano dolce e insieme forte
da riempire di musica la stanza
sei scopo, ragione, prospettiva,
sei approdo, sei chiave di lettura.
RUGHE
Le rughe sul tuo volto mi parlano del tempo
che mai preghiera è riuscita a intenerire
perchè fermasse, per poco, la sua corsa.
Mi parlano di sogni irrealizzati, sfiorati
soltanto da lontano, ma svaniti prima che
facesse giorno.
Mi parlano di dolori persi nel ricordo di
spine e di ferite sanguinanti che, ormai
chiuse agli occhi, continuano a bruciare
se solo alzi lo sguardo e incontri il vuoto.
Le rughe sul tuo volto rivelano silenzi
di velluto che anche fra i rumori del giorno
e della notte nessuno riesce più a riempire.
IL TOPINO DEI DENTI
Conosci il topino dei denti che, piano, di notte, si accosta al tuo letto?
Lui vuole vedere se sotto le bianche lenzuola ci dorme un bambino,
Il ritmo deciso del respiro nel buio, il ricciolo bruno che cade sugli occhi,
ormai chiusi, a nascondere sogni di maghi e folletti dei boschi di fiabe.
Il grande orologio sul muro batte noioso i rintocchi, ma il topino
continua a tornare, ogni volta che sente il richiamo d’aiuto di un bimbo.
Nel sonno lo prende per mano. Sa bene che crescere vuole coraggio,
e fatica, e rinuncia a frutta candita, a bacchette di fata e schiocchi di dita.
I TASTI DI UN PIANOFORTE
Se dovessi pensare alla mia vita, per un momento,
mi verrebbero in mente i tasti di un pianoforte.
Il bianco che accarezza il nero
in un gioco di armonie
che non è sempre semplice capire.
La danza dei colori non è lì alla rinfusa,
al bianco segue il nero perchè
non può essere altrimenti
e il nero si staglia nitido e distinto
perchè c’è il bianco per contorno.
Così nella mia vita:
per ogni alba c’è un tramonto,
per ogni fine un nuovo inizio,
nella partenza si respira un ritorno
nella gioia profonda un dolore
senza fine.
E tu che suoni, lì seduto nel silenzio,
con mano dolce e insieme forte
da riempire di musica la stanza
sei scopo, ragione, prospettiva,
sei approdo, sei chiave di lettura.
RUGHE
Le rughe sul tuo volto mi parlano del tempo
che mai preghiera è riuscita a intenerire
perchè fermasse, per poco, la sua corsa.
Mi parlano di sogni irrealizzati, sfiorati
soltanto da lontano, ma svaniti prima che
facesse giorno.
Mi parlano di dolori persi nel ricordo di
spine e di ferite sanguinanti che, ormai
chiuse agli occhi, continuano a bruciare
se solo alzi lo sguardo e incontri il vuoto.
Le rughe sul tuo volto rivelano silenzi
di velluto che anche fra i rumori del giorno
e della notte nessuno riesce più a riempire.
IL TOPINO DEI DENTI
Conosci il topino dei denti che, piano, di notte, si accosta al tuo letto?
Lui vuole vedere se sotto le bianche lenzuola ci dorme un bambino,
Il ritmo deciso del respiro nel buio, il ricciolo bruno che cade sugli occhi,
ormai chiusi, a nascondere sogni di maghi e folletti dei boschi di fiabe.
Il grande orologio sul muro batte noioso i rintocchi, ma il topino
continua a tornare, ogni volta che sente il richiamo d’aiuto di un bimbo.
Nel sonno lo prende per mano. Sa bene che crescere vuole coraggio,
e fatica, e rinuncia a frutta candita, a bacchette di fata e schiocchi di dita.
SOLTANTO IO
So leggere le lacrime che rigano il tuo viso
so interpretare la curva di un sorriso
che, a volte, non somiglia a quello precedente
se sai guardare bene.
So accompagnare il movimento stanco
della tua mano che gioca coi capelli
e li lascia cadere sulla fronte
come per caso.
So dare voce ai tuoi silenzi che parlano
di resa o di vittoria
dopo aver combattuto battaglie senza armi
nella guerra della vita.
So accogliere paziente le infinite richieste
di un amante che cerca pace nuova
nel buio di una stanza.
L’OTTAVA NOTA
DOndola ancora il cuore sulla vecchia altalena del giardino
REsta a guardare, a lungo, il giorno che si spegne.
MIrto e salvia riempiono la sera
FA davvero fatica l’anima a riposare.
SOLo il ricordo di ciò che si è vissuto
LAscia sperare che se la solitudine
SI affaccerà curiosa a quella porta
l’ottava nota, col suo canto lieve,
la inviterà a continuare il viaggio.
COLPA DEL DESTINO
Fu colpa del destino se prima di trovare rifugio
fra le braccia protese ad aspettare
di colpo il temporale fece rivo ogni fessura
fra i muri delle case ed ogni buca sul sentiero
che supera la valle.
Piansi, ma le lacrime sul viso non servirono
a intenerire il fato che andò per la sua strada
a cuore duro.
Un’unica illusione mi accompagnò nei sogni
di donna innamorata: che ciò che non poteva
tramutarsi in realtà, perso il momento, lo slancio,
l’occasione,
restava, per sempre, immagine indistinta,
dai contorni smussati a tinte invisibili
agli occhi dei passanti.
SEMINA
Stanco, ma con il volto fiero, colmo di soddisfazione
per il lavoro svolto e per il giorno andato via
piano fra odore di inchiostro, di carta e di sudore.
Seduto sulla tua poltrona, lo sguardo perso a misurare
i contorni di una vita costruita con orgoglio e con passione.
Poi una mano fra i capelli a carezzare un fiocco che
non stava più su dritto a causa del gioco nel cortile.
Ascoltavi in silenzio i racconti di bambina che mescolavano
entusiasmo di scoperta a gioia di conquiste scolastiche,
sorrisi di compagni e odore di minestra calda e saporita.
Sentivo il tuo profumo che dal colletto di una camicia bianca
inondava il mio mondo e lo stringeva al tuo fino a
diventare un unico universo senza tempo.
Imparavo il sacrificio, la dedizione, il piacere di vivere
la quotidianità e l’incerto, la forza dell’amore familiare.
E seminavi come fa un contadino che crede che tempo
e dedizione sono la magia di una crescita sana e rigogliosa.
E come un contadino, testardo ma paziente, aprivi varchi
nuovi di terra buona, rigogliosa d’acqua.
…… a mio padre….
GUERRIERO
Incede lento, sotto l’armatura che è suono di metallo e di battaglie.
La spada al fianco, il coltello alla cintura.
Lascia impronte pesanti sulla strada, ma è peso di agguati e di sconfitte.
Ritorna verso casa dove l’aspetta pace e quella ricompensa
ad ogni guerra e alle bandiere bianche sventolate in alto.
Il fuoco di un camino acceso, il caldo di una stanza e di un affetto
che è stato desiderio, passione, conforto, protezione, vita.
BIVIO
Puoi provare a rallentare il passo
ma, prima o poi, ci arriverai.
Dovrai guardare indietro
per non dimenticare
tutto quello che ti ha portato
fino a lì.
Potrai decidere sapendo che solo
quella scelta ti porterà dinanzi a porte,
lungo sentieri, dentro voragini
che l’altra non avrebbe mai ipotizzato.
Potrai sbagliare. Ma l’importante
è credere, in ogni istante, che quel
bivio, ora alle tue spalle, è simbolo
di inizio e mai di fine.
…. a mia sorella, per le tante scelte
che ha dovuto fare nella sua vita….
SEMPRE QUI
Io sono stata sempre qui ad aspettare il tuo ritorno
da battaglie che lasciano ferite sulle mani e sul cuore,
che ti svegliano la notte e, nel sudore, sei costretto a
ricordare per quello che, perduto, non ritorna.
Io sono stata sempre qui a tessere la rete per la pesca
da gettare nel mare, fra le onde, aspettando che
l’ultima serena ci regali il suo richiamo per terre
sconosciute dove il sole illumina le rocce e le conchiglie.
Io sono stata sempre qui a chiudere persiane nella notte
che il freddo non invada questa casa e scenda neve
sull’anima malata e ghiacci la fontana nel cortile
e pianga la civetta ad occhi aperti e gli echi dell’oblio
riempiano ogni anfratto.
Io sono stata sempre qui sperando che il mondo
non mi veda, ma mi veda tu dalla curva del sentiero
e, come un filo di Arianna da seguire, il mio amore
ti guidi fino a me per non lasciarmi più.
… a coloro che amano immensamente…..
UN’ ALTRA VITA
Se ci fosse un’altra vita da vivere domani
sarei felice di viverla con te, più consapevole
che quello che sai darmi è acqua, luce,
fiato sul cuore e battito di mani.
Porterei via con me i sorrisi che mi hai dato,
le carezze calde e le canzoni malinconiche.
Nella tasca ci chiuderei i segreti, i sogni
strampalati in nottate ad occhi aperti,
e per bussola i tuoi occhi, ad indicare il passo.
Se ci fosse un’altra vita da vivere domani
mi piacerebbe aspettarla a braccia aperte
perchè ciò che non ho realizzato trovi
nuova forza, coraggio, intraprendenza.
Perchè le ombre, i semplici contorni dei progetti
prendano consistenza e peso e forma solida.
Perché quelle parole che ho soltanto sussurrato
abbiano senso altro e un’eco nuova per contorno.
Perché il mio amore rimasto rintanato in messaggi
di bottiglia riempia il cielo di fuochi d’artificio.
GUERRA
Lo stridio di un carro armato sulla strada
che punta lento verso una città fantasma.
Finestre cieche e porte sgangherate, fossi
e pozzanghere, qualche corpo senza vita.
La gioia non abita più qui, si è trasferita,
ma non ha detto dove.
Ha portato con sé voci di bimbi e madri
a cantare ninna nanne sul finir del giorno.
Spari nell’aria immobile riempiono la scena,
siamo al finale, a breve calerà il sipario.
…. nella speranza di un mondo migliore….