LA VOLPE E L’UVA

 

1 Sarà perché incalzata dalla fame;

2 ma devo dire che molto era l’impegno

3 con cui una volpe, dal bel fulvo pelame,

4 a più riprese cercava di afferrare,

5 con grandi balzi e assai poco ritegno,

6 dell’uva posta sopra un’alta vigna,

7 nera e con grappoli a forma di una pigna;

8 e non potendola in modo alcun toccare,

9 quasi che fosse una beffa del destino,

10 si allontanò col muso triste e chino.

11 Ma prima disse, per rimediare all’onta:

12 “Perché staccarla, se ancora non è pronta?

13 Non voglio certo mangiarla acerba e dura. 

14 Ritornerò quando sarà matura”.

 

15 Or questa favola riferirsi vuole

16 a chi dà atto ad un suo proponimento;

17 ma poi con scuse giustificarsi suole, 

18 se non riesce a portarlo a compimento.


IL GALLO PORTATO IN LETTIGA DAI GATTI

 

1 Aveva un gallo dei gatti lettighieri,

2 perciò una volpe vedendo quel borioso

3 esser portato in pompa magna in giro,

4 gli occhi tentò di aprire a chi pacioso

5 andava incontro ad un brutal destino.

6 Si approssimò al suo orecchio e poi pianino,

7 così gli disse: “O gallo dall’inganno

8 guardati bene, ché non son nata ieri.

9 Se ti fermassi a considerare i fatti,

10 quei brutti ceffi, quei modi un po’ artefatti

11 e come ognuno al suo compare ammicca,

12 non ti faresti da lor prendere in giro.

13 Ti sembrerebbero portare più una preda

14 che non un carco privo di rischio o danno

15 e sarà bene che in fretta tu mi creda”.

16 E non ci fu più esatta previsione.

17 Infatti appena quella crudele cricca

18 ebbe sentito il richiamo della fame

19 sbranò il padrone con tutto il suo pelame.

20 E a ciascun gatto toccò la sua porzione.

 

21 Questo ti sia o lettor d’ammonimento:

22 prima di sceglierti l’amico o il servitore,

23 guardagli gli occhi che son specchio del cuore

24 e non avrai per grazie un tradimento.



LA CICALA E LA FORMICA

1 Con l’inverno ormai alle porte una formica

2 estraeva dal suo nido del frumento,

3 mettendolo a essiccare sul momento

4 all’aria aperta d’una giornata aprica.

5 Quand’ecco che affamata si avvicina

6 una cicala all’operosa formichina.

7 Pertanto la cicala la pregava

8 perché le desse un po’ di nutrizione. 

9 Col capo chino, la mano le allungava;  

10 pensando forse di farle compassione.

11 Ma la formica per niente impressionata,

12 sul suo lavoro pareva concentrata.

13 Poi, all’improvviso, fingendosi cortese: 

14 “Mentr’io raccoglievo, d’estate, i granelli,

15 tu che facevi?”, a trabocchetto le chiese. 

16 E a lei la cicala: “Imitavo i fringuelli. 

17 Tutto il tempo su un pino me ne stavo a cantare

18 motivetti alla moda che non sto a rammentare”.

19 “Ebbene,” rispose la formica stizzita

20 “se tu questa estate l’hai passata cantando,

21 adesso che è inverno comincia ballando”.

22 E a bocca asciutta la lasciò e ammutolita.

 

23 Credo, lettore, vorrai che or ti dica

24 qual è la morale di questa storiella,

25 che ho ricavato da una favola antica;

26 ma la lezione è però sempre quella:

27 stare ad oziare non porta alcun bene,

28 pensare al domani per tempo conviene.



ENTRA IN TE STESSO

(G.Bozzi)

Vivi nascosto al riparo dalla vita.

Vivi nascosto lontano dai clamori.

Fuggi fai presto mondanità ed onori,

prima che tutto ti scappi dalle dita.

 

Non puoi piegare la forza del destino,

non puoi mutare il corso degli eventi,

la nostra vita è solo un lumicino,

o prima o dopo questi occhi avremo spenti.

 

E prima o dopo quanto accumulammo,

ciò che fu il frutto d’ingegno o altro valore,

o fu ammassato con nostro disonore,

verrà lasciato fin l’ultimo suo grammo.

 

Non sarà dolce doverci distaccare

da quel che amammo o più godemmo al mondo,

tanto di più se avremo da lasciare

i nostri beni col capo ancora biondo.

 

Tanto di più se già nell’esistenza

vedrem la sorte a noi volgersi contro,

ma capiremmo degli enti la parvenza,

e come tutta la vita è un grande scontro.

 

E allora amico sol tienti quelle cose

che nessun ladro si proverà a rubare,

e che da niente giammai saran corrose;

nella tua anima tu le potrai trovare.

 

Perché è nell’anima che l’uomo sogna e spera,

perché è nell’anima che noi siamo diversi,

che rinnoviamo i progetti ad ogni sera,

anche se il giorno ci ha visti vinti e spersi.

 

C’è infatti in noi un fuoco sempre acceso,

che ci sospinge là verso la sua luce:

è il desiderio che l’uomo ha sempre inteso,

quello di essere e libero e felice.

 

Ma non si è liberi e felici in questa terra,

dove ogni cosa che nasce presto muore,

dove la gioia mischiata è col dolore,

e l’ingiustizia all’equità fa guerra.

 

Così se provi ad entrare un po’ in te stesso,

ti accorgerai di una maggior realtà.

Lì nulla muta né soffre o va in decesso;

lì sta da sempre l’eterna Verità.


 

LUNGO IL PERCORSO DEL TEMPO

Tutto passa, Dio solo resta (Anonimo)

      1 Dal tempo è limitata l’esistenza.

2 Dal tempo che riassorbe tutto quanto.

3 Dove esso passa cede il posto al disincanto 

4 e di sostanza non rivela che parvenza.

      5 Quel tempo che ci apparve pur giocondo,

6 ma che c’illuse nel corso della vita;

7 che fece bianchi quel capo moro e biondo

8 e che la tomba come destin ci addita. 

      9 Tempo beffardo, crudele, scriteriato,

10 a cui soggiace la nostra condizione:

11 chi vive troppo e chi neanche emette il fiato 

12 e questa è solo la prima aberrazione.

      13 Lungo il percorso del tempo, ad uno ad uno,

14 sfilan, del mondo, gli enti accidentali,

15 l’uom lascia un segno a seconda dei natali

16 od opre e idee che lo resero qualcuno.

      17 Eppur la fama non dura neanche molto,

18 oggi sei in auge, doman c’è un nuovo volto;

19 ma va la storia con moto circolare,

20 vecchie idee e nomi li rivedrai tornare.

      21 E chissà cose che il tempo ci ha occultato, 

22 ci ha ben tenute nascoste ai nostri occhi, 

23 talché pensando a fin quanto ad or trovato,

24 la nostra boria non ci rende meno sciocchi.

       25 E incede il tempo ed è pieno di promesse,

26 di gran progetti per un miglior domani,

27 così più d’uno si affretta a far commesse 

28 avendo in testa chissà qual grandi piani.

      29 E scorre il tempo e corre impetuoso.

30 È un fiume in piena che tutto spazza via;

31 ciò che rimane è un paesaggio doloroso,

32 son lutti e pianti lungo la sua scia.

      33 E avanza il tempo insieme alla speranza.

34 C’è chi non molla e fa fronte al suo destino,

35 e pur fiaccato nella indomita baldanza,

36 pian piano l’uomo riprende il suo cammino.

      37 E giunge il tempo là all’ultima sua lena.

38 Con ogni cosa anch’esso avrà una fine.

39 Resterà solo Chi, senza età e confine,

40 dette l’avvio a questa fral catena.


 

NON SO

Chissà qual è l’essenza della vita,

se è in ciò che appare o è da cercar più a fondo,

se fu da sempre o creato è questo mondo;

ma c’è chi invece la verità ci addita.

 

Eppur di tempo io ne ho impiegato tanto,

nella ricerca del senso delle cose.

Ho la mia laurea che attiene a questo canto,

ma non sentenzio e neppure scrivo chiose.

 

O voi cultori, divulgator del vero,

che discordate l’un l’altro nel pensiero,

se del sapere volete far chiarezza,

alla natura guardate in concretezza.

 

Essa ci mostra da sempre uguale scena.

E’ un libro aperto che parla e non ci mente:

da che esistiamo una verità balena:

si nasce e muore e di più non sappiam niente.

 

Questo è il mistero che ancor non si comprende,

questi, tra i tanti, i temi più sondati:

“Perché mai viver se poi morte ci prende?”,

“Che male c’era a non essere mai nati?”…

 

E le risposte son mille e son nessuna

e la ragione non sa quale approvare,

le vaglia e getta e riprende ad una ad una,

e così andando si resta in alto mare.

 

“Da dove vengo, chi sono, dove vado?”:

domande innate che evito di rado;

che soluzioni non fanno intravvedere,

quello che è certo, è che “so di non sapere”.

 

Donde proviene allora quest’arsura,

quella gran sete che spinge oltre il finito,

che mi distingue da ogni altro ente in natura

e che è da sempre espressa in qualche rito?

 

Rito conforme alle varie fedi in Dio,

ma che ci umilia e ci abbassa fino a terra,

che ci fa zeri e la vanità sotterra,

perché la fede rinnova il nostro io.

 

E a conclusione di quanto fin qui detto:

l’uomo che è un misto di terra e d’intelletto,

di questo rebus non ne verrà mai a capo,

se là, oltre il mondo, non alzerà il suo capo.

Versione ufficiale

08/04/2005