LEILA

Sei uscita
da sotto una coperta
di sorpresa,
sogni e
timori.
Hai bucato il cielo
col ditino,
al tramonto,
portando via
una manciata di
stelle.
Non incontrerai
quegli occhi
verdi
che ti aspettavano.
O forse
li hai già incrociati
sul sentiero
del ritorno…


MAMMA

Ti ho rivista
nel mio sonno:
giovane
coi capelli lucenti
domati nella treccia
avvolta
sui tuoi pensieri.
Il sorriso
perfetto
e il vestito a fiori,
sbocciati.
Il passo sicuro,
finalmente,
svelto:
là c’era il mare,
il sole
che abbagliava tutto,
ma non te.
Ti sei girata
a salutarmi
Aspettami…


LA MAMMA

banalità, pontificazioni e delirii di un essere mitologico

CAPITOLO QUINTO

A proposito di ruoli…

LA Mamma di solito sa sempre come si fa con i figli e anche quando e cosa e perchè e con chi, … E lo sa così bene perchè fa tutto lei, con la delega piena del padre che ha desistito (o l’ ha fatto desistere lei…)
D’ altra parte quel che conta è la chiarezza nei ruoli e LA Mamma è sempre la prima a scegliere, l’ ultima a mollare, l’ unica a resistere davvero. Questo grazie a una cosa che la tormenta sempre, in realtà, perchè è la sola che ci crede davvero, anche se spera che pure il padre potrà, prima o poi, scoprire che esiste: la coerenza.
Anzi: LA Coerenza che con lei ha in comune le maiuscole e la presenza costante.
Quella che le fa dire sempre sì o no a cose che magari si ripetono ogni 5-6 anni: ma lei se le ricorda e ti sa dire anche com’erano vestiti i figli e quale piastrella occupassero in quel momento.
Quella che permette ai figli di non fare domande inutili, con evidente risparmio di tempo da dedicare allo studio o allo sport.
Quella che quando sparisce per qualche secondo si concreta in un regalo inaspettato, una concessione sperata, un sì improvviso: e i bimbi capiscono che stanno diventando ragazzi.
Quella che costa, ma è un investimento.
Quella che pesa, ma rafforza.
Quella che dimentichi, ma ti torna in mente…

(Celeste avrà avuto 5 anni e Serena 3)
Qualche giorno fa ho accompagnato le piccole ad una festa di compleanno di un’ amichetta alla fine della quale la mamma ha messo loro a disposizione dei palloncini molto belli. Alla fine di lunghe trattative e patti solenni, ognuna ha portato a casa il SUO palloncino con estrema soddisfazione, ben attenta alle raccomandazioni degli adulti a non farlo scappare nel cielo.
Mentre Serena è rimasta assolutamente rilassata nel suo rapporto col palloncino, Celeste lo guardava, preoccupata di perderlo perfino dentro le mura domestiche.
Dopo cena, pur già in pigiama, ha preteso di tornare giù con la sorella che stava guardando con me il TG, alla fine del quale continuava a rifiutarsi di tornar di sopra.
Comincio a capire che il suo timore è quello che il palloncino le scappi e finisca su per la tromba delle scale fino alla mansarda, nel suo punto più alto (effettivamente sono tre metri d’ altezza…), dubbio che le ha insinuato quel…(omissis) del papà.
Faccio finta di niente e le dico che noi andiamo su: se lei vuole rimanere giù…
Naturalmente Celeste ci segue, ma mentre Serena, in braccio a me, sbatte il palloncino ovunque, lei sale le scale guardinga, appiattita contro il muro, fissando, preoccupata, il suo prezioso bene e il tetto che, feroce, si spalanca su suo palloncino…
Entriamo in camera e mentre io cambio Serena, Celeste chiacchera più tranquilla (il palloncino è al sicuro: la porta della camera matrimoniale è stata precauzionalmente chiusa) e non si accorge che il papà, di soppiatto, le sottrae il palloncino, lasciato incautamente libero di fermarsi sul soffitto con lo spago a penzoloni. Serena tace: regge il gioco con un sorriso divertito che io, al momento, non capisco.
Poi sortisce: “Celeste, guarda che non c’ è più il palloncino”.
Celeste alza gli occhi e, simultanea, parte la sirena: spalanca la bocca, chiude gli occhi e una rauco e disperato gemito mi trapana i timpani, mentre lacrime traslucide inondano la pargoletta guancia.
Capisco la situazione e forte del mio ascendente la rincuoro immediatamente e, mentre mi dirigo verso la camera delle bimbe dove sono certa di trovare il palloncino, la rassicuro che il papà sta scherzando e che il palloncino è qua dentro.
“Porca p…- dico fra me, digrignando i denti- ‘ndo’ c… è il palloncino?”.
Contemporaneamente, mentre Celeste ricomincia con il suo pianto e Serena salta sul nostro letto- collaborando alla sua pur lenta distruzione- Marco, con un sorrisetto che gli avrei spento volentieri con una clavata, guarda verso l’ alto e insinua che il palloncino potrebbe essere lassù…
La disperazione di Celeste si fa incontenibile, ma per fortuna trovo il palloncino nell’ altra camera: l’ allarme rientra.
Io con il palloncino in mano precedo Celeste in camera; sto per fare il giro del letto e legare lo spago del palloncino alla lucina, quando lei, con un “NO” disperato, mi costringe a spiegarle le mie mosse. Non ne vuole sapere: si distende, si fa coprire, poi, supina, con molta delicatezza abbraccia il palloncino, pretendendo di prendere sonno in quella posizione alquanto scomoda.
Lancio una coltellata visiva a Marco e lego il palloncino di Serena alla rete, sperando di convincere alla stessa soluzione anche Celeste. Serena stessa, tirando più volte il suo filo, fa vedere che il palloncino è assolutamente al sicuro in quella posizione. Forzando un po’, diciamo…, ottengo il filo e lo lego, ma Celeste vuole comunque che lo spago, pur legato alla rete, passi anche tra le sue dita.
Marco, che proprio non vuole vedere di andarsene a … le raccomanda: “Stanotte svegliati per controllare, sai? Il palloncino potrebbe alzarti il letto: vuoi volare con il letto?”.
‘tacci tua e de tu’ madre, penso, e. la coltellata vorrei fargliela dare direttamente dalla cittadinanza di Maniago, ma mi limito ad un sibilante: “Vedi di startene un po’ quieto, per cortesia”.
Finisce la favola e le bimbe si addormentano. Scendiamo e dico a Marco che se Celeste si sveglia stanotte, gli do’ tanti calci da farlo precipitare dal letto. Marco sorride sornione, l’ incauto, e mi rassicura che non è possibile. Io lo guardo, tra l’ ironico e imbufalito.

UNA DI NOTTE.
“Mamma!”, chiama Celeste.
Come un automa mi alzo e vado a vedere.
“Mamma”- continua Celeste, con enfasi, guardando verso il cielo.
Credendo in una visione mistica e volendo condividerla, guardo nella stessa direzione e non osservando nulla, chiedo a Celeste cosa io debba guardare.
“Mi piace molto il mio palloncino”, spiega allora, con dolcezza affettuosa.
Non avendo abbastanza forza per sopprimerla, decido di coprirla e baciandola affettuosamente, le do appuntamento per il mattino successivo.
Non riesco nemmeno a raggiungere la camera che parte la sirena.
Mi precipito in camera per evitare altri risvegli e, trattenendomi dal farle il cambio di tutti i denti da latte in un colpo solo, le chiedo, con un dolce… sibilo: “Che c’è? E’ tardi e ho tanto sonno, amore mio”.
“Ma chi mi fa compagnia, adesso”, piagnucola la piccola tigna.
Cerco di farle capire che è tardi, ma capisco che devo rimanere. Naturalmente non posso stendermi, comoda, ma mi metto di traverso sui due letti che, essendo distanti tra loro di almeno 50 centimetri, fanno assumere alla mia povera schiena una posizione improponibile.
E quella non si addormenta…
UNA E QUARANTACINQUE: la piccola chiude gli occhi e io torno a letto.
Il mattino successivo, al suono della sveglia, al mio solito scatto corrisponde un lento e pigro risveglio del mio dolce coniuge, ma io, ancora, non avevo associato gli accadimenti della sera prima e della notte conseguente…
Tutti a tavola per la colazione, Marco mi guarda e, serafico, esce con un: “Hai visto che hanno dormito benissimo le bambine? Le tue sono solo fisime…”.

Mamma 0- palloncino 1