ALL’IMPROVVISO UN NULLA…

All’improvviso è un nulla…
Appena un soffio,
la carezza dell’ombra
come nube marina che si divide
in tanti raggi come le braccia
di una medusa..
Il mare prende forza
da questi primi ed impervi fremiti
nel dondolio delle onde
ci sono le alghe vivaci come serpentine,
curvate dalla corrente,
come il vento setaccia senza paura
i frutti della terra ed il crine
dei cavalli.
Tra due infiniti blu si accinge
a giungere l’onda come un corpo
risplendente, come cento voci
d’acqua cieca, che risucchiano
un po’ di cielo.
Da lontano giungono i profumi dei pollini,
le frasi verdi delle fronde.
Rotola, rotola l’onda come si
lancia contro il letto oscuro delle rocce
e tanta gestazione finisce in una spuma
bianca, sfiancata ed ubriacata dal sole.
All’inizio un nulla,
poi nascono i corpi brulicanti
di ogni cosa
nel lenzuolo d’aria marina.


UN LUNEDI’ (non a Positano ma negli infimi paesi)

Il giorno lunedì arde come il petrolio
quando mi vede arrivare col mio vestito
di carcerata (dei malfattori)
ed il mio corpo ulula come una ruota ferita
e muove passi di sangue caldo verso
la notte della camorra.
ll lunedì mi spinge verso certi angoli,
in certe case umide di muffa e di tabacco guasto,
di madri con i capelli scarmigliati,
di piccole creature agghindate alla meglio
con gli occhi neri e grandi,
verso ospedali dove l’ortopedia taglia
e butta le ossa fuori dalla finestra,
in certe calzolerie con odore acuto d’aceto,
in strade azzoppate da far paura.
Qui volano uccelli dal color di zolfo
e orribili fantasie pendono dalle porte
di quasi tutte le case.
Vi sono anche dentiere gialle
dimenticate in squallidi bicchieri
o in una caffettiera sporca.
Vi sono specchi che dovrebbero piangere
per la vergogna e per lo spavento
ed ombrelli sfondati dagli steli arrugginiti.
I vecchi siedono sulle panche e non vedono più nulla
abituati all’essere niente.
io passeggio con calma
con occhi, con scarpe
con furia, con oblio… (No!)
È lunedì, ripeto.
Nei cortili c’è biancheria
appesa ai fili di ferro.
Perfino gli asciugamani
e le camicie piangono
lente lacrime lorde.
È un’altra faccia dell’Italia
duramente scolpita sotto il cielo,
che sa anche del sudore
della povera gente.
E nessuno dei potenti
ci pensa e fa qualcosa.


FIOCCHI D’ACACIE (Monferrato)

Se il vento trascinava fiocchi d’acacie,
noi spargevamo corse di grida su corolle vagabonde,
se il cielo spargeva gocciole di pioggia contro il vento,
noi eravamo specchi di sole sopra i sassi,
ombre di sorsi d’acqua sullo sciacquio dei passi.
L’onda del frumento sibilava in mezzo al colle
e il cielo capovolto avvolgeva poggi di ginestre e pollini sulle viole,
noi spensierati calabroni!
Ora han perso le ali i fiocchi tra i capelli
e volteggiano come foglie i sogni fruscianti:
è sbiadita la corolla sul palmo della mano,
fioccano tra i rami solo echi di memorie.
Sordi, delle pietre su sponde di cemento,
tonanti, delle grida che il vento non rammenta,
muti, dei silenzi del letto verde dei trifogli…
Ci resta nelle tasche l’impertinenza dei colori
rubati alle speranze, all’alba a primavera
e alle illusioni, ai tramonti d’erba della sera.


C’è silenzio

C’è silenzio nell’ardente

buio sacrale del frumento,

quando la terra genera

un nido di Ape regina

e stende una coltre materna

che scalda i piccoli grani,

sfuggiti al tormento

delle Nebbie.

 

C’è silenzio nel respiro

del tempo che ritma gli spazi chiari.

C’è silenzio nella limpida

gemma che pone le sue ali

sul cuore dell’uomo.

Fuggono le aure mortali

come le farfalle di una chilia.

C’è silenzio nella brevità

del Sole della vita:

il destino inventa la sua foce.

Il suono non accetta

che le radici della rosa e della Storia.

Mentre si leva un dolce canto gregoriano

lungo il mare e tra i giardini del nulla.


 

Vecchi pescatori

Giorno dopo giorno, i vortici di sale

hanno eroso le chiglie colorate

venute dalle onde del mare.

Il sole bianco intorno spande la rete

dell’alba nuova, nella stradina

che s’anima d’azzurro destando

l’antico oracolo del vento, interrogato

dalle chiare volute che spirano dai tetti.

Dalle basse case ancora assorte

nel tepore della cenere notturna,

i vecchi pescatori si spingono alla riva,

oltre il povero pavese dei panni stesi

dalla pena quotidiana.

Approdano col risveglio ad algidi

luoghi di memoria, fascinose rotte

seguite con le procellarie nel cavo

dell’onda, in cuore il conforto di dolci

insenature nei mattini del ritorno.

Parlano tra loro storditi dall’arsura

degli anni, quasi gomene in disarmo

inanellate al limitare dell’acciottolato

che accoglie i loro passi terrestri.


 

Incanto d’autunno

Il sole sbiadito, ardente menzogna

il mattino che sale,

motivo forte dell’estate morente

il racchio, i pampini maturi,

pupille brune occhieggiano

gravide di succhi;

incanto d’autunno, tiepido vibra

su passi che smemorano

in deboli respiri, tepore nuovo

della terra scura.

I pensieri, tempi che

non conoscono più attese,

fumi bianchi che sfilacciano veloci,

ampie vele in corsa

nell’azzurro di cieli inarrestabili;

l’ora, sommessa nenia di perduti sensi,

piatto monotono quotidiano.

Goffa stagione di voci spente dell’aurora

sorta con annunci rampicanti,

violenti palpiti abbandonati

agli effluvi sognanti

di giovani brughiere;

nudo furore dilegua

al moto assorto delle fronde,

dolente dolcezza della luce.


 

Granada

 

Malinconico baci sui ventagli
del tempo.
Biancospino fiorito di luna nuova,
rosa di sangue avvinghiata
al singhiozzo incantato di chitarra
gitana.
Sulle colline di fuoco
bruciano i destini
dell’uomo.


 

Il Vessillo

Il vessillo di un ego ferito,
l’antisesi di un tumulto di cuore,
gli attimi di vita che passano
senza fare rumore.
Refoli di vento che spazzano
Gli animi e i destini umani…
Le illusioni d’amore sono foglie
Grevi e macilente.
Rimangono segretibisbigli….
Pensieri, sospiri,
repressi da un’onda prepotente;
Il Silenzio
Momenti vespertini
Ed attimi d’alba:
ogni pena è taciuta
Dall’anima


 

Qui si rinasce col sorriso

Abbracci di brezze azzurre,
ferisce il profondo acuto
delle spine d’alba
dal sapore misto di passiflore
e di stelle colorate di timo
e di mandorle amare.
Si tinge l’estate
quando i miei occhi divengono
di limpido colore vegetale
per l’estatica contemplazione
del campo verde
dove lo sgardo si perde
in dolce idillio
perché così si rivela la mia anima.
Essa è figlia degli anni addormentati
E fra gli olmi sventolati
Piovono fiori e cadenze di foglie
Spazzate via da netturbini funamboli,
quando si continua a sognare
con il fiato sospeso.
La bellezza del prato si porta via il peso
che nessuno vuol cogliere,
qui si vola come alette di libellule affamate.
La felicità e la gioia conquistate
portano ad una sensazionevivissima,
quando si percepisce in un attimo
che quella vita che sgocciola dal viso
è sola carezza che qui si rinasce col sorriso.