Oasi

Plasma il vento le dune
del deserto bruno e polvere d’ oro
si posa o già volteggia ed osa
quale stormo d’uccelli librarsi in volo.
Non porgo e non cerco mani
se non le tue belle. Inseguo limpide acque
in questo rumor di tormenta
e cerco un segno che mi conduca
nella tua oasi di luce or mia
e di sacrato e rispettoso amore.
Giunto, berrò dalle tue mani
fino all’ultima goccia
a dissetarmi all’infinito e trascinar via
dal viso una piccola lacrima tardiva.
E, se facesse capolino ancora un pò di malinconia
mi troverà a te stretta e pronta a sfidare
lo stesso vento che cordoni di sabbia leviga
e copre le orme e plasma le dune
sotto la luce di un raggio di luna a sera
e come girasoli già prima dell’alba al sole.

 

 

 

Quanto ci metti a tornare?

Mi sono svegliata ancora
in un giorno festivo
profumato da ciliegi ammantati di bianco
nel giardino della casa in alto
a picco sul corrugato mare
e ritrovata accanto
una tazzina di caffè fumante.
Ma tu non c’eri.
Ti ricordo bello ancora spettinato
mentre ti seguivo lungo la scoscesa via
della nostra spiaggia solitaria.
E che dolci inviti nell’adagiarti
sulla già tiepida sabbia
all’ombra mattutina
d’una siepe in fiore!
Ed insieme ripulirsi poi
nelle fresche acque e limpide
e solitarie, accoglienti ogni volta
come fossimo mansueti delfini
filanti verso l’orizzonte
e scomparire al di là di esso.
Non era l’ora, o dolce compagno,
della tua ultima stagione terrena.
E noi siamo ancora qui: i delfini
il mare ed io. E tu
quanto ci metti a tornare?

 

 

 

Aurore

E non abbiamo tradito
le tenere aurore
delle nostre estati
di luci morbide sfumate
pur portatrici di mutamenti lenti
che aggrediscono
dai colli alle pianure
il ricercarci ancora.
E noi viviamo ora
di primavere quiete.
Inattesa la favola è tornata
con il profumo intenso delle arance.
Il vento uggioso che agitava i tetti
non ha impedito l’avventuroso viaggio.
La porta era socchiusa
una finestra accesa
e nel pensiero mi fingo
che l’incanto sia tornato
e custodito nel segreto
dove la memoria dura.