La (mia) socialità perduta

Un’ombra in pieno sole

Avanza senza colore.

Una donna col suo cane

La vecchia: “un po’ di pane!”

L’ometto: “Fammi un dec! Ma quanto sei carina…”

La barista, al confronto, una bambina.

Il caffè, un orzo, l’ho bevuto

E ora scrivo,

arrampicata come un bradipo sull’albero della socialità perduta

osservando le persone dalla vitalità svenuta,

di apparenza, ormai, intessuta

e una musica risuona

perfetta e puntuale:

l’incarnazione della loro plasticea morale.

 

Note:

ometto: uomo anziano di basso livello socio-culturale

plasticea: neologismo per “di plastica”


L’Ingenium nel piatto

Un fiore appassito

è un sogno sbiadito,

una cura che c’era e ora si è persa

nel cuore imbandito che ha grande appetito

di grassi maiali

che fanno i Reali.

Han perso le ali,

han perso se stessi,

la loro scintilla è bruciata

tra una salsiccia e una bistecca oliata.


La Pressa

Hamburger di carne tritata

e pressata

sono i nostri sogni lievi.

Macigni, pietre volgari senza condizionali

ci schiacciano il petto

soffocando la voce,

senza rispetto.

 

Vorrei essere bambina:

puntare il dito davanti a una vetrina,

giocare in ogni dove,

essere bella sempre, senza se nè come.

Vorrei essere bambina

e mostrare perfetta unione tra

sentimento e manifestazione.