I E R I S E R A A V E N E Z I A

Ieri sera a Venezia, al Canal Grande,
un motoscafo mi portava ai sogni,
all’essenza del bello e del sublime.
Nell’estasi incantata del tramonto
il sole salutava la laguna
e spandeva il suo oro sui palazzi
e sulle cose che danzavano intorno
agli occhi miei . Piccoli dei ,
in un balletto antico e sempre eterno
carezzavano l’ acqua con amore…
Ieri sera a Venezia , al Canal Grande,
provai la gioia dell’anima e del cuore.
Ma in quella perfezione d’un momento
che pur eterno non si ripete più,
ero smarrito : mi mancavi Tu !


A U T U N N O

Cade una foglia, un’altra, un’altra ancora….
il sol sorride incerto oltre le nubi
e la rondine va ….. altro tepore.
Le viti senza un chicco danno l’oro
mentre l’aratro stridula tra i solchi
nel lento rigirare delle zolle.
Il cielo è tutto festa di colori,
una festa alla fine ……
il barcaiolo canta e sembra dire:
tutte le cose stanno per morire !


UNA STRAORDINARIA AVVENTURA

Mia madre e mio zio, suo fratello, erano, e sono, proprietari di due appartamenti ampi e molto eleganti, siti sullo stesso piano, nel centro di Roma. Mio zio , Mario, noto avvocato, e mia madre Lisetta si sposarono entrambi nell’arco di un mese. A distanza di un anno io venni al mondo, e dopo due mesi nacque Paolo, mio cugino. Purtroppo la sua mamma morì nel darlo alla luce.
Questa tragedia influì molto sul nostro rapporto poichè mia madre, legatissima al proprio fratello, avendo montate lattee abbondanti, volle essere lei ad allattare Paolo, e nel tempo che seguì se ne
occupò come fosse un altro suo figlio. Noi, dunque, crescemmo sempre assieme: stesso asilo,
stesse classi , perfino, stesso corso di lingue nella stessa università: Non ci consideravamo più dei cugini, ma proprio fratello e sorella; il nostro affetto era profondo, e ciascuno era per
l’altro il confidente e il consigliere. Io gli raccontavo le mie prime esperienze amorose, i miei
flert, le mie passioncelle, con tutti i particolari, anche i più intimi, lui, invece , questi li evitava .
Ci laureammo assieme, con ottimi voti, e quasi subito ottenemmo la cattedra per l’insegnamento. Paolo a Viterbo ed io a Roma.
Avevo ventotto anni quando mi innamorai perdutamente di Andrea, avvocato nello studio dello
zio, e, di lì a poco, ci sposammo. Naturalmente il mio testimone di nozze fu Paolo. Ero felice e mi sentivo
completa nel rapporto d’amore e di sesso. La nuova condizione, tuttavia, non mi allontanò da Paolo, ed egli continuò ad essere il mio unico e caro confidente.
Un giorno, dovendo raggiungere mio marito a Parigi, dove si trovava per un affare importante, e
trascorrere con lui qualche giorno di svago e d’amore, mi accadde una cosa straordinaria che non avrei mai pensato potesse accadermi:
Non amando i voli in aereo, ho optato per il treno, ed i lunghi percorsi ho sempre preferito farli di notte, in una comoda cabina letto, singola, per avere tutta l’indipendenza e la libertà che, in una situazione del genere, l’essere soli consente . Quella volta, però, all’atto della prenotazione, non trovai più cabine singole disponibili, per cui, non volendo rinviare la partenza, ho optato per un posto in cabina letto “doppio donna”, sempre di prima classe.
Il giorno dopo, il taxi che mi accompagnava, causa un ingorgo stradale, mi lasciò all’ingresso
della stazione solo qualche minuto prima dell’orario previsto . Entrai proprio mentre l’alto-
parlante annunciava l’imminente partenza del mio treno. Di corsa, trascinandomi dietro la valigia a rotelle, feci appena in tempo a raggiungere la mia carrozza , salire e richiudere lo
sportello, che il treno partì.
La giornata era stata una delle più calde di quel fine luglio e l’umidità rendeva ancora più sgra- devole la sensazione di calore e di afa opprimente. La frescura dell’aria condizionata mi fece, per un attimo, rabbrividire, ma fu tonificante, come, sotto a una doccia, l’impatto del primo getto d’acqua ancora fredda che scivola lungo il corpo nudo e accaldato.
Ero ferma, valigia a terra, sulla piattaforma d’ingresso nel corridoio della vettura, a riprendere fiato. Mi venne incontro l’addetto alla w l, e mi chiese il biglietto di viaggio. Visualizzò il numero del
posto , e presa la valigia, mi fece strada fino alla cabina indicata dalla prenotazione. Bussò leg-
germente alla porta che immediatamente venne aperta dall’altra occupante che già si trovava all’interno. Posai la valigia a terra nella cabina, e all’addetto, che intanto era ritornato con una bottiglietta di acqua minerale ben fredda, ordinai la colazione per il mattino seguente; lo ringraziai e chiusi la porta. Mi girai e mi trovai di fronte ad una giovane donna che, avendo assistito dal finestrino alla mia corsa, mi sorrideva : era la mia compagna di viaggio. Mi invitò a sedermi per
riprendermi del tutto e, aperta con grazia la bottiglia, riempì la metà del bicchiere e me lo porse.
Gradii tanto quell’acqua fresca, ma ancor più la delicatezza del gesto.
Mi ero finalmente rilassata. Ringraziai per la cortesia e dissi che io andavo a Parigi. Mi rispose
con un sorriso e aggiunse che anche lei andava a Parigi, e si sedette di fronte a me sul lettino.

La giovane donna era davvero carina; aveva un corpo sinuoso, un didietro rotondo e perfetto,
delle gambe snelle e affusolate, lasciate, dalla ridottissima minigonna, all’ammirazione quasi completa della loro estensione. Pensai fosse una modella. Ma ciò che mi colpì, facendomi avver- tire una specie di vibrazione interiore, furono i suoi occhi da cerbiatta, profondi e vivaci che sprigionavano uno sguardo non di incertezza, bensì di dolcezza e nello stesso tempo, di delicata aggressivi-tà, di ricerca, quasi interrogativa, in attesa di una risposta desiderata, di una reazione gradita.
Distolsi lo sguardo perchè mi sentivo confusa e stranamente eccitata. Cercai di non darlo a vedere
e finsi di cambiare posizione. Mi alzai e mi risedetti di fianco, poggiando una gamba piegata sul
lettino l’altra col piede a terra. Quel movimento, senza alcuna mia intenzione, aprì ampiamente lo
“spacco” laterale della mia gonna, mettendo in evidenza tutta la mia gamba, fin quasi al linguine.
L’espressione sul viso della giovane donna mi parve di sorpresa e mi portò ad abbassare lo sguardo,
e vedendo la mia gamba così esposta, istintivamente tirai su il lembo della gonna per coprirla. Lei sorrise e disse: “ O su, non si preoccupi, siamo tra donne!”. Per quanto fosse gradevole la mia compagna di viaggio, anch’io non ero certo da buttar via. Non si notavano affatto i miei trentadue anni appena compiuti. I miei seni erano ancora quelli di una ragazza, sodi e senza bisogno di sostegni , rotondi come una mezza grossa arancia su cui svettavano due capezzoli irti e pronunciati come due more bianche. Le gambe,ben tornite, erano sostenute da due caviglie lunghe e sottili. Il mio giro vita era abbastanza decente ed i fianchi ben modellati.
Iniziammo, quindi, a parlare del più e del meno, scambiandoci i nomi. La chiaccherata durò a lungo, tanto da indurci, nella reciproca simpatia crescente, a darci del tu. L’ora si fece tarda e noi riducemmo il nostro tono di voce per non disturbare gli altri viaggiatori,sino quasi a bisbigliare. Decidemmo, alla fine, di provare a dormire. Prima, però, – disse Eva (così aveva detto di chiamarsi) –
desidero darmi una rinfrescata, come faccio sempre prima di andare a letto. Si alzò, si tolse la maglietta di cotone a mezze maniche che aderiva perfettamente al suo corpo. Ma non si fermò lì.
Con un movimento semplice e flessuoso sganciò il reggiseno, rimanendo a busto scoperto, e mo-
strando due piccoli seni, piacevoli e delicati, da cui sporgevano come due punte di lancia, capezzoli
turgidi e pronunciati. Tirò su lo sportello del lavabo , aprì l’acqua, si bagnò abbondantemente le mani e cominciò, con estrema disinvoltura, a lavarsi. I suoi movimenti non erano veloci ed energici,
ma delicate carezze sulle braccia, al collo e in fine ai seni, con una grazia ed una lentezza disperata-
mente eccitanti. Io la guardavo quasi ipnotizzata mentre sentivo delle sensazioni mai provate prima.
Alla fine si asciugò con la tovaglietta presa dall’armadietto e, rivolta a me, disse :”Vuoi farlo anche tu ?”. Senza rendermene conto, mi alzai e mi tolsi la camicetta. Eva mi fece posto e si sedette così com’era, sul lettino. Aprii l’acqua e cominciai a lavarmi, quando sentii delle dita delicate sfiorarmi la schiena e sganciarmi il reggiseno. “ E’ meglio toglierlo – disse Eva – così eviti di bagnarlo”.
Io non risposi, ma mi impegnai a fare gli stessi movimenti che avevo visto fare a le i nel carezzarsi, con le mani bagnate, il seno. Mi asciugai e mi voltai per andare a letto. Eva, intanto si era tolta la minigonna, restando in sole mutandine, ricamate sui fianchi, ma lisce e trasparenti al centro. Risaltava, così, un perfetto triangolo di riccioli neri sotto ai quali, quasi a voler emergere, si notava uno sviluppato monte di venere che faceva descrivere alla parte delle mutandine che lo coprivano, un’eccitante protuberanza. Eva si era alzata per lasciare libero il mio letto. Decisi di togliermi con indifferenza la gonna e, senza indossare nulla, sollevai il lenzuolo e mi sdraiai nel letto coprendomi.
Eva, allora, spense la luce centrale ed accese quella di notte. “ Non ho ancora sonno – disse – se ti
va, resto ancora un po’ qui a farti compagnia”. Avrei voluto riuscire a rispondere che avevo sonno
e che avrei gradito dormire, ma non era la verità : io desideravo che lei restasse ! Così dissi che avevo anch’io piacere che si fermasse ancora un poco. Eva sorrise e si sedette sulla sponda del letto all’altezza della mia vita. Quel movimento fece scendere il lenzuolo fino a lasciarmi un seno sco- perto. Non feci nulla per ricoprirlo, anzi desideravo che lei lo guardasse avidamente e lo carezzasse con quelle sue mani affusolate e con le sue dita agili e mobili . Quasi avesse letto il mio pensiero, d’improvviso la sua mano si pose delicatamente sul mio seno scoperto. Rabbrividii e rimasi im-mobile; solo i miei occhi erano in grado di parlare ed Eva vi lesse subito il mio irrefrenabile deside- rio. Con l’altra mano tirò giù, fino in fondo, il lenzuolo che mi copriva, e , con una tranquilla non- curanza, guardandomi negli occhi, mi sfilò lentamente le mutandine.
Quello che successe in seguito è quasi indescrivibile per le mille e mille sensazioni che quella strana e meravigliosa creatura mi aveva fatto provare e che ci coinvolse entrambe. Quell’estasi andò avanti per diverse ore, fino a quando, stremate, ci addormentammo abbracciate.
Al mattino, mancava ancora più di un’ora all’arrivo a Parigi, Eva si alzò, si lavò , si rivestì e, sfio-
rando con le sue le mie labbra, mi accarezzò per svegliarmi. Io ero sveglia già da tempo e non riu-
scivo a capacitarmi di quanto era successo. Non ero però dispiaciuta, nè, tantomeno, pentita, anzi,
pur volendo che restasse un’esperienza unica, perchè amavo profondamente mio marito, sarebbe stata la più bella e la più importante e indimenticabile.
Dopo essermi lavata e rivestita, mi sedetti accanto ad Eva, cercando di spiegarle, con imbarazzo, la
mia sorpresa per quanto era accaduto, e che tuttavia, era stata, sotto l’aspetto erotico, la più bella
notte della mia vita. Eva sorrise e mi disse : “vedi, cara, anche quando amano con sincerità ,gli uo-
mini sono, dal punto di vista sessuale, non per loro colpa, ma per natura, fortemente egoisti, e poi,
come hai potuto tu stessa constatare sta notte, solo una donna può sapere cosa desidera esattamente un’altra donna e quali siano le sue modalità ed i suoi punti erotici preferiti”. Alla luce di quanto
era accaduto, non potei che condividere quanto mi diceva.
Intanto il treno stava entrando nella stazione principale di Parigi. Mio marito era lì ad attendermi. Eva ed io ci salutammo, senza dir nulla, con un abbraccio. Ci accingemmo a scendere come se non ci fossimo mai conosciute. D’altra parte, oltre ai nomi, non ci eravamo scambiate nè indirizzi, nè
numeri telefonici. L’abbraccio con mio marito riportò le cose alla consuetudine.
Io non vedevo l’ora di ritornare a casa per raccontare tutto al mio caro cugino. Infatti, appena rientrata gli telefonai dicendogli di venire a trovarmi al più presto quando Andrea era in ufficio.
Nel pomeriggio Paolo venne a casa da me ed io gli raccontai , per filo e per segno, come di solito,
la mia straordinaria avventura. Alla fine, Paolo mi disse: “cara Ester, le esperienze sono sempre importanti e, in questo caso, ti possono aiutare a rendere più intimo e produttivo il rapporto sessuale con tuo marito, perchè potrai parlargli e guidarlo nella vostra intimità; ma guardati bene dal raccontargli la tua avventura : un uomo non accetterebbe mai di essere considerato, nel sesso, infriore a una donna!”.