A mia Sorella

 

Una candida creatura volò via.

Io non c’ero.

Natale era,

ma io non c’ero.

 

È a me

sconosciuto il suo profumo,

il colore dei suoi capelli,

i suoi occhi.

 

Bianca e fredda la sua pelle,

fermo e rigido il suo corpo.

Vuoti i miei occhi

del suo riflesso,

fredde le mie mani

del suo assente tocco,

vuota la mia mente del suo ricordo.

 

Il sangue ci legava.

Nel sangue vide la luce

e col sangue si ricongiunse alla terra.

Il suo nome restò nel tempo.

Giace oggi in me.

Vive attraverso me.

Io, sono il suo nome.



Una sera d’estate

 

Seduta,

su una sedia ero.

Ferma.

Una telefonata

mi gelò il sangue.

Un pensiero

mi attraversò la mente,

la vita,

all’improvviso perse senso,

la morte,

mi prese per un istante.

 

Udì parole,

una bocca amara mi raccontava,

paure e dolori.

 

La sofferenza mi strinse a sé,

l’oblio mi fissò

e il sangue fili di ghiaccio nella mia pelle,

bianca,

tremante,

staccata dal mio corpo.

 

Sola pensai,

afflitta

perduta

ma così non fu.

 

Bocca amara restò isolata,

dannata dalla sua cattiveria.  


 

 

Colpo di fulmine

 

 

Era un giorno di sole,

raggiante il sorriso di due occhi

e fredda la spiaggia sotto i piedi.

Sguardo dopo sguardo

il mare ci cullava,

una parola

e poi un bacio

e un altro ancora,

fino a fermarsi,

perché il sapore ci piaceva.

Il calore di due braccia

una frase di speranza,

un addio

e poi due mani,

che si strinsero forte per la paura di perdersi.

Legati alla realtà ma sognatori nel cuore.

No due corpi,

ma l’unione di due anime.

Lei fredda,

fino ad all’ora solo il sole la baciava.

Lui, assetato di calore

le sciolse il cuore, perché di pietra non era.

Il ghiaccio la forgiò,

gli diede forma, eleganza, splendore,

ma il fuoco la possedeva e l’ardeva come non mai.

Però, regnava la paura.

Il profumo di lui la incantava fino a dominarla.

La femminilità di lei lo attirava fino alle pendici del peccato.

Increduli, ma innamorati.

Si persero e mai più tornarono.